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Consulenza infermieristica: uno strumento di continuità assistenziale

di Marco Alaimo

infermiere consulente

Infermiere Consulente una sfida e una possibilità di integrazione professionale e miglioramento delle performance

La consulenza infermieristica non è un concetto nuovo al mondo infermieristico, in quanto, almeno nella pratica quotidiana, viene svolto in svariati modi e per diverse problematiche clinico-assistenziali, oltre ai numerosi richiami proprio nel nostro Codice Deontologico. Se facciamo una revisione della letteratura, però non esistono molti studi sulla sua effettiva implementazione e valorizzazione, né tanto meno sulla ricaduta clinica e l’impatto sull’assistenza erogata. Interessante quindi la voglia e la necessità di creare delle procedure formali e condivise da tutti gli attori della sanità.

Abbiamo sentito la Dr. Rosy Raffaelli, direttore delle Professioni Infermieristiche e Ostetriche della ASL 3 di Pistoia

Promotrice presso l’Ospedale San Jacopo di Pistoia di una serie di incontri formativi e di condivisione sull’argomento della consulenza infermieristica come strumento di continuità assistenziale.

Il valore della Consulenza Infermieristica, un traguardo o un tassello aggiuntivo verso le competenze riconosciute e formalizzate?

Sicuramente il valore della Consulenza infermieristica è da considerarsi come un tassello e non un traguardo, la consulenza inserita all’interno di un piano di cura dell’assistito pensando alla complessità assistenziale che sempre più riguarda la salute dei cittadini.

L’obiettivo è quindi sempre il nostro cittadino bisognoso e la sua salute, ma possiamo dire che la consulenza può essere anche un buon strumento per la valorizzazione del professionista che sempre in aggiornamento offre il suo apporto al processo di cura.

Deve quindi emergere anche la competenza specifica nell’ambito richiesto, si parla di Infermieri Esperti, che  come un tassello si vanno ad aggiungere a tutte le altre attività  svolte quotidianamente e con grande professionalità dagli Infermieri.

È bene crederci e implementare ovunque tali procedure anche formalmente, in quanto è una parte necessaria, come ci riporta il Codice Deontologico, là dove vi è la necessità di approfondire un ambito o una tematica assistenziale in cui siamo carenti o poco esperti.

Diciamo che è una pratica professionale che riguarda anche la capacità di "collaborazione intra professionale", dove si richiede una visione di un esperto Infermiere circa una problematica specifica. Qui viene utilizzato non soltanto l’infermiere DS Professional, ma anche l’infermiere esperto che ha acquisito con il tempo e l’esperienza oltre che con lo studio (o formazione ad hoc) competenze da poter utilizzare nella clinica.

Qual è la difficoltà maggiore nel far passare la “cultura” della consulenza?

Il lavoro che stiamo facendo anche nella nostra Azienda ASL 3 di Pistoia, è un percorso che dura già da tempo. Dobbiamo dire che un gruppo di professionisti ha sentito la necessità da più di circa un anno di lavorare proprio su un protocollo aziendale.

In realtà come azienda abbiamo iniziato già nel 2010 con l’individuazione dei DS professional (con una selezione specifica), formando una mappatura ben precisa, che nasceva da bisogni primari nella nostra realtà e l’individuazione di ambiti di intervento infermieristico specifico. Alcuni ambiti sono stati ad esempio sulla gestione del dolore, sulla mobilizzazione e alimentazione, la gestione delle lesioni da pressione o la formazione al paziente e ai care giver sui presidi di stomie e il buon utilizzo domiciliare, sulla gestione della comunicazione difficile in sanità etc .. Quindi un lavoro che viene da lontano che però non si completa con la formazione di una procedura o una mappatura, ma è in evoluzione in un divenire dinamico seguendo i mutati bisogni assistenziali.

La cultura deve ancora svilupparsi nella sua interezza sia in molti professionisti, che nella popolazione che alle volte non riesce a vedere l’infermiere come un facilitatore e promotore della salute.

La consulenza deve rendere l’assistenza più efficace ed efficiente, manca però ancora la piena consapevolezza dell’importanza della consulenza e dei possibili esiti positivi. La consulenza non è solo un appannaggio della professionalità medica, noi lo facciamo da anni, ma purtroppo non lo abbiamo quasi mai formalizzato.

Perché è importante il passaggio da un atto che è sempre stato “informale” a un qualcosa di scritto e inserito in un protocollo aziendale?

Dobbiamo lavorare bene su quelle che sono le strategie per portare l’implementazione capillare delle procedure, rischiano altrimenti di rimanere carta ferma nei soliti protocolli.

Questo è un lavoro da fare sia con i colleghi infermieri, con le ostetriche e tutti i professionisti della sanità, inclusi i medici, per capire quali risultati vogliamo dare con la consulenza infermieristica (dati già presenti nelle esperienze di altri paesi).

Verba Volant, Scripta Manent: lo diciamo spesso ma non lo abbiamo ancora interiorizzato. Gli infermieri scrivono poco e non tracciano bene ciò che fanno. Spesso vengono date per scontato alcune attività anche altamente professionali, che invece necessitano di un monitoraggio e una visibilità anche per valutarne gli esiti.

Se parliamo ad esempio delle Diagnosi Infermieristiche ci accorgiamo che spesso sono molto poco elaborate se non addirittura assenti nel piano assistenziale. Dalla patologia prettamente medica dovremmo analizzare bene in bisogno e il problema segnalato però da un punto di vista infermieristico. Perché quello è lo spazio di azione specifico della scienza infermieristica, uno spazio legislativo e d’intervento che mi compete a pieno titolo.

Ultimamente sembra mancare la “cultura del confronto” e dello scambio reciproco. Noi cerchiamo un passaggio comunicativo che vada dall’orale allo scritto, in modo da essere presente nelle nostre cartelle cliniche integrate una “traccia” dando il giusto spazio e il peso necessario alla consulenza infermieristica.

Per far fronte a queste criticità è importante comunicare a tutti l’importanza della consulenza. Noi lo abbiamo fatto anche con lo sviluppo di una procedura aziendale formalizzata, e costruita da chi fa consulenza. Infatti è nata (almeno nella nostra realtà) non dai “piani alti”, ma da un bisogno dell’infermiere già consulente e già esperto che sentiva la necessità di rendere visibile e tracciabile il suo operato professionale.

Ci sarà quindi un impegno nella diffusione della cultura della consulenza infermieristica ma anche un monitoraggio degli esiti per ogni ambito di consulenza con una reportistica che ci consenta di tenere il monitoraggio sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, per vedere anche come migliorare continuamente la prestazione che andiamo a erogare.

Vedi anche il comunicato stampa ASL 3 Pistoia sulle giornate formative organizzate dal titolo “Consulenza infermieristica: uno strumento di continuità assistenziale”

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