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editoriale

Triage. Una vita multitasking a cui non ci si abitua mai

di Marco Romitelli

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A certe cose proprio non riesci ad abituarti. La professione infermieristica è piena di momenti difficili, situazioni imbarazzanti, la mente che lavora in multitasking. In pronto soccorso poi devi essere simpatico, socievole e al tempo stesso autorevole per far rispettare le regole, i comandi, contemporaneamente al momento opportuno pronto ad agire, concentrato sulle fasi e i processi di intervento quando arriva il codice rosso o peggio quando un giallo diventa rosso.

Mentre questi momenti si susseguono senza tregua, devi assegnare in due minuti circa il tuo codice colore e mentre il paziente ti descrive il suo problema devi scartare quello che non serve, aprire la tua valigia piena di teoria ed esperienza e collegare quello che ti sta raccontando ad una probabile diagnosi.

Vai avanti così tutti i giorni, tutti i turni, se lo continui a fare è solo perché un po' ti abitui a quei ritmi, a quel modo di ragionare, di vivere. Se hai un problema a casa sta sicuro che in PS non ti viene in mente, eppure però ci sono cose a cui non ti riesci ad abituare.

 

Un codice rosso, un politrauma, prepari la sala facendo passare in mente tutto quello che ti servirà, poi entra e inizia il tran tran di operazioni: parametri, la vena, l'arteria, l'intubazione, catetere vescicale, sondino... oramai bastano gli sguardi per capire cosa fare.

 

La sala è piena di carte dei presidi, i cassetti tutti aperti, garze, sangue... ma ora è in Pea (Pulseless Electric Activity, ovvero: Attività elettrica senza polso), niente da fare, tutto inutile.

 

Il momento della notizia di un giovane, che fino a prima non aveva neanche un nome perché nell'incidente anche i documenti sono stati dispersi, le forze dell'ordine che ti avvicinano un probabile familiare per effettuare il riconoscimento, la comunicazione che non ce l'ha fatta a sua mamma, poi alla fidanzata.

 

Quello, il momento della disperazione perché una vita non può finire così e così presto.

 

Forse li capisco perché ci sono passato anche io. La notizia che ti viene data all'improvviso, l'incredulità, lo stupore, lo strazio nei visi di parenti e amici che si susseguono, che continuano a dirti che non è possibile.

 

Il non poter fare altro, è questo a cui proprio non ti riesci ad abituare!

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