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Toscana. Triage e See and Treat nei pronto soccorso

di Marco Alaimo

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FIRENZE. Dall’esperienza Toscana e con l’apertura dei nuovi ospedali in particolare il San Jacopo di Pistoia, ritorna alla luce dei riflettori un problema che purtroppo è all’ordine del giorno ovvero l’affollamento dei Pronto Soccorso soprattutto nei periodi estivi e nei momenti di epidemie influenzali.

Dal 2001 è obbligatorio per i pronto soccorso su tutto il territorio nazionale discriminare le modalità di accesso e i tempi in base alla criticità clinica con delle modalità standardizzate che prende il nome dal francese “Triage” (trier=selezionare).

Il triage è un servizio all’interno del Pronto Soccorso svolto direttamente dagli infermieri, spesso chiamati “Triagisti”, i quali dopo opportuna formazione sul campo e con corsi specifici, hanno il compito di filtrare gli accessi definendo le priorità di cura dei cittadini che si rivolgano alla struttura per una urgenza o emergenza.

Infatti spesso il problema sta proprio nel definire la criticità del caso, visto che gli utenti spesso vanno al pronto soccorso anche per patologie lievi, spesso solo per consigli o brevi trattamenti. Capita non raramente che le problematiche siano di natura psico-sociale, e quindi è importante fornire una pronta risposta anche con professionisti dedicati, evitando magari lunghe attese, però è necessario non “intasare” l’organizzazione che deve essere pronta per le emergenze da trattare con tempestività. Vengono assegnati in genere dei codici colore che anche visualmente identificano l’urgenza del caso.

Per i casi lievi il problema di salute potrebbe essere risolto direttamente all’accoglienza (dopo il tirage) evitando diversi passaggi e procedure. Una possibile soluzione è il modello cosiddetto “See and Treat”. Quindi un tipo di trattamento veloce ma di qualità.

Esiste proprio un area dedicata in genere adiacente al pronto soccorso con personale proprio.

Una novità è data dal fatto che chi accede al “See & Treat” è accolto direttamente dalle cure del primo operatore disponibile infermiere o medico il quale conduce autonomamente tutte le procedure necessarie fino alla risoluzione del caso.

Queste sono le vere novità di questo modello già ampiamente utilizzato in Toscana e che ricordiamo deriva da un modello Inglese.

Vedi e Cura dove gli stessi infermieri accuratamente formati e in base alle loro competenze scientifiche sono in grado di gestire e dare una risposta a delle problematiche cliniche di natura minore e che quindi non richiedono accertamenti diagnostici e strumentali. Si possono trattare piccole ferite e abrasioni, punture d’insetti, contusioni e ustioni, riniti, congiuntiviti etc etc. E’ possibile richieder anche la consulenza dell’infermiere specialista ad esempio nel trattamento di stomie oppure nella riabilitazione del pavimento pelvico etc etc.

Naturalmente il modello deve essere ancora implementato su base nazionale e devono ancora essere risolte alcune problematiche normative; gli infermieri si sono ritrovati ad un passaggio fortemente ricercato ovvero da un apporto prevalentemente collaborativo ad uno operativamente autonomo.

Questo fa ben sperare per la crescita professionale anche rileggendo quanto è stato scritto dal documento del Consiglio Sanitario della Regione Toscana in “Proposta di sperimentazione del modello See & Treat in pronto soccorso”  (che riprende il DPR 27 marzo 1992, gli atti di Intesa tra Stato e Regioni del 11 Aprile 1996 e Accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Provincie Autonome del 25 Ottobre 2001/triage ospedaliero) leggiamo a proposito dell’autonomia dell’infermiere nel percorso see & treat:

“Identificare le patologie che possono essere trattate in maniera autonoma dall’infermiere nel modello See and Treat rappresenta il punto di partenza per garantire l’efficacia e la sicurezza per l’esercizio di una autonomia operativa di questa figura professionale in un contesto legislativo che, al momento, ne definisce solo la cornice seppur con finalità propositive. Riteniamo questa la strada da perseguire, la quale non si esaurisce solo attraverso un’adeguata formazione e organizzazione, ma anche nel clima di fiducia ormai esistente tra i diversi professionisti esercenti la professione sanitaria, con il fine di sostenere il personale infermieristico nell’esercizio della sua autonomia operativa. A questo fine nella fase sperimentale, successivamente esplicitata, l’operato autonomo dell’infermiere avrà una momento di condivisione su ciascun caso con il personale medico con successiva gestione di tutto il percorso assistenziale.

La presa di coscienza del background culturale e professionale raggiunto dall’infermiere, già di per sé garanzia per la sicurezza di una sua operatività garantita dall’efficacia e l’efficienza delle sue prestazioni, rappresenta, a tutt’oggi, una realtà positiva dovendo anche costituire lo stimolo per una futura normativa favorevole a promuovere una completa autonomia. A questo proposito vale la pena ricordare che le competenze professionali infermieristiche che si sono affinate, per fezionate, e consolidate negli ultimi dieci anni hanno espresso una realtà operativa già di fatto autonoma nelle terapie intensive ed in emergenza-urgenza.

Proprio nell’assistenza in emergenza-urgenza sono riconosciute e validate per legge competenze autonome professionali che consentono all’infermiere una gestione indipendente nei riguardi di attività assistenziali fondamentali quali, ad esempio, il triage.”

Questi percorsi quindi fanno risparmiare tempo ai cittadini e credo abbiano il privilegio e forse la capacità di dare risposte di qualità anche a problematiche minori e mettono direttamente il paziente a contatto con il servizio sanitario.

La qualità è garantita. Parola d’Infermiere!!

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