"Il modello della sanità del futuro prevede meno medici". Mimmo Antonelli, direttore SIOT ASL BT e coordinatore nazionale SIICPIl, illustra il percorso del comma 566 e la manovra che prevede meno medici e più figure professionali infermieristiche.
La SIICP è una società il cui obiettivo prioritario è di promuovere, valorizzare e sostenere il ruolo delle cure primarie sia nella sanità italiana che in quella europea. Il dibattito delle competenze finora piuttosto accese, non è nuovo per medici e infermieri. Già nel 2011 l’ordine dei medici di Bologna aveva dichiarato guerra alla delibera della Regione Toscana del “SEE and TREAT” (Vedi e Cura) un modello angloamericano di riorganizzazione sanitaria che abilitava gli infermieri a fare diagnosi per piccoli casi. Con dei vantaggi tipo: a) Attese ridotte del 66%; b) Tempi medi di permanenza inferiori al 71%; c) Miglioramento del clima interno.
Poi arriva nel 2012 il documento che il Ministero della Salute stilò d’intesa con gli Assessorati Regionali della Sanità per ridefinire le future competenze degli infermieri. Immediate furono le barricate della componente medica che all’epoca ebbe la meglio, tanto da far finire nel cassetto il progetto. Dopo due anni di dibattito arrivò infine il via libera del governo: nell’aprile 2014 il Ministro della Salute Lorenzin firma la proposta di accordo Stato-Regione con il quale verranno definite le nuove competenze avanzate e specialistiche degli Infermieri. A eliminare le ulteriori polemiche arriva la legge di Stabilità.
Il comma 566 della legge di stabilità 2015 non ha forzato alcuna mano: ha semplicemente dato il “LA” a una nuova “Composizione” del processo di cura e assistenza che, come le note di un concerto devono essere intonate le une alle altre, deve prevedere ruoli, competenza, relazioni e responsabilità individuali e di équipe su atti, funzioni anche attraverso percorsi formativi “Complementari”, ossia post-base, ossia specialistici. Noi ci abbiamo sempre creduto, ci crede il Sistema salute che ha bisogno di un infermiere in grado di diversificare le proprie peculiari competenze per affrontare con abilità, capacità i bisogni emergenti nei cittadini. C’è necessità di infermieri generalisti e di infermieri specialisti, tutti componenti, preparati, capaci di lavorare in gruppo e in rete e di confrontarsi su un disegno assistenziale e anche di metterlo in discussione per raggiungere i risultati migliori per la collettività. Rivalutando e ridefinendo le capacità professionali delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
La legge di stabilità 2015 apre così le porte alle competenze specialistiche degli infermieri: sei aeree di competenza e un cambio di rotta per la professione e l’assistenza, un momento importante e cruciale per la professione e un'occasione per cambiare il volto dell’assistenza. Gli infermieri sono portatori di quei contenuti disciplinari e quindi professionali che possono concretamente e con metodo scientifico, dare risposta ai bisogni sanitari che si stanno imponendo non solo nella società italiana, ma anche e ampiamente in quella europea. Bisogni e domanda sanitaria correlati a cronicità, fragilità fisica e psichica, cure di lungo termine, continuità, olismo assistenziale, gestione professionalizzata dei casi.
Possiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo saputo raggiungere e di quello che siamo stati in grado e che stiamo dando al sistema salute del nostro Paese. Le sei aree di competenza sono un cambio di rotta per la professione. È uno snodo importante per la professione e un'occasione per cambiare il volto dell’assistenza. Un passaggio altrettanto importante rispetto a quello del 1999 con la legge 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie), il processo diagnostico-terapeutico è di competenza medica, mentre quello assistenziale è di competenza dell’infermiere. Le sei aree sono: Area Cure primarie – Servizi territoriali/distrettuali; Area Intensiva e dell’emergenza-urgenza; Area medica; Area Chirurgica; Area Neonatologica e pediatrica; Area Salute Mentale e Dipendenza.
Servono infermieri che facilitano i processi organizzativi, che coordinano la gestione delle risorse umane, specializzati nell’assistenza ospedaliera e territoriale, tutto con una forte propensione alla multidisciplinarietà. Sono i nuovi ruoli tagliati a misura di infermieri, profili che riguardano al futuro cercando di raggiungere due obiettivi: offrire al management sanitario un contributo concreto e creare nello stesso tempo nuovi spazi di attività per la professione. L’Infermiere di famiglia in ambito delle cure primarie è la figura strategica. Il modello prevalentemente della sanità del futuro prevede meno medici perché aumenta la necessità di presa in carico, di accompagnamento, di educazione alla prevenzione e alla gestione della propria salute e al ripensamento dei propri stili di vita.
Non siamo spalla di nessuno, siamo professionisti che abbiamo scelto la propria professione e ora dobbiamo saperla gestire e programmare. Come, d’altra parte, abbiamo sempre fatto. Concludo che il futuro dell’infermieristica italiana è certamente nelle mani delle nuove generazioni a cui spetta il compito di continuare l’opera di rinnovamento Professionale al fine di rispondere al meglio alle criticità che vive la nostra comunità professionale. Ribadisco che siamo e vogliamo essere il secondo Pilastro assistenziale al servizio dei cittadini.
Mimmo Antonelli
Direttore SIOT ASL BT
Coordinatore Nazionale SIICP
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