REDAZIONE. A lanciare l'allarme è l'Associazione Nazione Infermieri di area critica e terapia intensiva (ANIARTI), con una lettera inviata al Coordinatore del Gruppo di Lavoro sulle Linee guida di indirizzo e criteri operativi per la strutturazione e il dimensionamento dei servizi di emergenza e urgenza, e per conoscenza al Direttore Generale reggente Agenas.
Moggia – Presidente ANIARTI – denuncia nella sua missiva, quanto sia grave istituire il servizio solo con i livelli estremi di risposta (livello medicalizzato e volontari) escludendo del tutto il livello intermedio alto, che permette di rispettare anche il concetto di risposta per intensità che la rete si propone di dare misurando la domanda di salute e fornendo risposte appropriate
Il gruppo di lavoro partito nel 2011, come stabilito dalla Conferenza Unificata (20/09/2007) e dal Patto per la salute (2010-2012), individuando l’Agenas come supporto tecnico-scientifico, aveva il fine di elaborare proposte di indirizzi organizzativi e di processo per i servizi ospedalieri e territoriali e nell’individuazione di modelli di strutturazione delle reti ospedaliere. Tre le regioni "pilota" Veneto, Emilia Romagna e Puglia.
ANIARTI ci tiene aprecisare di aver contribuito, per la sola parte di PS e DEA e avvalendosi del contributo dalla Società Italiana Sistema (SIS) 118 ha riscontrato alcune criticità dopo lettura del documento finale.
Nella lettera è chiaro il disaccordo espresso [... ad una organizzazione della emergenza sanitaria territoriale composta solo di due livelli dell’intensità di risposta: il livello non sanitario di puro trasposto o base effettuato da volontari soccorritori ed il livello massimo di risposta erogato attraverso la presenza di mezzi medicalizzati (auto medica, elicottero etc) ...] In Italia esiste un livello di risposta intermedio sanitario – sostiene ANIARTI – che viene erogato dall’infermiere che nel documento viene definito “facoltativo”.
Non solo scientificamente e nella pratica clinica basata sull’evidenza, la diffusione di strumenti come i protocolli (già previsti nel DPR 27 marzo 1992 art 10) e i profili di cura hanno reso il livello di risposta in emergenza fortemente standardizzato e accessibile a diversi professionisti che si confrontano anche sul fenomeno chiaramente riportato in letteratura dello skill-mix, ma hanno reso il livello dell’assistenza infermieristica obbligatorio.
Ci sembra grave – continua Moggia – che si possa pensare, sia in termini di assistenza al Cittadino sia di sostenibilità del sistema di emergenza sanitaria, di renderlo operativo solo con il livelli estremi di risposta (livello medicalizzato e volontari) escludendo del tutto il livello intermedio alto, che permette di rispettare anche il concetto di risposta per intensità che la rete si propone di dare misurando la domanda di salute e fornendo risposte appropriate.
L'attività infermieristica in questo contesto è una condizione imprescindibile, non solo auspicabile ma necessaria. Le alternative comporterebbero la creazione di figure ibride che di fatto non garantirebbero la possibilità per il cittadino di poter accedere ai corretti livelli assistenziali e ai corretti percorsi di cura. La presenza di questo livello di assistenza sul territorio, tutt'altro che facoltativa è necessaria e lascia ai medici il presidio delle emergenze di livello superiore. Rende la graduazione della risposta un fatto reale e non teorico.
La duttilità – conclude Moggia – del sistema di emergenza alle variabili necessità della popolazione trova spazio proprio quando il livello di assistenza più diffuso, quello infermieristico, è in grado di prevedere non solo azioni immediate per la salvaguardia della vita della persona, ma adire a livelli di integrazione verso l'alto e verso il basso.
L'ambulanza infermieristica diviene il centro nevralgico del soccorso sanitario.
nota_aniarti_agenas_118.pdf
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