Molte donne in tutto il mondo subiscono trattamenti irrispettosi, abusivi o negligenti durante il parto, che mettono a rischio la salute e il benessere psico-fisico di donne e neonati, in un periodo di vita particolarmente vulnerabile. Alcuni inseriscono questi comportamenti nella dimensione della violenza contro le donne. La letteratura scientifica presenta numerose ricerche che riportano prevalenza e determinanti della violenza ostetrica, in particolare in Paesi a basso e medio reddito. Secondo la “Legge Organica sul diritto delle donne a una vita libera dalla violenza”, emanata nel 2007 in Venezuela, per violenza ostetrica si intende l’appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario
, che si esprime in trattamenti disumani, abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione di processi naturali, avente come conseguenza la perdita di autonomia e delle capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna.
Forme di violenza ostetrica
Nel 2014 l’Oms ha emanato la Dichiarazione “La prevenzione e l’eliminazione della mancanza di rispetto e degli abusi durante il travaglio e il parto presso le strutture sanitarie”, la quale invita al dialogo, alla ricerca, e all’advocacy su un tema che coinvolge salute pubblica e diritti umani.
Nel 2019 il Consiglio di Europa ha approvato la Risoluzione n. 2306/2019, che qualifica la violenza ostetrica e ginecologica come violenza contro le donne nel quadro normativo della Convenzione di Istanbul, stipulata nel 2011, definendola come una forma di violenza rimasta nascosta per molto tempo, tutt’ora spesso ignorata. (...) Le donne sono vittime di pratiche violente o che possono essere percepite come tali – inclusi atti inappropriati e non acconsentiti, come episiotomie o esplorazioni vaginali realizzate senza consenso, manovre di Kristeller o interventi dolorosi eseguiti senza anestesia
.
Secondo la Risoluzione è necessario implementate le procedure atte prevenire queste forme di violenza, attraverso la formazione del personale sanitario e l’applicazione di sanzioni a chi viola tali procedure. Sicuramente grande attenzione deve essere posta al consenso informato, che deve rappresentare la prima forma di tutela e protezione.
L'Assemblea sottolinea la necessità di un’assistenza alla nascita basata sull’umanità, sul rispetto e sul trattamento dignitoso, nel pieno rispetto dei diritti umani di donna e bambino. Gli operatori devono essere messi in condizione di poter fornire questo tipo di assistenza con maggiori risorse dedicate al percorso nascita. In contesti assistenziali che prevedono un'eccessiva medicalizzazione del processo nascita, le donne diventano elementi secondari nello scenario del parto.
Secondo dati dell'Oms, le donne subiscono substandard care ovunque nel mondo, che si esplicano con diniego della presenza della persona di riferimento, mancanza di informazioni sulle diverse procedure eseguite durante l'assistenza, tagli cesarei non necessari, privazione di cibo, esami vaginali di routine e ripetitivi senza giustificazione, uso frequente di uterotonici per accelerare il travaglio, etc. Tutti questi eventi possono portare a danni fisici, mentali ed emotivi permanenti.
Un po' di numeri sulla violenza ostetrica
Sulla base di queste osservazioni, una ricerca condotta nel 2018, ha evidenziato che una donna su quattro in Brasile ha subito almeno una tipologia di violenza ostetrica durante il parto, il 50% delle donne che ha interrotto la gravidanza ha subito un trattamento simile; in particolare, il 10% ha subito esami vaginali senza consenso, al 10% sono stati negati metodi per il contenimento del dolore, il 9% è stato trattato con grida, imprecazioni o è stato umiliato, il 7% non ha ricevuto informazioni sulle procedure eseguite, il 23% ha subito violenza verbale.
Secondo la prima ricerca nazionale realizzata da Doxa per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia, il 21% delle madri italiane con figli di età compresa tra 0-14 anni, dichiara di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto. L'indagine è stata condotta su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di italiane, di età compresa tra i 18 e i 54 anni, sono stati analizzati diversi aspetti vissuti dalle madri durante le fasi del travaglio e del parto. In particolare, l'esperienza maggiormente vissuta come negativa è stata la pratica dell’episiotomia, subita da oltre la metà (54%) delle intervistate. Valutando la qualità complessiva delle cure ricevute, il 27% delle intervistate dichiara di essersi sentita seguita solo in parte dal personale.
Le inappropriatezze denunciate sono molteplici. Il 27% delle madri lamenta carenza di sostegno e di informazioni sull’avvio dell’allattamento, il 19% la mancanza di privacy, il 12% delle donne afferma che è stata negata la possibilità di avere vicino una persona di fiducia durante il travaglio; al 13% non è stata concessa un’adeguata analgesia dopo richiesta. L'indagine ha suscitato una presa di posizione da parte delle maggiori società italiane di Ginecologia e Ostetricia che, nel 2019, hanno presentato nuovi dati.
Dalla nuova indagine, effettuata su 11.500 partorienti, condotta in 106 punti nascita, emergono risultati divergenti: oltre il 95% delle donne intervistate, infatti, si è dichiarata soddisfatta delle informazioni ricevute durante il parto e il 92% delle donne consiglierebbe ad una conoscente di partorire nello stesso punto nascita. L’indagine ha analizzato la qualità dei servizi offerti prima, durante e dopo il parto; in generale si nota come le percentuali di soddisfazione siano molto elevate con una leggera prevalenza per i servizi offerti nel centro-nord del Paese.
Il settore in cui i risultati sono lievemente più bassi è il dolore: il 92% delle donne si dichiara soddisfatta dei metodi per il controllo del dolore ricevuti, valore che scende all’87% nelle donne che hanno partorito con ventosa ostetrica. È elevato il livello di soddisfazione (97%) per la qualità dei servizi ricevuti nei reparti di Ostetricia. L'obiettivo comune a entrambe le ricerche è quello di analizzare lo stato dell'arte per arrivare ad erogare la miglior assistenza possibile alle donne in gravidanza, durante il parto e in puerperio.
La violenza ostetrica in letteratura
La letteratura indica come internazionale il problema della violenza ostetrica: in Africa subsahariana, nel 2020, è stata condotta una meta-analisi con l'obiettivo di quantificare la prevalenza del fenomeno durante il parto, presso le strutture sanitarie. Le mancanze di rispetto e gli abusi sono diventati fenomeni sempre più riconosciuti negli ultimi anni. Molte donne sono riluttanti ad utilizzare servizi di salute riproduttiva, materna, neonatale ed infantile a causa della scarsa qualità degli stessi e dei timori di maltrattamenti.
Le pazienti hanno spesso menzionato pratiche come l'abbandono, l'incuria e il maltrattamento, la mancanza di privacy e di supporto, stanze antigieniche, affollate e lunghi periodi di attesa. I dati della coorte di nascita nel comune di Pelotas, in Brasile, nel 2015, hanno indagato l'associazione tra violenza ostetrica e incidenza della depressione post-partum.
Il 18% delle madri di questa coorte ha subito almeno un tipo di trattamento irrispettoso o abusivo durante il processo del parto (abuso verbale 10%, abuso fisico 5%, diniego di cura 6%, procedure indesiderate 6%), con maggiore prevalenza tra donne che si sono rivolte alla sanità pubblica e che hanno partorito tramite taglio cesareo effettuato in urgenza in travaglio. La depressione post-partum colpisce, con maggiore prevalenza, i Paesi in via di sviluppo ed è stata associata a difficoltà interpersonali, a problemi genitoriali e a risultati comportamentali, di attaccamento e cognitivi dei bambini più scarsi.
Sebbene le cause della depressione perinatale siano note per essere multifattoriali, le esperienze negative legate alla nascita, come la sensazione di abbandono durante il parto, sono state collegate all'insorgenza di disturbi psichici, tra cui depressione e disturbo da stress post-traumatico nel periodo postnatale. Visti i presupposti e le conseguenze che scaturiscono dalle azioni non supportive, gli operatori sanitari dovrebbero garantire un'assistenza di alta qualità e rispettosa alle donne e ai loro neonati durante il travaglio, il parto e il post-parto.
La violenza ostetrica persiste nel tempo e nella geografia. I fattori strutturali, identificati tra le cause, includono carenza di operatori, carichi di lavoro pesanti, scarse infrastrutture, mancanza di materiali, attrezzature e supervisione. La violenza ostetrica dovrebbe essere affrontata in modo olistico attraverso il continuum dell'assistenza e interventi strutturali. Prevenire abuso e mancanza di rispetto richiede, in principio, un approccio volto ad affrontare le condizioni sociali che mantengono lo status di inferiorità delle donne. A livello globale, il processo del parto deve essere ripensato e riformulato, in modo che le donne riacquistino il ruolo di leader e il controllo sul proprio corpo. Sebbene le buone pratiche ostetriche siano ampiamente riconosciute, non sono generalmente incorporate nella routine dei servizi sanitari.
Secondo le linee guida NICE, RCOG e le raccomandazioni intrapartum OMS, alla base del processo di midwifery care troviamo il modello assistenziale continuativo, supportivo e one-to-one che ha l'obiettivo di fornire cure woman-centered. L’assistenza ostetrica è di fondamentale importanza non solo a livello clinico ma anche a livello esperienziale per donna e neonato. Un altro presupposto imprescindibile è il rispetto: a tutte le donne deve essere riservato lo stesso tipo di assistenza che include dignità, privacy e riservatezza, ricordando ogni giorno quanto espresso nel Giuramento di Lucina.
Praticherò la mia professione con coscienza e dignità; la salute delle donne, dei bambini e delle famiglie, sarà la mia preoccupazione
Articolo a cura di
- Arianna Roncoroni | Ostetrica presso Clinica Santa Chiara Locarno CHE
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