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Operatore Socio Sanitario

La storia di Angela: Oss prima per sfida e poi per passione

di Paola Botte

Per alcuni riuscire a lavorare come Operatori socio sanitari ha rappresentato il coronamento di un sogno, sono quelli che "finalmente ce l'ho fatta". Per altri, al contrario, ha significato arrendersi all'evidenza di non trovare un'occupazione nella professione che desideravano, sono quelli che "meglio questo che niente". Infine, ci sono persone che hanno iniziato a svolgere questo lavoro per sfida, sono quelli che "voglio provare". Quelli come Angela.

Angela, Oss: Ho iniziato per sfida e ora lavoro per passione

Angela, Oss: Fare questo lavoro mi ha fatta crescere tantissimo come persona

Angela appartiene a quel gruppo di persone che cominciano forse per gioco e che via via si rendono conto che qualcosa in loro è cambiata. Che quello non è un lavoro come tanti altri.

Quando ho iniziato, dieci anni fa, non potevo immaginare che questo lavoro mi avrebbe fatto crescere così tanto. - Dichiara Angela - Strada facendo ho imparato a dialogare, a comprendere gli altri e a capire me stessa, cosa che invece prima non facevo.

L'esperienza dei concorsi pubblici, l'aver operato presso strutture private e a domicilio l'hanno resa più forte. Col tempo ha capito che quello di operatore socio sanitario è un lavoro ricco di stimoli, a partire dai continui scambi di idee e di esperienze con i colleghi, per finire al rapporto con i pazienti.

"Da tre anni lavoro come turnista in una casa di riposo per persone colpite da Alzheimer e diversamente abili. La stessa struttura in cui prima ero chiamata solo nel periodo estivo. - Racconta - Come in tutti i luoghi di lavoro, anche dove mi trovo io s'incontrano quotidianamente delle difficoltà, però grazie alla forza del gruppo, all'unione con i miei colleghi, riusciamo tutti insieme a superarli e a crescere professionalmente”.

Lavorare con i disabili non è facile per chi come me è mamma. - Angela ha infatti un figlio di ventisei anni - Trovarsi di fronte a ragazzi con qualche problema fisico o mentale mi fa immedesimare tanto nelle loro famiglie. Con gli anziani è diverso. Sebbene vedere soffrire qualcuno non è mai facile, pensare che queste persone abbiano già fatto un percorso di vita normale, in salute e a fianco delle persone care, mi da un motivo per farmene una ragione.

Poi ci sono le famiglie. I parenti dei pazienti, quelli con cui il personale sanitario in generale, ma soprattutto un Oss in una casa di riposo, deve rapportarsi. Sono forse loro quelli che più di tutti hanno bisogno di parlare, di essere tranquillizzati e per Angela questa è diventata quasi una missione.

Un Oss ha il compito d'informare i famigliari per ciò che gli compete, di rasserenare o consolare laddove possibile, di dialogare con loro, senza trattarli come ospiti, ma al contrario come parte integrante delle vite dei loro parenti ricoverati sostiene l'Oss che con la sua famiglia ha un bellissimo rapporto.

Un rapporto che non si è logorato con il tempo a causa dei turni a volte massacranti, delle sue assenze anche durante le domeniche e le festività di Natale o Pasqua per esempio, ma che anzi si è rafforzato.

Loro sono contenti per me, perché vedono che faccio un lavoro che amo. Piano piano hanno accettato anche i turni e credo che apprezzino quello che faccio per gli altri

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