ROMA. A quanto pare, siamo troppo bravi colleghi infermieri e a qualcuno questo non va giù e ci vede come una minaccia. Secondo i nostri cugini, le unità di degenza infermieristica sembrerebbero pericolose per pazienti e per gli infermieri! Sembra incredibile, ma la professione medica non vuole riconoscere una realtà che ormai anche a mio nipote di 5 anni è chiara: la professione infermieristica è cresciuta, si è responsabilizzata, è ormai matura per gestire alcune situazioni.
Stiamo parlando, si badi bene, di alcune situazioni per cui la professione infermieristica è all’altezza; situazioni per cui è appropriato, da un punto di vista organizzativo, affidare pazienti al personale infermieristico.
L’oggetto del contendere sono le nuove unità a degenza infermieristica. Sono unità operative aziendali gestite da infermieri a cui sono affidati i pazienti a bassa intensità di cura. Le prime cinque ragioni che mi passano in mente sul perché garantire la presenza in ogni azienda di questo tipo di strutture sono:
- è una scelta economicamente vantaggiosa che risponde positivamente ai criteri di appropriatezza organizzativa di impego delle risorse aziendali;
- è una chance importante per collegare le strutture ospedaliere a quelle territoriali e alla figura dell’infermiere di famiglia;
- è effettivamente una scelta appropriata da un punto di vista assistenziale perché prevede la specifica di percorsi trattati e criteri di inclusione ben esplicitati;
- è un’opportunità per snellire i posti letto dei reparti più complessi e destinarli a setting assistenziali meno dispendiosi;
- è un’opportunità per la classe medica per andare a prestare servizio in realtà più complesse e non a figurare negli organici di reparto, ma poi non essere concretamente presenti.
Sono sicuro che sulla base di questi 5 punti, il lettore possa contribuire ad aggiungerne altri con estrema facilità: è un’opportunità per strutture che potranno impiegare le risorse in maniera più efficiente, per i professionisti infermieri perché avranno riconosciuto un ruolo che gli spetta, per i professionisti medici che avranno altro a cui pensare.
Le altre strutture come il Policlinico Umberto I, l’Ospedale Nuovo Regina Margherita, la ASL di Latina, a Palombara Sabina e la ASL di Rieti hanno già iniziato, altre lo implementeranno fino a rendere le unità a degenza infermieristica essenziali per le strutture sanitarie e quindi da inserire negli atti aziendali.
“Il miglioramento dei servizi non può essere barattato con la volontà di qualcuno di conservare rendite di posizione che oggi sono fuori dal tempo e dalla logica – reagisce il presidente del Collegio IPASVI di Roma e del Coordinamento Lazio, Gennaro Rocco – Non accettiamo che questi nuovi servizi siano demonizzati e che gli infermieri, protagonisti volenterosi di una nuova stagione dell’assistenza, vengano mortificati per alimentare posizioni corporative che hanno prodotto buona parte delle attuali criticità. Chiediamo a tutti gli attori della sanità, e in primis ai medici – conclude il dottor Rocco – di collaborare attivamente per ammodernare il nostro sistema e renderlo più efficiente senza cedere a tentazioni protezionistiche senza senso e senza futuro”.
Come al solito proponiamo attività concrete per l’implementazione:
- definire percorsi di cura con il reale apporto in termini di unità personale infermieristico e attività realmente erogate;
- definire risorse in termini di farmaci/presidi per ogni percorso di cura;
- definire per ogni percorso i criteri clinici di ingresso per accedere alle unità di degenza infermieristica;
- definire per ogni percorso i criteri clinici di uscita per accedere ai servizi territoriali appropriati al problema di salute;
- istituire la figura dell’infermiere coordinatore che dovrà occuparsi anche di budget per gestire gli obiettivi dell’unità operativa in coerenza con le strategie aziendali;
- istituire la gestione infermieristica per settori, in maniera tale per cui l’infermiere gestisca il paziente nella sua interezza.
Come si desume da questi semplici punti di implementazione, gran parte di questo è già praticato dagli infermieri nelle unità di degenza: perché non trasferirle in una unità a gestione infermieristica?
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