Nurse24.it
chiedi informazioni

Infermieri

Riposare a Natale, la salute è speciale

di Monica Vaccaretti

Le luci dell'albero nell'atrio principale dell'ospedale si accendono e brillano come in O Tannenbaum. Gli addobbi sono semplici, ma le stelle di Natale rendono elegante l'ambiente di cura e creano una bella atmosfera. Sono posate accanto al pianoforte a coda che hanno lasciato nella hall dal concerto dell'anno scorso per promuovere il benessere lavorativo del personale e quello psicologico dei visitatori. Chiunque può sedersi sulla panca e donare un incanto musicale. Ma stamattina è ancora presto per un pubblico, c'è poca gente lungo i corridoi e nelle sale d'attesa, nessuno disturba il silenzio in cui ogni piano è avvolto, come sotto una coperta.

In corsia è l'ora dello smonto

natale ospedale

La salute è speciale, il dono più prezioso che ci si possa augurare, non solo a Natale.

Alcuni infermieri, ancora in divisa, sono scesi come me al bar per un caffè prima di tornare a casa. Qualcuno si riconosce e si scambia gli auguri. Altri si attardano pigramente, cedendo alla stanchezza.

Dallo sgabello colgo il riflesso sulle ampie vetrate del locale dei nostri visi pallidi e delle nostre divise stropicciate da dodici ore di lavoro. Sembriamo duplici, ma uno vale uno. Provo un senso di nausea per la notte passata in bianco.

Ho voglia di restarmene a letto tutto il giorno, anche se è Natale, ma mio figlio mi aspetta per scartare i regali, devo essere a casa prima del suo risveglio, e non posso mancare alla tavola delle feste con tutta la famiglia.

Mentre sorseggio l'ultima goccia di caffè, mi rendo conto che davvero le cose semplici che si perdono nella vita si capiscono e si apprezzano soltanto in due occasioni: quando si è malati o quando si fa un lavoro di cura che occupa tanto tempo, sconfinando in quello di vita.

Chiudo l'armadietto, non senza prima aver fatto scendere la neve nella palla natalizia che ho messo sulla mensola superiore, ed esco nella buia mattina di festa, infagottata nei miei abiti civili, dirigendomi verso il parcheggio insieme ad altri infermieri taciturni con i loro zainetti sulle spalle, avvolti nelle sciarpe e nei berretti di lana.

Più mi allontano dall'ospedale, più una piacevole sensazione mi si intrufola sotto il cappotto. Penso che due giorni a casa siano un bel regalo, da non sprecarne neanche un attimo. L'auto in parcheggio, lasciata all'agghiaccio, è piena di brina così che il ritorno rallenta ma c'è ancora tempo per non perdersi la gioia fanciullesca di mio figlio sotto l'albero.

Alla radio Ed Sheeran canta “Under the tree” mentre gli aloni sul parabrezza si fanno più grandi, come palle. Mi sento proprio come l'infermiera Williams nel film animato “That Christmas”, di cui la canzone è la colonna sonora.

Racconta di una mamma single che ha lasciato suo figlio da solo la Vigilia per coprire, nel suo giorno di riposo, il turno di una collega che non ha potuto raggiungere l'ospedale a causa di una tempesta di neve. Nella storia la Williams era quella che abitava più vicino all'ospedale, poteva raggiungerlo anche a piedi, come me.

Dopo aver cercato di spiegare al figlio deluso che era difficile rifiutare il rientro in servizio - in reparto c'erano poi anziani per i quali avrebbe potuto essere l'ultimo Natale – lo rabbonisce promettendogli di festeggiare bene al suo ritorno.

Alla guida, al posto del solito medley della tradizione per restare sveglia, mi torna in mente una poesia, “Rest, like a river”. L'ha scritta una dottoressa (Leena, Danawata) e gliel'hanno pubblicata su Jama. Mi piace l'idea di un fiume che sbadiglia: la sua bocca è una vasta larghezza aperta, solo un sintomo di stanchezza. Penso a come si avvolge lungo attorno a sé, serpentino e sicuro; come le sue onde ondeggiano avanti e indietro, una culla su un pavimento instabile. In giorni come oggi, quando la nebbia primaverile si è sciolta nelle mie ossa, o quando il tempo sembra fermarsi o rallentare, penso alla mia spina dorsale come a quel fiume e mi rannicchio su me stesso come la lettera C. Respiro che galleggia a valle, corpo che ondeggia come le correnti del mare.

Dormire, finalmente dormire, ma la prossima notte, tra il 25 e Santo Stefano. Bisogna solo lasciar scorrere, come un fiume di stanchezza, questo giorno e poi lasciarsi riposare.

La salute è speciale, il dono più prezioso che ci si possa augurare, non solo a Natale. Penso e sbadiglio, aprendo piano la porta di casa. Mio figlio è ancora a letto, ce l'ho fatta anche quest'anno.

Decido di aspettarlo sul divano, con l'intenzione di appisolarmi soltanto qualche minuto ma con la speranza che il riposo possa durare almeno un'ora. In fondo non sono ancora le otto. In cucina tra poco bolliranno la cioccolata e il brodo per i tortellini e sfornerò arrosti e patate.

Non mancherà niente per allietare questo giorno pieno di salute, senza la quale la libertà di godere questo momento, come ogni altro della vita, non sarebbe possibile con altrettanta serenità. Dalle camere da letto sento arrivare i passi di piedi nudi.

Sono passati ventidue anni. I Natali di ieri e di oggi si confondono

Quel bambino è cresciuto, ma ricordo ancora bene la sensazione di quegli smonto notte natalizi o di quando passavo le feste a lavorare in Pronto soccorso, lasciandolo a casa con i nonni e i suoi giochi nuovi.

La vita scorre, come un fiume verso il mare, e nuove generazioni di infermieri genitori vivono oggi ciò che ho vissuto allora. Adesso è mio figlio a smontare, a rifare quella mia vita, a provare tutto questo. Sono io stamattina ad aspettare, accanto all'albero, che lui torni a casa dall'ospedale. Metto la cioccolata sul fuoco, come allora, mentre il cane mi viene incontro zampettando per prendersi, al posto suo, il primo abbraccio della mattina di Natale.

Infermiere
Scopri i master in convenzione

Commento (0)