L’importante è che si rientri a lavoro, perché curarsi delle condizioni di salute del lavoratore? Le macchine non ce l’hanno le condizioni di salute. È così che M., giovane infermiere, si sente: una macchina. Perché di fronte ad un suo problema di salute gli è stato fatto capire, in modo nemmeno tanto velato, che sarebbe dovuto tornare subito al lavoro per non ritrovarsi "a piedi". La mia rabbia - scrive M. - è rivolta verso chi permette ogni giorno lo sfruttamento, chi cerca di intimorire un ragazzo solo perché giovane e inesperto, chi calpesta la dignità delle persone e che vomita su tutti quei diritti che sono stati conquistati con le lotte e il sangue degli sfruttati e degli ultimi . E, probabilmente, non solo la sua.
Sono infermiere, non sono una macchina. Ma a chi importa?
La rabbia di un infermiere che si sente trattato come una macchina
Laurea conferita con il massimo dei voti, completa di esperienza all’estero, contemporanea a lavoretti di ogni tipo per togliersi le soddisfazioni di un ragazzo di vent’anni, facendo (con piacere) immensi sacrifici quotidiani.
Iscrizione all’albo, in cui vengono letteralmente fagocitati i soldi che la nonna ti aveva regalato per la laurea.
Compilazione del curriculum : cavolo non ho esperienza come infermiere, mi sono appena laureato e dato che la maggior parte delle offerte chiede l’esperienza, ora come faccio? Cerchi di compilarlo con più cose possibili, spendendo sempre quei famosi soldi della laurea per partecipare a corsi di perfezionamento e per iscriverti ad un master di I livello .
Invio del cv in quasi tutti i posti possibili immaginabili dell’Italia, perché “suvvia, diamola una possibilità a questa Italia, non pensiamo subito negativo”, ripetendoti ogni giorno che qualcuno prima o poi avrà bisogno e che prima o poi potrai renderti utile, dopotutto hai fatto tanti sacrifici, hai il massimo dei voti ti sei sempre dato da fare... ma niente; passano i mesi e la tua frustrazione aumenta sempre di più. Iniziano i dubbi sul percorso di studi, sulla scelta fatta, inizi a pensare ad un’altra laurea, ad un’altra strada.
Nel frattempo escono i primi concorsi , continui a spendere i soldi (quasi finiti) ricevuti per la laurea e compri i libri di preparazione, il biglietto del bus che in 10 ore attraversa l’Italia per andare al nord e la camera di un ostello in cui incontri qualche disperato con i tuoi stessi libri e i tuoi stessi sogni.
10.000 candidati, 5 o 6 posti disponibili. È sempre questa la storia che si ripete ad ogni concorso, ad ogni bollettino pagato per accedervi e ad ogni biglietto di treno o bus acquistato.
Non sai se sei passato, ma i soldi li hai comunque spesi tutti. Alcuni concorsi si passano, altri no; alcune preselezioni si superano altre no. È tutto un terno a lotto.
Il tuo futuro si basa al 20% sulle tue conoscenze all’80% sulla fortuna che decide o meno se baciarti quel giorno. Nel frattempo nella vita reale il tempo passa e i soldi diminuiscono. Se riesci a indovinare la maggior parte di quelle 30 domande che “dovrebbero” dimostrare quanto meriti quel posto da infermiere, allora hai il grande onore di entrare in graduatoria.
Una graduatoria in cui, essendo lo sfortunato neolaureato, chi ha più esperienza di te, a livello di titoli, ti passa avanti alla velocità della luce anche se magari tu hai fatto un punteggio ottimo al test e quindi non puoi fare altro che aspettare e sperare che la graduatoria scorra.
Poi dopo mesi, dopo che nemmeno tu ci speravi quasi più, arriva la fatidica chiamata da un privato che ti chiede di sostituire un infermiere in malattia e allora pieno di gioia parti subito per andare fuori regione per il colloquio, ti prendono ed è solo allora che apprendi che l’affiancamento durerà 3 giorni e che sarai l’unico infermiere in struttura con quasi 30 pazienti geriatrici.
È il tuo primo incarico, ma cosa gliene importa al mondo o al sistema che è il tuo primo incarico?
Per te non è altro che una sfida e allora inizi e ti accorgi che non è come il tirocinio , ti accorgi di avere grandi responsabilità e che il lavoro vale tutte le preoccupazioni e i sacrifici fatti fino a quel momento e che non potresti fare altro nella vita. Sei grato al cielo per questa possibilità e cerchi di imparare il più possibile .
Sei l’unico infermiere e lavori 6 giorni su 7
E se devi prendere un giorno per andare a fare un concorso? Chiedi al capo e stai con l’ansia di essere cacciato via, di non essere capito ma alla fine il capo accetta e allora puoi prendere il permesso a patto che tu vada a lavorare di domenica. E allora lavori due settimane di fila senza riposo pur di andare a fare quel concorso. E ti chiedi: Ma non è un diritto? È da quando in qua un diritto pesa così tanto?
Poi arriva quel fatidico giorno in cui, un po’ per sfortuna un po’ per un movimento brusco, ti si blocca la schiena, tanto da immobilizzarti a letto; sei costretto a chiamare la guardia medica vivendo da solo in una grande città, il dolore innesca una reazione che ti provoca una sincope vaso vagale e vieni trasportato in Pronto soccorso dal 118 .
E adesso? Non ero l’unico infermiere in turno?
Chiami il capo. Nessuna empatia; tu non sei una persona, ora sei solo un peso, un problema, una macchina che si rifiuta di fare quello per cui è stata programmata: Imbottisciti di cortisone e torna a lavoro .
La dottoressa del Ps ti impone di prendere la malattia e tu lo fai con l’ansia e l’angoscia e la pressione psicologica esercitata già in precedenza e che non finisce qui. Arrivato agli ultimi giorni di malattia, ancora debole e sotto farmaci, non ti senti in grado di lavorare 6 ore in piedi. Cerchi in qualche modo di farlo capire al capo che continua con la storia del cortisone e ti impone, con tono minaccioso, di rientrare a lavoro.
Morale della favola: invece che avere il mal di schiena per 15 giorni come da prognosi e curarlo come cristo comanda l’ho avuto per 1 mese. Ma dopotutto chi se ne importa, giusto? L’importante è che si rientri a lavoro, perché curarsi delle condizioni di salute del lavoratore? Le macchine non ce l’hanno le condizioni di salute .
Ah ovviamente il contratto di lavoro scade tra un mese... e ha una probabilità di rinnovo inferiore allo 0,01%. Cosa credevate? Che fosse tutto facile? Poi si ricomincia con i cv, con le speranze che non muoiono mai mentre io vorrei solo fare il lavoro che più amo al mondo con una dignità e i diritti degni dell’anno solare 2018 e non del IV secolo a.C.
La mia rabbia è rivolta verso chi ha permesso che questo sistema precario e marcio venisse creato in Italia, chi permette ogni giorno lo sfruttamento, chi cerca di intimorire un ragazzo solo perché giovane e inesperto, chi calpesta la dignità delle persone e che vomita su tutti quei diritti che sono stati conquistati con le lotte e il sangue degli sfruttati e degli ultimi.
Infine mi rivolgo a lei, Ministra della salute, Giulia Grillo : oltre che dare attenzione alle problematiche dei medici (come fa in ogni sua intervista) ci vogliamo ricordare che esistono anche altri professionisti, “tanto per fare un esempio gli infermieri” che si trovano nella mia stessa identica situazione?
Per quale motivo non dovrei diventare uno dei “tanti cervelli in fuga”? Ah, sì: anche gli infermieri hanno un cervello e addirittura delle competenze.
Firmato "uno che vuole fare l’infermiere".
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