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Pasquale: La mia vita a caccia di un concorso

di Paola Botte

Gruppi su Facebook, riviste di settore e telegiornali. Tutti, alla vigilia di un concorso per infermieri, si precipitano a parlare di numeri: "Previsti ottomila partecipanti", oppure "La carica dei 12mila infermieri" o ancora, "Ecco il mega concorso". Molti lettori commentano con frasi del tipo Poverini, anni di studio per arrivare a questo. Ma chi glielo fa fare?

Quel lungo viaggio della speranza per vincere un concorso

pasquale aruta

Pasquale Aruta

Pochi sanno quanti pensieri passano nella testa di ogni singolo infermiere. Quanti sacrifici ci sono dietro ogni concorso. Pasquale Aruta, che avevamo seguito nel suo lungo viaggio da Napoli proprio in occasione del maxi concorso di Genova, adesso è in viaggio per l'ennesima volta per affrontare la prova scritta per Savona e ci racconta le sue sensazioni.

Quello tra infermiere e concorso - sostiene - sembra ormai diventato un binomio perfetto. Anche il minore dei telegiornali si ricorda di noi infermieri nel momento in cui deve dare al pubblico i grossi numeri dei candidati ai concorsi. Solo noi però sappiamo cosa voglia dire veramente arrivare fin lì. Partiamo dai test d'ingresso al corso di laurea in infermieristica, a cui di solito partecipa mezza regione, poi i tre anni di studi con un sacco di esami e idoneità. Per non parlare del tirocinio, quasi tremila ore per arrivare all’ambita carica di dottore in Infermieristica. La felicità di aver finalmente raggiunto il titolo dura però finché non si inizia a cercare lavoro, cosa che per la maggior parte di noi, secondo le statistiche, dovrebbe arrivare entro un anno.

E invece durante quell'anno si portano cv in lungo e in largo, pronunciando sempre la stessa frase Posso lasciarle il curriculum?, sostenendo colloqui in orari impossibili e ascoltando la tanto agognata espressione le faremo sapere. Dopo, ci sono i tre mesi di tirocinio gratuito, più gli altri tre di affiancamento e infine se si è stati bravi arriva il contratto per altri sei a uno stipendio che è una miseria. Non dimentichiamo la partita iva, che nella maggior parte dei casi è obbligatoria se si vuole lavorare. Allora inizi a capire che l’unica chance, l'unica speranza di non aver sprecato tre anni della tua vita è cercare di vincere un concorso. Ma quale? Se abiti in Campania, per esempio, o in altre regioni del sud, sai che usciranno quando andrai in pensione, quindi punti su qualsiasi regione iniziando a studiare. Riempi il carrello online di libri di testo e test, mentre la Gazzetta Ufficiale diventa la tua home page sul pc.

Quando poi escono i bandi delle preselezioni, ci si ritrova con i colleghi a rileggere più volte - dice sorridendo - solo per capire cosa fare. Venti pagine di: ”Visto art 465 e art 656” e di documenti da presentare. Curriculum, attestati firmati e datati, scannerizzati e inviati per Pec con ricevuta del bollettino. Registrazione online, raccomandata e quando ci hai capito qualcosa, ti ritrovi iscritto al tuo primo concorso. Però non è finita qui. Bisogna prenotare il viaggio e capire come è possibile risparmiare: aereo, treno, autobus e chi più ne ha più ne metta. A volte ci sono anche i passaggi in auto. Tutto questo con google maps che sembra sia diventato il tuo migliore amico per trovare i luoghi più facili da raggiungere. Una volta fatto tutto, arriva il giorno della partenza. Ci si aspetta sempre di essere il fortunato vincitore di quello che oggi per noi infermieri italiani sta diventando la cosa più desiderata al mondo: il posto fisso. Ed è per questo che spesso si accettano i lavori sottopagati, per sopravvivere sì, ma anche per pagarti tutte le spese che ruotano intorno ai concorsi. Qualche volta è capitato di essere riusciti a superare le preselezioni e le varie prove, di essere entrati in graduatoria, ma alla fine di vedere annullato il concorso per cavilli burocratici. Altre volte ci si trova a dover affrontare una grossa scelta, tra concorsi effettuati con le stesse date o anche consecutive in regioni diverse. Come fosse un vero e proprio sabotaggio ed è in quel momento che ti domandi cosa paghi a fare l’Ipasvi che, secondo me, dovrebbe vigilare anche su queste cose.

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Se continui, spesso, è grazie alla voglia di rivalsa, alla compagnia che si trova nella tua stessa situazione e riesce a farti forza anche quando tu non ne hai. Continui grazie agli amici di università, a volte addirittura del liceo o gente conosciuta ai concorsi precedenti. Vai avanti sperando che un giorno tutto questo sarà valso a qualcosa.

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