Se ci fermassimo un istante a riflettere scopriremmo facilmente che le nostre comunicazioni quotidiane sono fatte di linguaggi che giudicano , impongono, classificano, stigmatizzano, esprimono considerazioni spesso sfavorevoli e si servono di imperativi, uno fra tutti il “devi”. Se ci fermassimo un istante ad ascoltare realizzeremmo che essere infermieri, oggi, nell’epoca dei “non più eroi”, è reso estenuante non solo da ingenti carichi di lavoro, ma soprattutto dall’incomunicabilità, che sembra allargarsi sempre di più a macchia d’olio proprio quando invece pensavamo di aver recuperato terreno nel patto con l’utenza.
Dialoghi tipo di una giornata tipo di un infermiere tipo
Paziente aggressivo discute con un'infermiera
In reparto
Trenta gradi a luglio, la figlia di una paziente: Perché non avete messo i calzini alla mamma? Io non lo so guarda, come siete messi?
Sempre la figlia: Ho chiuso la flebo
Io: No signora, la flebo era già chiusa non si preoccupi
Lei: No, l’ho chiusa io .
Vado a controllare: No signora, così l’ha aperta. Prima era chiusa e comunque stia tranquilla, ci pensiamo noi .
Lei incalza: No, le dico che l’ho chiusa io, non mi deve insegnare a chiudere una flebo .
Durante un’urgenza
Durante un’urgenza, mentre fai avanti e indietro dalla stanza e hai i colleghi dentro che stanno massaggiando e ventilando un paziente in arresto , incontri altri pazienti per il corridoio:
Senta, io vorrei parlare con il medico . Noi: Signora, guardi, non è il momento purtroppo siamo un attimo indaffarati (cercando di nascondere il problema, perché non è il caso di palesare l’esistenza di un’urgenza, altri pazienti potrebbero risentirne emotivamente).
Lei: Ascolti, io ci voglio parlare adesso perché domani voglio essere dimessa, devo assolutamente andare via che ho un impegno .
Noi: Signora, mi dispiace non è il momento mi creda, ne parliamo più tardi .
E dietro la senti vociferare sull’incompetenza eccetera, eccetera.
Dopo un turno pesante
Turno pesante in cui non riesci a sederti, fare pipì o bere un goccio di acqua per sette ore filate, sudi sotto la mascherina ffp2 .
Decidi di sederti in guardiola per scrivere al computer le consegne e nel frattempo stai pensando ad altre mille cose da fare. Bussano alla porta della guardiola, che si apre in automatico: Ah eccovi, siete qui seduti , con annesso sguardo di rimprovero e indignazione .
La lettera di dimissione
Paziente: Voglio andare a casa, sono arrivati i miei famigliari .
Noi: Guardi signore, un pochino di pazienza perché il medico sta finendo la lettera di dimissione. Ci sono altri pazienti che stanno per essere dimessi e varie problematiche da sbrigare sui pazienti attualmente ricoverati .
Un minuto dopo suona ancora il campanello: Allora quando venite? Io devo andare via . E via così, scampanellate ogni dieci minuti.
La domenica
Domenica, pieno pomeriggio: Ascolti, io voglio parlare con il medico .
Noi: Guardi, oggi è domenica e c’è il medico di guardia che ha in carico l’intero reparto, la terapia intensiva e il Pronto soccorso cardiologico con le consulenze. Se non è urgente è preferibile lo faccia domani, in visita .
Lui: Ah, ma come?! Io ci voglio parlare adesso, perché gli devo chiedere alcune cose . E insiste ogni volta che ti incontra per il corridoio facendo la vedetta sulla porta.
Atteggiamenti arroganti rendono estenuante essere infermieri
Questo è solo un breve riassunto di quelle che sono spesso le conversazioni con pazienti e parenti ; non è possibile poi trasportare tra le righe toni e mimiche facciali intrise di indisponenza, scocciatura e astio.
È anche vero che non tutti hanno questo atteggiamento , ma negli ultimi anni è una parte davvero considerevole di utenti.
Il nostro è un lavoro molto difficile non solo perché comporta varie responsabilità che hanno a che fare con la vita delle persone, ma anche perché comportano un grosso carico assistenziale ed emotivo, una professionalità e conoscenze sempre più alte.
Siamo noi il primo campanello d’allarme per eventuali criticità e siamo noi che abbiamo un contatto h24 con il paziente, che fungiamo spesso da filtro con le altre figure professionali. Io credo che un po’ di pazienza e buona educazione debbano tornare di moda, soprattutto per permettere a noi operatori sanitari di svolgere il nostro lavoro con serenità e professionalità. Lavorare con il pubblico è da sempre difficile, soprattutto con persone che stanno male, ma ultimamente è molto estenuante a causa di atteggiamenti pretenziosi, arroganti e superficiali.
La mia realtà è costituita da persone disponibili, gentili e competenti e mi rendo conto che nonostante questo siamo tutti molto stanchi fisicamente, ma anche mentalmente per tutti questi episodi che oramai sono ordinaria amministrazione e che appesantiscono lavoro e armonia generale.
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