In punta di piedi. È così che gli infermieri sono chiamati ad entrare nelle storie di malattia, di cura, di vita delle persone. È in punta di piedi che l’infermiere è chiamato ad entrare in quel vissuto e a farne parte per un certo periodo, più o meno lungo, così anche tu diventi parte di una storia di quella famiglia, come il pezzo di un puzzle non ancora terminato .
Infermieri, professionisti dell'andare oltre le apparenze
È in punta di piedi che gli infermieri entrano nel vissuto delle persone
Voglio raccontarvi di quella che è la mia esperienza da un anno a questa parte come infermiera dell’assistenza domiciliare .
Un pomeriggio di qualche settimana fa, mentre ero al lavoro, suono il campanello di una casa. Era un nuovo paziente, un nuovo percorso assistenziale da intraprendere. Mentre aspettavo che mi aprissero la porta, ho iniziato a farmi un po’ di domande su come sarebbe stata la nuova storia, la nuova situazione che mi stava aspettando.
Entro e, come tutte le volte che mi accingo ad entrare in una casa, lo faccio in punta di piedi: Permesso? Posso? Varcare quella soglia non è semplicemente entrare in una casa, ma entrare in una storia unica.
Le mura di quella casa non sono semplici muri, semplici pareti, ma raccontano pezzi di storia vissuta, raccontano di amori, di litigi, di paure, di dolori. Quell’entrare è un entrare in una storia piena , è entrare in un dolore, in una storia che sta sicuramente attraversando un momento non bello, non facile… altrimenti io non sarei lì.
E come infermiere sei chiamato ad entrare in quel vissuto e a farne parte per un certo periodo più o meno lungo, così anche tu diventi parte di una storia di quella famiglia, come il pezzo di un puzzle non ancora terminato.
Non è certo così semplice. La nostra professione già per natura ci porta ad essere “partecipi” delle storie che incontriamo, perché i pazienti parlano, raccontano, condividono, si sfogano. Essere infermiere ti porta – che tu voglia o meno – ad entrare a far parte del vissuto di quella persona.
Ma l’infermiere delle cure domiciliari è sicuramente molto più coinvolto, perché è lui stesso ad entrare all’interno di un contesto, di un luogo fisico personale, di una casa.
Ma abbiamo mai riflettuto su cosa sia la casa?
È una delle cose più intime della persona, dove è lei a decidere chi può entrare e chi no, dove decide con chi condividere il suo tempo, dove la famiglia si riunisce per le cose belle, ma anche nei momenti più difficili.
Molte volte usiamo il modo di dire: Sentiti come se fossi a casa tua , fai come fossi a casa tua . Perché, come si sente una persona a casa propria?
Potremmo dirne tante: accolto, libero, sereno, tranquillo, protetto. Ed è proprio in questo luogo che l’infermiere è chiamato ad entrare, è chiamato a svolgere il proprio lavoro, a dar vita alla propria professionalità.
Siamo chiamati a valutare tante cose, a guardarci intorno ed esprimere una valutazione. Sembra facile, ma molte volte ci dimentichiamo che quello che noi vediamo è un piccolo pezzo di un puzzle di chissà quanti pezzi.
Quindi compete anche a noi spesse volte dover andare oltre , non fermarci all’apparenza, non essere frettolosi sul giudizio, senza avere la convinzione di sapere sempre tutto, essere certi di avere la verità sempre tra le mani solo perché siamo da quest’altra parte e indossiamo una divisa.
Siamo chiamati a essere rispettosi delle scelte. A volte ci dimentichiamo e ci dovremmo chiedere cosa faremmo noi in quella stessa situazione. Perché spesso, troppo spesso, giudichiamo e non valutiamo.
Molte volte sopraffatti dalla fretta, dalla mole di lavoro corriamo e ci dimentichiamo una cosa fondamentale, ma che l’articolo 4 del nostro nuovo codice deontologico ce lo ricorda: Nell'agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l'ascolto e il dialogo (…) Il tempo di relazione è tempo di cura .
Non ci dobbiamo dimenticare tutto questo, perché la professionalità dell’infermiere non può e non deve essere giudicata solo sulle conoscenze, sulla tecnica e sull’esperienza. E allora siamo chiamati ad entrare in quella storia, in quel dolore. In punta di piedi.
Allora forse siamo chiamati ancor più ad indossare un’armatura più che una divisa , ma un’armatura che protegga quell’essere umano che siamo ognuno di noi.
Perché forse a volte ci dimentichiamo che anche noi siamo essere umani, che anche noi passiamo momenti difficili, che siamo fragili. Come tutti gli altri.
Debora Bizzarri , Infermiera
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