Ci vuole forza per far finta di non soffrire immersi nella sofferenza
La storia di Riccardo, infermiere, e l'incontro con Andrea
Devo raccontare momenti importanti. Oggi ho conosciuto Andrea, uno studente di medicina, ultimo anno. Da dieci minuti è amico mio e forse lo sarà per sempre . A prescindere dal rivedersi.
Ha iniziato il tirocinio su una barella in oncologia, vuole imparare sul campo, entrare nel personaggio. O forse come nei film di fantascienza il personaggio è entrato in lui.
Un attore ingombrante gli toglie la forza, impastandogli la lingua. Gli ha tolto spazio per il respiro, non gli fa alzare le braccia.
Eppure prima mi ha detto: Meno male che mi hanno portato qui. Di là parlavano sempre . Anche noi abbiamo parlato per tutto il tempo e, nonostante il dolore, ha riso tanto.
Ha riso e dialogato. Nonostante i barbiturici Andrea ha capito che l'ho trattato, l'abbiamo trattato, come stessimo al bar. Come fosse normale.
Stavamo allo stesso piano: lui schienale di barella, io seduto sul tavolo operatorio, come stessimo sugli scogli. E sparavo cazzate, come non vi fosse un domani.
Poi abbiamo parlato anche di cose normali. Abbiamo parlato della TAC , delle sue visite, di come fosse arrivato da noi. Della palestra.
Abbiamo parlato del Futuro. "Abbiamo parlato del Futuro". Senza espressioni di pietà , quelle le abbiamo lasciate ai critici per i musei dei grandi pittori del passato.
Noi abbiamo dipinto l'alluminio che ci circonda con l'azzurro . Abbiamo parlato del Napoli e addirittura Andrea mi ha preso in giro, notando la cuffietta del Napoli, facendomi credere che fosse Juventino.
Ho preso il bisturi e ha ritrattato. Quasi mi è dispiaciuto farlo ridere , perché sentiva dolore.
Probabilmente sarebbe restato volentieri un altro po' a soffrire di gioia . Anche io. Anche noi, perché c'erano altri "amici". Quasi una comitiva, un'uscita al chiar di scialitica.
Pochi minuti, ma intensi di camera operatoria in cui ci siamo dati tanto, in cui abbiamo imparato tante cose.
Almeno io ho capito che Andrea fa finta di non sapere; sa benissimo noi chi siamo, cosa e come lo facciamo. Ho compreso che ci vuole delicatezza, ci vuole esperienza, ma non basta .
Ho capito che tanti anni di studio non insegnano ad affrontare determinate situazioni, alcuni "colpi" bisogna averli.
E dopo esserci dati tanto alla fine ci siamo salutati . Andrea mi ha allungato la mano, nonostante la parestesia. Ho tolto il guanto e ho ricambiato.
Andrea mi ha allungato il cuore . Ho fatto i complimenti alla studentessa che mi ha fatto da spalla e ringrazio chi per caso o chi per scelta lavora a contatto, giorno dopo giorno, nelle oncologie , con i tanti Andrea.
Ci vuole coraggio, ci vuole forza a gestire la sofferenza giorno dopo giorno. A trasformarla quando si può in gioia.
Ci vuole forza per far finta di non soffrire immersi nella sofferenza.
Siete eroi
Andrea è un eroe
Andrea è un combattente
E l'arma è il suo
Sorriso
Corrado Halo , Infermiere
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