Ai confini dell’esistenza si può trovare la malattia. Subdola, presente, rabbiosa, parzialmente o mai accettata, terreno di confronto e scontro con sé stessi, con il nucleo famigliare, le persone significative, la società. Nel ring della vita, che i combattimenti si tengano ad Harlem o al Madison Square Garden, la pugna è aspra: talvolta la folla incita, talaltra si odono fischi sommessi o rimbombanti. Molte le cadute, complesso il risollevarsi, più semplice quando vi sono braccia tese che sorreggono. La costante sta nel fatto che ciascuno di noi osserva l’altro nelle azioni, nelle dichiarazioni pubbliche ed in quel poco che ormai di privato esiste, in un mondo sempre più Orwelliano. Ed ai confini dell’esistenza dovrebbero trovarsi le sentinelle, i paletti, le Colonne d’Ercole da non oltrepassare: tra queste svetta, prima inter pares, l’etica.
Una questione di identità
L’identità è una costruzione puntale e continua nel tempo e risente non poco dell’esempio, di ciò che si vive e vede.
La professione infermieristica, nel suo duro cammino lungo il processo di professionalizzazione - evento per molti versi ancora lontano dalla meta - ha bisogno di esemplificazioni positive e di un sistema concettuale d’illuminazione tale da indicare in maniera idonea il giusto sentiero.
Nell’ottica della medicina paternalista, ancor mai doma, la figura paterna è quella del medico che agisce sul malato, figlio degenere, soprattutto quando la malattia assume i tratti della colpa. Ma l’antico senso della compassione, rintracciabile oggi nella compassion rivisitata nella letteratura etica, assieme alla capacità di leggere le emozioni, elide la possibilità che l’infermiere possa trasformarsi nell’Uomo Qualunque.
Gli infermieri sono il motore dell’assistenza, afferma Luigi, protagonista de “La Linea Verticale", fiction in onda su Rai 3 in queste settimane, opera tratta dallo scritto autobiografico di Mattia Torre.
Nella fiction, come spesso accade, gli infermieri non vengono rappresentati in splendida performance, se non attraverso la voce fuori campo di Luigi. Ebbene, a sua volta, il motore degli atti assistenziali di ciascun infermiere è l’etica. Quando questa non viene narrata…
È una scelta identitaria, è l’urgenza di sottrarsi alla dominanza medica, per affermare i sensi dell’esercizio professionale ed il Senso della Professione.
Gli uomini sono erba - afferma Giorgio Bert - e l’erba, si sa, è fragile. Il filo d’erba si piega al vento, è messo alla prova, tende quasi a radere il suolo, ma non sempre è strappato. Trascorsi i mesi dell’inverno della vita, può anche risplendere al sole della primavera, vivere una nuova fase in cui si rinsalda, rinvigorisce, riacquisisce calore.
Nel percorso accidentato di cura, le persone assistite hanno bisogno di specchiarsi e ri-mirarsi quali ex-pazienti, oggi persone portatori di diritti. Necessitano di informazioni corrette, non di satira o colpevolizzazione ipocrita per una dipendenza, non di vuoto gossip o di storielle becere, inventate di sana pianta per ottenere i famigerati “like”.
Il problema dei luoghi comuni è che, a fine di esser ripetuti senza verifiche, finiscono con l’assumere statuto di verità (G. Bert)
Al di là dei luoghi comuni, si connota lo statuto epistemologico di una disciplina scientifica, in netta contrapposizione con il vuoto intellettuale, mirato ad ottenere il solo risultato di minare la già fragile fiducia verso il Ssn ed in quei tanti professionisti che garantiscono competenza, serietà ed onestà intellettuale.
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