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Mangiacavalli a La7, quando la professione si scontra con una cultura fossilizzata.

di Andrea Valenti

Mangiacavallitagadà

Niente da eccepire in merito a quanto detto dalla Mangiacavalli; qualcosa invece rispetto alle domande e alle dichiarazione della giornalista Panella che, evidentemente non ha ancora ben chiaro quale sia il ruolo dell'infermiere modello e quali siano le sue competenze nel mondo della sanità attuale.

MILANO. Non più di pochi minuti fa, il presidente della Federazione Naziona IPASVI, la dott.ssa Barbara Mangiacavalli, è intervenuta in collegamento con la trasmissione "Tagadà" di La7, per rispondere alle dichiarazioni dello scorso 18 marzo della giornalista e conduttrice Panella in merito al ruolo degli infermieri nei triage dei Pronto Soccorso italiani.

Niente da eccepire in merito a quanto detto dalla Mangiacavalli; qualcosa invece rispetto alle domande e alle dichiarazioni della giornalista Panella che, evidentemente, non ha ancora ben chiaro quale sia il ruolo dell'infermiere moderno e quali siano le sue competenze nel mondo della sanità attuale.

E' emerso ancora una volta quanta preoccupazione desti il trovarsi "nelle mani" di un infermiere e quali siano i timori e le paure del cittadino in certe situazioni nelle quali in risposta a dei bisogni urgenti di salute non vi sia un medico a fornire risposta, bensì un infermiere. Sono emersi, ancora una volta, i grandi limiti intellettuali di un mondo, quello dell'informazione, che spesso è incapace di fornire una visuale chiara e precisa su temi delicati.

L'intervento della dott.ssa Mangiacavalli è stato completo e trasparente, e altresì lo è stato quello del presidente della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale Giacomo Milillo che, in alcuni passaggi, ha cercato di fare chiarezza sull'argomento trattato.

Tuttavia, la conduttrice sembrava voler affrontare un discorso diverso, volto a giudicare l'appropriatezza della presenza infermieristica nei triage dei Pronto Soccorso, senza preoccuparsi del fatto che tale presenza è regolamentata secondo termini di legge, legge che tutela in prima persona il cittadino che usufruisce di tali servizi.

E' emersa la profonda ignoranza della giornalista, ignoranza non per forza propria solo a lei, bensì ad una collettività di giornalisti e cittadini che evidentemente non sono pronti ad ammettere un avanzamento delle professioni sanitarie diverse da quelle del medico; medico che, in fin dei conti, è sempre trattato con un occhio di riguardo, derivato solo ed esclusivamente dal suo status di professionista intellettuale. Un riguardo che ancora troppe volte viene rivolto a tutta la categoria, anche a coloro i quali esercitano la medicina con negligenza e imperizia ma che per il solo fatto di essere medici meritano rispetto. Sono ancora tanti i passi che devono essere fatti affiché venga riconosciuto agli infermieri il ruolo che essi hanno nel sistema salute; va superata la concezione dell'infermiere come piccolo medico, come colui che può sostituirsi al medico perché, perseverando con tale logica, essa stessa impedirà il progresso culturale necessario.

Siamo sulla buona strada? Forse sì, grazie a quei pochi che vogliono far sentire la voce della categoria infermieristica, sulle testate giornalistiche (si veda l'articolo odierno di Repubblica, ndr) e nei reparti ospedalieri.

Quando si arriverà a un vero cambiamento? Parafrasando quanto disse un vecchio coordinatore infermieristico, quando una nonna sarà fiera di un nipote che fa l'infermiere. Fino ad allora sarà onere di ciascun singolo infermiere battersi contro coloro che hanno la pretesa di tarpare le ali ad una categoria bistrattata che merita rispetto in egual misura a tutti i professionisti che operano in sanità.

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