Egr. Dr. Ibba,
Ho letto con molta attenzione l’articolo a sua firma pubblicato su vostro house organ.
L’ho letto e riletto più volte e lo stupore è andato in crescendo. Mi piacerebbe ci potesse essere un confronto pubblico tra idee evidentemente diverse su cosa siano e rappresentino le professioni sanitarie e specificamente gli infermieri oggi.
Intanto però non posso non esplicitare il mio pensiero con questa nota che renderò pubblica ed evidenziare i numerosi errori ed alcune affermazioni discutibili contenute nel suo articolo.
La ministra Lorenzin non “ha elevato di rango ope legis” le molte nuove professioni sanitarie, sia perché la legge n.3/18 è stata votata dal Parlamento della Repubblica nonostante l’opposizione manifestata in più sedi dalla FNOMCeO, sia perché quelle professioni sono state elevate di rango - per usare la sua espressione - fin dall’inizio degli anni ‘90 con la definizione giuridica del loro profilo professionale (per gli infermieri Dm 739/94 ) e con l’inserimento della loro formazione in accademia con corsi di laurea triennali , quinquennali , master di primo e di secondo livello , dottorati di ricerca .
Ancora: il termine paramedico è un’invenzione linguistica evidentemente gradita a qualcuno - ma non certo agli infermieri - che non ha alcuna connotazione giuridica, che non è mai stata utilizzata in alcuna delle numerose leggi passate e recenti che ineriscono il Sistema salute e il mondo di tutte le professioni sanitarie, medici compresi.
Non voglio sottolineare l’evidente “diminuzio” che deriva dall’utilizzo di tale inesistente dizione né l’intento palese di ribadire la centralità di un’altra professione per denominare chi esercita una sua specifica professione che è quella dell’infermiere.
Non si è mai sentito appellare con il termine di paraprete il sacrestano. E non voglio nemmeno aprire la stura a considerazioni di tipo psico-sociologico o narcisistico che sottendono l’utilizzo di tale termine, che è di derivazione televisiva.
Negli States, ad esempio, i paramedici ci sono ma sono di “rango” decisamente inferiore rispetto agli infermieri lì denominati “Nurses”.
Mi sento poi molto sereno nel richiamare alcune altre sue affermazioni per le quali potremmo, volendo, sentirci pure offesi: “Abbiamo sempre ritenuta necessaria una espansione delle competenze dei nostri primi collaboratori (…) per aiutarci a fronteggiare l’acuirsi dei bisogni assistenziali (…) facendo avvicinarli al livello alto della nostra professione (…) per configurarli come collaboratori precisi ed efficienti a cui il tempo e la pratica li avessero dotati di quella manualità intelligente (…) su cui dover impiantare noi (…)”
Praticamente il braccio abile, ma acefalo di un’altra testa pensante.
Credo poi valga la pena di sottolineare sommessamente a differenza di quanto Lei afferma che il ruolo, le funzioni, le responsabilità e il prestigio sociale che internazionalmente gli infermieri hanno sia distante anni luce da quanto le erroneamente afferma.
In quel dibattito che vorrei tanto avvenisse, mi piacerebbe anche si definisse, una volta per tutte, quali sono i compiti specifici, peculiari e assolutamente propri dei medici - al di là della scontata diagnosi e terapia - e, soprattutto, su quali basi scientifiche, giuridiche e professionali vengono in tal modo indicati.
Lei afferma che qualcuno “non disdegna di considerare l’ipotesi di affidare agli infermieri, solo, perché oggi chiamati dottori in scienze infermieristiche ruoli e competenze professionali dei medici a cui loro non sono preparati per cultura, formazione e preparazione di merito”.
Questo è molto interessante, perché vuol dire che le sue granitiche certezze tanto granitiche non sono e vuol dire anche che non basta possedere il titolo di medico per essere automaticamente preparati per cultura, formazione e preparazione di merito come pure che la cultura si acquisisce, la formazione si effettua, la preparazione di merito si raggiunge.
Concludo affermando che noi infermieri non siamo per nulla improvvidi, anzi! Abbiamo la chiara consapevolezza di dover rispondere nelle sedi preposte anche per aver dato corso a prescrizioni mediche non corrette stante la nostra specifica preparazione professionale e il fatto che i giudici ci considerano a tutti gli effetti professionisti sanitari autonomi e responsabili.
Considerazioni che confliggono con il contenuto dell’intero suo articolo.
Ribadendo l’auspicio di un prossimo pubblico dibattito su queste importanti tematiche, le invio cordiali saluti.
Raffaele Secci ,
Presidente Ordine professioni infermieristiche Oristano
Componente gruppo 27 aprile
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