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Onco-Ematologia Pediatrica di Monza. Curare con Amore

di Rosario Scotto di Vetta

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MONZA. Al S. Gerardo di Monza, all'undicesimo piano, voi non sapete ma vi assicuriamo c'è un Grande Hotel con vista sul mondo che vi conquista in modo profondo. Scorron così qui le giornate, udite! udite! ma non vi annoiate.
E' quanto si legge in una lettera scritta dai bambini affissa lungo i corridoi del reparto di Onco-Ematologia Pediatrica.
 
E' la Fondazione MBBM a gestire il dipartimento infantile: lo slogan più diffuso è "Curare con amore". E' in questi reparti che vengono stilati le linee guida d'interesse internazionale per la cura delle malattie onco-ematologiche nei pazienti pediatrici. Le guarigioni non sono certo opera di miracoli e i bambini lo sanno bene così come i loro genitori che interrottamente per mesi e mesi gli stanno vicino in camere di isolamento. 


"Le flebo, i monitor, la ciclosporina, il diflucan, il lavaggio e poi l'eparina saranno ben gestiti anche stamattina?"
Dubbi, pensieri e un po' di smarrimento senz'altro comprensibili ma che durano poco, solo pochi attimi. Nei corridoi non si parla d'altro, chi entra a far parte di questa grande famiglia difficilmente riuscirà a trovare la forza di staccarsi. I legami sono forti, si condividono ansie, paure, perplessità, nei confronti di un male che nessuno vorrebbe mai conoscere: la leucemia. Il dolore, l'esasperazione e soprattutto la speranza di svegliarsi e rendersi conto che è stato solo un brutto sogno.


"La mattinata prosegue così: prelievi, doccia, cyclette e misurazione pipì. Fra il risveglio e la medicazione, chi pulisce e chi rifà i letti entra in azione".

 

E' vero, i bambini sono lo specchio della verità, alla loro vista non scappa nulla. L'emocromo è una routine quotidiana, la pulizia del corpo essenziale per prevenire infezioni e il bilancio idrico un'abitudine. La confusione non è tanta per ospitare pazienti pediatrici, forse perché la voglia di giocare e correre è minima.

 

A correre sono medici e infermieri, a giocare sono solo i genitori con l'intento di distrarre i propri figli dall'ultimo ciclo di chemioterapia. Il lungo corridoio è un concentrato di storie, ogni stanza la sua. La speranza è che queste storie finiscano tutte con un bel lieto fine con quella fatidica esclamazione "ce l ho fatta!"

 

Si legge: "Poi ci son le visite mediche sempre molto accurate, perché le terapie sono personalizzate. Così si alternano tante giornate, non tutte facili ma sempre allietate". Da parte degli infermieri c'è un gran lavoro fatto di parole, carezze e spesso abbracci. Conquistare la fiducia di una famiglia non è cosa facile e nemmeno quella dei piccoli pazienti talvolta di pochi anni.

 

"E qui il cuor di gonfia di grande comunicazione perché al S. Gerardo in ogni occasione ci sono sostegno e comprensione". 

 
Le stanze di degenza sono sempre a pressione negativa e dai vetri dalle finestre chiuse si ammira un cielo che nelle giornate autunnali subito si scurisce. Un'altra giornata volge al termine e i bambini si preparano a passare la notte sognando di correre su un prato verde senza più indossare quell'odiosa e maleodorante mascherina al viso.


E così "la notte è passata fra trilli e chiamate e nel corridoio ancora all'aurora, si sentono saluti  e fresche risate, sono le infermiere! Si sono scambiate. Col cambio di turno come sarà? Sapranno gestire le nostre necessità?" La risposta è ovvia. Si! 

 

Alla dimissione un miscuglio di sensazioni non meglio specificate. "Siamo ai singhiozzi e non riusciamo ad andare avanti".

 

I saluti sono una cosa difficile e i nomi da fare sono davvero tanti perché come dicono i bambini "questo è un reparto con gente che si fa amare"

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