RIMINI. "Omesessualità e infermiere, quali suggerimenti per un'assistenza efficace?". E' il titolo-tema della tesi di laurea in Infermieristica di un ormai ex-studente dell'Università di Bologna che fa ancora discutere e in un momento in cui una parte del mondo religioso internazionale si schiera a favore dell'omofobia. Si tratta di Marco Cervellini, 26 anni, infermiere formatosi presso il Polo di Rimini, professionista molto apprezzato e in attività nella Repubblica di San Marino.
La carenza di articoli che trattano di omosessualità in letteratura scientifica infermieristica, ha spinto la realizzazione di questo elaborato.
Gli infermieri oggigiorno devono affrontare nuove sfide, ma anche nuove opportunità. I mutamenti nella società inducono cambiamenti nei sistemi di cura, questo pone a riflettere sui valori e sulla natura dell'infermieristica.
La professione vincola il sanitario a porre innanzi gli interessi degli assistiti ai propri ed a conservare standard di competenza, in modo da erogare un servizio equo. La letteratura ci mostra come non tutti gli infermieri siano in grado di erogare lo stesso trattamento in relazione all'orientamento sessuale. Il codice deontologico sottolinea il rispetto della dignità dell'assistito.
In questa visione, l'infermeire è spinto a prendere in esame ogni persona con la stessa attenzione, indistintamente dall'appartenenza a qualsiasi gruppo sociale. Evitare la discriminazione, malgrado ciò, non significa evitare la differenziazione dell'assistenza. Ogni persona è unica, con problemi, richieste e bisogni differenti. Il concetto di equanimità non esclude il concetto di diversità. Il tema dell'omosessualità, negli ultimi decenni, è stato al centro di numerosi dibattiti pubblici e scientifici.
Occorre ricordare che non molti anni fa veniva affrontata questa materia solo in termini di malattia. Oggi l'orientamento sessuale è considerato una caratteristica come tante altre. La formazione di routine post laurea esclude questi temi, nonostante sia una realtà molto presente in sanità.
A causa di questa invisibilità, la presenza degli assistiti lesbiche, gay e bisessuali (LGB) nell'ambulatorio o nell'unità operativa è spesso imprevista. Il pericolo che ne può nascere è quello di allontanare le persone dai servizi sanitari o di trascurare specifiche problematiche sanitarie. La conoscenza sta alle basi della professionalità, pertanto quando si presentano situazioni particolari è fondamentale essere consapevoli e preparati sulla materia partendo dalle basi.
Molte persone ancora fanno confusione sulle mere definizioni in campo di sessualità come orientamento sessuale, identità di genere o ruolo di genere. Effettuare una panoramica su cos'è l'omosessualità, omofobia ed eterosessismo, il tutto accompagnato da informazioni di natura legale, è lo scopo del primo capitolo della tesi. Ricerche scientifiche affermano che un uomo su venti, nel corso della vita, ha almeno un rapporto sessuale con un'altro uomo, ciononostante le statistiche indicano che le persone LGB che si dichiarano con il proprio medico sono molto meno.
L'infermiere propende quindi a sottostimare la dimensione effettiva di questi assistiti e dei loro problemi e bisogni che rischiano di rimanere invisibili. Se da una parte gay, lesbiche e bisessuali hanno le stesse problematiche di salute degli altri, dall’altra fronteggiano situazioni caratteristiche. In area sanitaria l'infermiere dev'essere consapevole sui tipici problemi di salute della popolazione LGB. La letteratura riporta un forte legame tra orientamento sessuale, pregiudizio e abbassamento generale di benessere.
Tra i problemi prioritari di salute compaiono disagi legati alla salute mentale, come depressione e tentati suicidi, in particolar modo nella popolazione adolescente, affezioni provocate da fattori stressogeni legati allo stigma, tra cui il minority stress. Queste difficoltà di natura sociologica e psicologica portano l'individuo omosessuale a tutta una serie di comportamenti a rischio, come abuso di droghe, alcolismo, disturbi alimentari, prostituzione e atteggiamenti sessuali a rischio. Questi comportamenti alzano molto la probabilità di contrarre malattie a trasmissione sessuale, in particolare la popolazione maschile LGB ha un'incidenza elevata verso le malattie veneree.
Uno dei temi più spinosi riguarda l'HIV/AIDS e al pregiudizio che lega persone omosessuali al retrovirus. L’approccio più opportuno in questi casi è duplice: da un parte, evitare di colpevolizzare le persone omosessuali; dall’altra, riconoscere la maggior prevalenza di HIV nella comunità omosessuale e il rischio HIV connesso al sesso non protetto.
L'infermiere a questo proposito dev'essere formato su temi legati alla prevenzione come contraccettivi e test HIV.
L'inosservanza di questi temi in ambito sanitario è un fattore che predispone l'allontanamento dalle cure, amplificando i problemi di salute. Per far fronte a tutti questi disagi si è pensato di elaborare una serie di suggerimenti. Le indicazioni elaborate in questo studio suggeriscono o guidano specifici comportamenti professionali, sforzi, o condotte per infermieri. Essi non hanno l'ambizione di migliorare lo sviluppo sistemico di una professione, ma si accontentano di porre luce e punti di riflessione su un tema poco trattato.
L'assistenza infermieristica pone le sue basi sull'evidenza scientifica. Gli interventi di un professionista devono trovare corrispondenza su quanto ci dice la letteratura. A questo proposito le indicazioni sono il prodotto di una scrupolosa ricerca bibliografica, elemento fondamentale per l' Evidence-Based Nursing. Le indicazioni non propongono un'assistenza speciale per assistiti omosessuali, ma un trattamento sanitario sensibile alle diversità del singolo, un approccio centrato sull'assistito e trasferibile anche su altri gruppi di persone.
Questi suggerimenti sono caratterizzati da due principi. Innanzitutto la popolazione che si affida al servizio sanitario è costituita da una variabilità umana sempre maggiore; ne discende che gli interventi infermieristici devono sempre più rapportarsi con i bisogni caratteristici di salute dei singoli gruppi. Secondariamente, le proprietà della relazione che si instaura tra professionista sanitario e assistito, rappresenta uno dei fattori di maggior rilievo nel processo di miglioramento della cure.
La ricerca in ambito infermieristico è uno strumento che permette la progressione professionale, fattore indispensabile per una pratica dinamica e all'avanguardia. Esistono studi che si interrogano sull'impegno infermieristico ad abbracciare tematiche sociali quali l'omosessualità. La conclusione di queste ricerche riportano un basso interesse tradotto da un limitato numero di ricerche infermieristiche incentrate sul tema, ciononostante l'attenzione sulle questioni LGB è in crescita. Quanto riguarda studi infermieristici italiani non si sono trovati articoli, forse per limiti metodologici nella ricerca.
L'esito dell'elaborato indica un bisogno di porre luce su queste tematiche ed i caratteristici problemi di tale popolazione. Le evidenze scientifiche riportano una forte incidenza per problemi legati alla salute mentale, incolumità fisica e malattie a trasmissione sessuale, il tutto accompagnato da comportamenti a rischio, quali tanti suicidi, abuso di sostanze, alcolismo e prostituzione.
Per quanto riguarda l'HIV / AIDS, si è vista la trasformazione da "vecchio demone" a problema emergente, in quanto la popolazione più giovane ha meno cura delle norme di prevenzione. L'elaborato mette in evidenza come i disagi legati al fattore di rischio "omosessualità", siano amplificati da caratteristiche tipiche di determinati gruppi di appartenenza. Lo stigma e disagio sociale lo si percepisce amplificato se all'omosessualità aggiungiamo l'appartenenza a minoranze etniche, religioni conservatrici e status socio-economico basso. L'età è un altro elemento ponderante nella determinazione dei bisogni, gli adolescenti, quanto riguarda l'orientamento sessuale, hanno tipicità differenti dagli anziani. Dallo studio emerge l'importanza che hanno le relazioni affettive di coppia, ed il bisogno di costruire una famiglia. L'evidenze riportano anche la tendenza di questa popolazione a costruire famiglie alternative allargate ad amici ed individui con il quale si ha la condivisione dello stigma. Queste dinamiche sono promosse da un generale allontanamento dalla famiglia di origine, dove l'intolleranza spesso si traduce con l'abbandono da parte del nucleo famigliare. Nello studio viene presentato come sia fondamentale una buona relazione infermiere / assistito, indispensabile nel processo di cura.
L'inosservanza in ambito sanitario dei bisogni tipici della popolazione LGB, si traduce con allontanamento e diffidenza da parte degli assistiti. Poche persone si dichiarano in ambito medico, questo rischia di limitare il processo di cura, e promuove la comparsa di incomprensioni e disagi, sfavorendo la fiducia nei riguardi del professionista.
Questa diffidenza presente negli assistiti permette l'allontanamento dalle cure, interferendo negativamente con il benessere complessivo della persona.
Le radici storiche svantaggia fortemente questa popolazione ancora molto discriminata, basti pensare che solo due secoli fa, nell'800 ancora irradiato dai raggi dell'illuminismo, ci furono i primi studi clinici su "quella cosa innominabile" che trovò il proprio nome in omosessualità. Nonostante si parlasse solo in termini psicopatologici, questa nuova definizione servì a rompere il silenzio su un argomento all'epoca inesistente, ed Oscar Wilde, in pieno periodo vittoriano, quando scriveva "l'amor che non osa pronunciar il suo nome", nei fatti il nome l'aveva, ed era un termine ben lontano dalla poesia e dolcezza della penna più fine dell'epoca.
Un amore che portò il poeta alla prigione e all'isolamento sociale, consumandolo solo per aver provato uno dei sentimenti più nobili che l'essere umano possa provare. La popolazione LGB, come altre minoranze, soffre un'eredità di intolleranza e pregiudizio, e l'infermiere, in qualità di professionista della salute, è in grado di favorire il benessere di queste persone.
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