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editoriale

Noi infermieri e la spending review

di Fabio Albano

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GENOVA. Oramai le notizie si svuotano di contenuto pochi minuti dopo la loro circolazione giornalistica. Diventa, quindi, difficile stare dietro alla cronaca; se non si scrivono subito, alcuni articoli rischiano di essere pubblicati già obsoleti. Ci sono però notizie, che sono destinate a cambiare il nostro modus vivendi. E’ il caso di quanto apparso in questi giorni sul SECOLO XIX di Genova.

La dirigenza genovese della ASL3, la più grande d’Italia, sta pensando di mettere in mobilità ben 200 impiegati! Appare evidente che la notizia, pur di recentissima pubblicazione, non trova i dipendenti pubblici, del tutto, impreparati. Inoltre risulta palese che, se toccata, questa sarà solo la prima categoria di lavoratori a doversi misurare con la mobilità, preludio all’uscita dal sistema lavoro. Poi sarà solo un effetto domino.

 

Ebbene si, è la fine del posto fisso e garantito! E pensare che da alcuni mesi si discute di “PIANO SANITARIO” e di “SPENDING REVIEW”, si sprecano fiumi di parole e litri d’inchiostro. Intanto si cominciano a formalizzare tagli ASSOLUTAMENTE lineari, bel modo per altro nuovo, di fare politica ed economia.

 

Risulta chiaro che le manovre economiche si svolgono su 2 piani assolutamente non combacianti, da una parte le regole dettate a livello nazionale, dall’altra l’applicazione a livello regionale. Con effetti tangibili sull’occupazione e sulla garanzia assistenziale. La prima domanda che viene in mente è: ma i tagli lineari sono veramente l’unico metodo di risparmio? Naturalmente noi siamo convinti di no! Siamo altrettanto certi che forme di risparmio vadano individuate la dove esistono sacche di spreco e di privilegi, vedi per esempio le consulenze. 

 

Ma per fare tutto ciò ci vuole una forza del parlamento e delle commissioni parlamentari che ad oggi non traspare. Un ulteriore segnale pericoloso e scoraggiante. Si parla, oramai da anni, di riorganizzazione della rete ospedaliera, diminuendo il numero dei ricoveri, ma aumentando l’erogazione dell’assistenza domiciliare.

 

Qui in Liguria stiamo, ancora, navigando a vista! Non si capisce bene da che cosa si vuole iniziare e la strada che si intende percorrere. Si è deciso di non decidere! Ci sono stati alcuni movimenti come l’accorpamento San Martino – I.S.T., con la creazione di un IRCCS, che ha trovati pochi estimatori e creato molti dubbi persino al Ministero. I lavoratori sono assolutamente scontenti e l’utenza sembra aver percepito un decadimento dei livelli qualitativo - assistenziali.

 

Altro atto di rilievo è stato il passaggio di proprietà dell’Ospedale San Carlo di Voltri, estrema periferia genovese, dalla Regione Liguria all’Ospedale Evangelico Internazionale, piccola, ma molto efficiente, realtà del centro cittadino. Risultati? Che la piccola entità ha smarrito le proprie peculiarità, che l’avevano resa famosa nel tessuto urbano. Provocando una diaspora tra i lavoratori.

 L’altra realtà, San Carlo, ha evitato la chiusura del reparto di ostetricia, circa 300 parti anno, per cui c’era stata una sollevazione popolare, attraverso il trasferimento di braccia e competenze dall’analogo reparto dell’OEI, circa 900 parti anno. Molta parte dei Ginecologi e delle Ostetriche ha evitato il trasferimento a ponente trovando collocazione nell’ospedale Gaslini, lasciando, nella vecchia struttura di appartenenza, un vulnus incolmabile!

Per gli altri piccoli e medi ospedali genovesi resta ancora incerta la sorte. L’ospedale di Sestri Ponente è sempre in odore di chiusura o riconversione, con la cittadinanza, interessata, che scende in piazza almeno 3 volte l’anno. L’ospedale di Pontedecimo, periferia nord di Genova, resta, invece, fuori da discorsi inerenti a tagli o chiusure. In strada si vocifera che la politica in delegazione sia molto influente!

 

L’ospedale Galliera, ospedale della curia, è oramai da alcuni anni al centro di polemiche su un sua possibile trasferimento, ex novo, a ponente. Anche ad un abitante dell’Alaska appare del tutto evidente che la riorganizzazione ospedaliera genovese è ancora un’idea molto vaga! Allora come si può stabilire di quante risorse si ha bisogno se ancora non si riesce a riorganizzare la trama ospedaliera del futuro?

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