TARANTO. Non lo cita mai, ma la presidentessa del Collegio IPASVI di Taranto, Benedetta Mattiacci, chiede espressamente al governatore della Puglia, il "sellino" Nichi Vendola, di darsi una mossa e di procedere con l'assunzione di Infermieri là dove ce n'è assoluto bisogno, ovvero su tutto il territorio pugliese e tarantino in particolare.
Lo fa con una lettera aperta inviata ai principali quotidiani pugliesi e italiani. Il suo grido di dolore è scaturito dalla richiesta quotidiana di aiuto dei circa 3000 infermieri corregionali precari e disoccupati (o che semplicemente vogliono tornare in Patria, dopo anni di esilio al Nord). Nei giorni scorsi anche il presidente regionale dell'Ipasvi, Saverio Andreula, aveva lanciato l'appello a Vendola, chiedendogli espressamente di metter mani al "potafoglio pubblico" e di iniziare ad assumere il personale infermieristico necessario ad un corretto funzionamento del Sistema Sanitario Regionale, mai così in bilico tra crisi, scandali e sperpero di denaro.
Finora il governatore pugliese ha ignorato le richieste della classe infermieristica, ma non potrà più farlo ancora per molto soprattutto di fronte alle crescenti proteste che si levano da ogni dove e che hanno travalicato oramai i confini regionali.
In Puglia la sanità è in crisi e non è certo colpa solo dei vecchi amministratori della cosa pubblica regionale. La tirata di orecchie a Vendola era necessaria, soprattutto perchè alle promesse delle varie campagne elettorale sono solo seguite le classiche "bolle di sapone", che hanno portato ad ingigantire la condizione di precariato e di pressappochismo nella categoria. Ma vediamo cosa ha scritto Mattiacci. Di seguito la sua nota.
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Gentile Direttore,
gli infermieri, strutturati o precari, sono stufi della gestione della Sanità. Fino a quando la Regione Puglia abuserà della professione infermieristica? Fino a quando gli Infermieri, operatori con laurea triennale o quinquennale e Master di 1° e 2° livello, dovranno assistere alla dequalificazione delle prestazioni ed allo sfascio della Sanità? Quando la Regione Puglia, superando la “linea del Rubicone”, passerà dal dire al fare? Tantissime le professioni di intenti, tantissimi gli interventi, verbali, ma, di fatto, ancora troppo poco, nessuna cura per una grande “malata”: sintomi?
Al 7 febbraio 2014 la Regione Puglia è ancora tra quelle in Piano di rientro ovvero non ha superato le verifiche previste, con i conseguenziali obblighi e limiti. Il ministero della Salute stila la classifica dei sistemi sanitari regionali, relegando quello pugliese al terzultimo posto per il mancato rispetto di indicatori che riguardano liste di attesa, prevenzione, mancato funzionamento di mezzi e strumentazioni, disfunzione dei servizi ospedalieri, disparità di costi, ecc.
L’Istat, in contemporanea, pubblica i dati dai quali emerge che nel Mezzogiorno la spesa sanitaria pubblica corrente è di 1.788 euro per abitante a fronte di una media italiana di 1.849 euro.
Ancora l’Istat rileva che la povertà assoluta in Puglia ha un’incidenza del 28,8%.
A fronte di questo sfascio la tassazione regionale su imprese, lavoro e famiglie è a sua volta tra le più alte d’Italia.
Sempre più numerosi i cittadini, tarantini e pugliesi, costretti alla migrazione passiva. Né meno sconfortanti sono le pagelle regionali sull’operato di metà mandato dei Direttori Generali delle ASL pugliesi: nessuno ha raggiunto i nove traguardi fissati, a significare le mille zone d’ombra della Sanità nella cui orbita grava quella anomalia rappresentata dalla carenza di organico e dal precariato, due facce della stessa medaglia che si riflettono negativamente sulla qualità dell’assistenza da erogare al cittadino.
Incapacità di soluzioni efficienti, ed in tempi rapidi, come richiede la gravità del momento? Volontà di non modificare lo status quo? Comunque sia, la realtà è di una sanità allo sbando ed allo sfascio, dove l’assistenza infermieristica, codificata da leggi e da norme deontologiche, è delegata al singolo infermiere e alla buona volontà del singolo infermiere, costretto a confrontarsi e fronteggiare una serie di carenze strutturali e di personale, con il rischio reale di eventi avversi non controllabili.
Ecco, allora, che un organico adeguato ai bisogni della popolazione diventa urgenza non procrastinabile, non risolvibile o fronteggiabile con contratti a termine. E’ urgenza il bisogno di programmi di prevenzione per fronteggiare le emergenze di una realtà, come quella tarantina, da decenni definita.
In questo contesto, l’assistenza non può dipendere da fattori economici, da riduzioni o contenimento di spesa che spingono al ricorso ai famigerati contratti a termine, grosso handicap per il settore sanitario, in quanto l’Infermiere precario è una sorta di jolly, che difficilmente, in caso di proroga del contratto, torna nel reparto della precedente assegnazione, evitando così il tempo della formazione, assolutamente necessaria nel caso di nuovo reparto.
Non sarebbe più logico, razionale utilizzare le esperienze pregresse per un miglior impiego del personale a tempo? Che senso ha il ricorso massiccio al precariato, quando costano molto più la migrazione passiva, la mancanza di diagnosi precoce, le infezioni ospedaliere?
La sanità pugliese ha travalicato il livello di criticità, ha bisogno urgentemente di infermieri, per offrire le prestazioni di qualità alle quali i cittadini, oggetto di una tassazione selvaggia, hanno senza dubbio diritto, oltre che per abbattere la migrazione passiva alla ricerca di salute, estremamente dispendiosa.
Cosa vuole fare il governo regionale? Vuole far pagare agli infermieri, disoccupati o precari, ed ai cittadini il fio di una mancata politica sanitaria, efficiente e di qualità? Come cittadini e come professionisti della salute non ci stiamo. Pretendiamo il rispetto del nostro ruolo e dei nostri diritti.
Benedetta Mattiacci
Presidente Collegio Ipasvi di Taranto
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