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"Lu paiése iènne de llu paesane", ecco l'ultimo capolavoro dell'Infermiere-Poeta

di Antonio Del Vecchio

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Raimondo Ardolino presenta il suo libro nella natia Rignano Garganico, in Puglia, e ci permette attraverso la riproposizione di figure e circostanze di paese di ripercorrere storie di uomini e di donne che nel loro piccolo hanno fatto grande il Sud d'Italia...

RIGNANO GARGANICO. È in vetrina da qualche giorno l’ultima grande fatica di Raimondo Ardolino, infermiere, fotografo, scrittore e poeta originario del più piccolo comune del Parco Nazionale del Gargano, Rignano. Si chiama “Lu paiése iènne de llu paisane”, che segue a distanza di un anno quella de “La fenèstre de la putéche”.

Si tratta di un ‘opera accattivante, composta per metà di poesie, per il resto di racconti. Lo scritto è in perfetto vernacolo rignanese, tranne alcune liriche a carattere sentimentale che sono in italiano e ne completano il discorso espositivo. Il volume sarà presentato a Rignano il prossimo 14 agosto a partire dalle ore 21.00 in Piazza San Rocco. Il libro si conclude con la post-fazione, curata da Paolo Gentile.

Tanto  a conferma della bontà e correttezza della lingua materna. Non dimentichiamoci che quest’ultimo è autore del primo ed unico vocabolario dialettale “In dialetto si diceva” , giunto alla sua seconda edizione. Ad introdurre il discorso è Cristina Caruso, medico, ma non nuova al genere letterario e critico-saggistico. Passione, quest’ultima, che porta con sé sin dal Liceo, condivisa con quella del fratello Michele, di professione ingegnere, che si dedica a praticare dentro e fuori servizio il giornalismo e la prosa in genere. Basta ricordare il suo studio-recital di alcuni anni fa sull’Inferno dantesco, con notevole anticipo rispetto a quanto sta facendo or ora Roberto Benigni con la sua ultra - ascoltata performance televisiva. E poi ci sono a fare testo gli indovinati editoriali di Vento Nuovo, periodico online da lui diretto e i suoi volumi editi da Maritato Group di Roma.

Raimondo vede in loro due modelli e maestri che “ogni famiglia - precisa - vorrebbe come figli".

Ora riprendiamo il discorso sul nostro novello poeta-scrittore.

 

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Il nuovo volume dell'Infermiere-Poeta

Faccio notare subito che il libro ha un linguaggio espressivo alla portata di tutti in forma piana e scorrevole. Basta circa mezzora per leggerlo, ovviamente  con il pensiero, “a voce” forse un po’ più. La parte che mi ha colpito di più è quella dedicata alle poesie sui personaggi, dei quali con stringate battute riesce a vedere e a fissare, come in uno scatto fotografico,  il lato caratteristico di ciascuna identità. Sfilano l’uno dopo l’altro come sequenze di un film, teso a raccontare attraverso le orme significative lasciate o in itinere la loro vita e quella della comunità  nel suo complesso, fatta di persone, luoghi e sentimenti. Si tratta, come si accennava,  dei veri e propri ritratti, dove riesce puntualmente a centrare l’ “attimo fuggente”, ossia l’essenziale, l’immediatezza e il caratteristico.

Lo fa con un intuitivo sprazzo di luce della sua mente o della memoria, alla pari di una azzeccata fotografia o di una tela ad personam.

Mi aveva detto un giorno: “Quando io scrivo, mi spoglio di tutto e cerco di vedere nei personaggi ritratti solo il lato buono”.

Si spiega così il perché i protagonisti ci appaiono sempre bravi, buoni e simpatici. Il riferimento è ai vari don Pasquale, Mario Stilla, ziCarlo, ziAntonie, Tonino Lu Campanare (Vigilante), Pezzecatidde (Giovanni Gentile), Ninucce lu bibliotecario (Carmine Parracino), Menicucce (Domenico Muscarella), Adelina e Teresina, Don Ciccie (don Ciccio De Majo), Ciccine e Ciccille ( Matteo Orlando e Francesco Resta), Renato (Di Claudio), Michele Cella, Iangeluzze lu barriste (Angelo Orlando), Padre Antonio (Battista), Raffaele Pintonio, Nicola Nardella (rinomato medico in emergenza e cavaliere al merito), Donato Coco (designer automobilistico) ed altri ancora, la cui penna si appresta a partorire.

Molti di questi nomi sono già stati trattati sul piano biografico.

A lui servono solo come spunti, perché puntualmente riesce a cogliere il lato caratteristico, arricchendolo di novità e pregi, spesso trascurati dai pregiudizi e  offuscati da sentimenti avversi.

Raimondo non si ferma qui, ma affronta, all’insegna del motto “Sì n’artiste” anche il tema dei paesani emergenti. E giù altri personaggi e pagine interessanti, come  Giulia (cadetta all’Accademia della Finanza), Stefano e Ester, Giuseppe e Matteo (tutti e quattro rinomati strumentisti musicali), compreso se stesso. Quindi, si occupa dei luoghi cari e delle tradizioni (“Lu pagghiare, Lu paijése de li vedeve, Lu panecutte, Lu vulìje, Lu mule de Salvatore, Lu parentate, L’aneme delli murte,ecc.).

Raimondo ha scoperta la sua vocazione letteraria solo di recente. Da qui la pubblicazione dei due volumi sopraccennati, dove la forma che eccelle, non è tanto la prosa quanto la poesia. Chi lo conosce bene, può mettere la mano sul fuoco per attestare che non si tratta assolutamente del solito “fulmine sulla via di Damasco”, ma dell’emersione - arrivo alla meta del suo “io” interiore.

Il nostro amico è un “creativo” nato, lo è sia come fotografo, sia come rimatore e poeta. Nel primo caso la  bravura del rimare e dell’assonanza, come quando si suona ad orecchio, gli riviene dal sangue o meglio dai primi insegnamenti ricevuti in famiglia. Tant’è che risulta comune anche ai suoi fratelli, coltivando anch’essi l’hobby della fotografia e della poesia.

C’è di più, il suo irrequieto libero pensiero lo porta costantemente dove va il cuore, cioè a Rignano, pur avendo da quando si è sposato  la sua residenza anagrafica e di lavoro nella città di San Pio. Non per niente quasi tutti i suoi carmi sono intessuti di riferimenti al suo luogo natale. La dice lunga lo stesso titolo del volume e alcune poesie che decantano le sue radici e i luoghi.

Insomma, senza la sua Rignano Garganico, la vita di  Raimondo sarebbe vuota e senza senso.


Un Infermiere fuori dal comune!

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