GENOVA. Perché una persona, nel nostro caso un Infermiere, scrive? Si possono scindere le personalità di un soggetto? Tutte domande, lecite, che prima di noi si sono posti poeti e scrittori come, alcuni tra molti, Foscolo e Tabucchi. Si può scrivere per scongiurare la morte, con la quale molti di noi, Infermieri, hanno o stanno, professionalmente, convivendo, provando a dare immortalità ad un’esistenza che ha come unica certezza la propria fine.
Ugo Foscolo teorizzava che il concetto non muta, resta nel tempo a perpetuare un'esistenza che va oltre la corrutibilità del corpo e la durata della pietra della lapide. Il senso dell'immortalità, la risposta al cristianesimo sull'eventuale esistenza ultra-terrena.
Si può scrivere per l’esatto opposto e cioè, la piena consapevolezza della nostra caducità. La scrittura come uno specchio, in cui si riflette la nostra immagine rovesciata. Specchio in cui il nostro scrivere diviene autobiografia, in una sorta di ricerca del futuro, di anticipazione degli avvenimenti e dello stato dell’anima.
Pessoa, il più famoso Poeta lusitano, reso noto in Italia da A.Tabucchi, sosteneva, usando una bellissima metafora dei giardini in fiore, che l’essere umano che scrive, deve mettere in mostra i fiori più belli, i più allegri. Chi scrive, deve tener nascosto agli sguardi altrui le piante meno belle e le erbacce che ogni giardino possiede.
Per inciso, va ricordato come F. Pessoa abbia lasciato molti scritti compilati con eteronimi. Il tutto non per nascondere la nostra persona, ma per coltivare, come una rosa coltivata, la nostra personalità.
Si può scrivere per sconfiggere la tanta fisicità dei nostri tempi, cercando di ridare la giusta valenza alla mente. Restituendo alla persona, Infermiere o no, quel sano equilibrio immanente che la scarsa propensione, di questo momento storico, alla riflessione ha contribuito a smarrire.
Si scrive, anche, perché si sa che la penna può sfregiare lasciando cicatrici insanabili. Perché è, probabilmente, l’unico mezzo che i non potenti hanno per manifestare il proprio pensiero.
Noi Infermieri amiamo scrivere perché sappiamo che, spesso, uno dei nostri limiti è quello di non riuscire a separare la nostra vita privata da quella professionale, costringendo le nostre varie personalità ad una convivenza estremamente difficile. La nostra esistenza è segnata, per sempre, dalla nostra professione e dalla nostra professionalità, che non si riesce a scindere dai sentimenti comuni ad ogni, comune, persona.
Questa nostra peculiarità, ci rende estremamente sensibili verso ogni forma e momento di ragionamento, diventando uno dei motivi fondanti la nostra passione per la parola scritta. Di più, scriviamo per sdoganare una professione segnata, per troppi decenni, da facili qualunquismi e gretta informazione. Ancora, scriviamo per rendere maggiormente vivo e coeso un mondo di circa 400.000 anime, noi Infermieri, spesso disunito negli obiettivi e nelle aspettative!
Scriviamo per rendere nota la nostra formazione specifica ed il nostro interessamento verso le cose della vita. Noi Infermieri non più soggetti passivi di un mondo in evoluzione, ma attori indispensabili nel mondo, almeno, della salute.
Scriviamo perché un poco narcisisti, soggetti in grado di comprendere aspetti filosofici e artistici della vita che sino a qualche hanno fa non ci appartenevano. Riteniamo doveroso rendere merito a chi si spende nell’esercizio della scrittura perché non è facile trovare il coraggio di esporre le proprie idee e sentimenti.
Non è facile esporsi al giudizio altrui, specie quando non si scrive per professione. Non è facile essere introspettivi e mettere a nudo le proprie debolezze. Non è facile, in questi tempi vorticosi, in cui un’opinione passa velocemente, sovrastata da commenti e nuove notizie, mantenere il passo.
Chiosiamo con un invito a tralasciare ogni debolezza e paura, seppur lecite, e rendere noti i nostri pensieri e le nostre debolezze. Coraggio e sensibilità sono due caratteristiche che ci appartengono, e noi Infermiere abbiamo il dovere di renderle manifeste.
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