È situato al centro del torace, il cuore. Incastrato nella gabbia toracica, vi è protetto. Batte, pulsa. Ha un ritmo che, se incalzante, fa scuotere il petto e le spalle. Quando è forte, può scatenare un movimento sussultante, scosso da una risata o da un singulto. È un organo compatto, ogni sua parte si muove, alternandosi. È pieno, non solo di sangue, ma anche di sentimento. È ripetitivo il suono che produce, se ci si fa caso. Ma è un rumore di sottofondo che non disturba nella sua monotonia perché è un segno vitale di cui talvolta, quando sta male, si monitora e si prende nota. Se si altera, tutto il corpo è in pericolo e si allarma. E se si ferma, si è perduti. Per salvarlo senza avere danno, si hanno solo pochi minuti. Sette, se qualcuno che ha cuore impavido e mani addestrate sa come fare per farlo ripartire.
Danzare significa esprimere un significato con tutto ciò che siamo
Cuore, organo al centro del torace
Situato al centro del torace, il cuore ha la stessa forma per tutte le pelli. Ha il colore del muscolo, rosso e lucido. La grandezza varia con l'età ma poi cresce, si fa grande e palpitante. E in ugual misura, ci fa vivere ed emozionarci con varie intensità.
Che in fondo un cuore è tutto ciò che abbiamo, senza distinzione. La differenza la fa il riempimento, con o senza amore verso sé stessi e verso gli altri. Situato al centro del torace, è il posto giusto. Non so immaginarlo nella scatola cranica togliendo la sede al cervello, nell'addome tra i visceri intestinali, nel bacino al posto delle pelvi.
L'anatomia sarebbe davvero strana se così fosse. O forse siamo soltanto abituati a saperlo lì, dietro le costole, lo diamo per scontato. È un alloggiamento sicuro a prova di traumi, ma non quelli emotivi.
Interpreto così la danza mentre l'organo situato al centro del torace viene messo in scena a teatro dal corpo di ballo “I dance the way I feel ”. Una metà dei ballerini è bianca, l'altra nera. Forse per distinguere la fase sistolica da quella diastolica, il sangue arterioso da quello venoso. O la bontà e la cattiveria, la luce e il buio che ciascuno ha con varie sfumature e senza netti confini.
Gli aggraziati corpi femminili si fanno cuore e ne diventano uno solo in un corpo unico. Sono cuori di donna che un tempo hanno battuto in corpi malati e che ora, dopo cure lunghe e pesanti nelle vene, danzano nella gioia incontenibile della ritrovata salute per esprimere al mondo la gioia di essere vive. Di sorridere. Di divertirsi. Realizzo che è ancora più bello accorgersi della felicità degli altri.
Mi sorprendo a guardarle non più con gli occhi di una sanitaria. Sono donne tornate libere che non siedono più sulle poltrone di lillà. Hanno corpi sani, flessibili, eleganti. Dopo il degrado della malattia che abbruttisce e ferisce, può esserci il risveglio e il vedersi nuovamente belle allo specchio e nello sguardo degli altri.
L'annuale spettacolo, organizzato dall'Associazione Amici del Quinto Piano e dalla Fondazione San Bortolo con il patrocinio dell'Ulss 8 Berica , si è svolto il 7 ottobre al teatro S. Marco, a Vicenza. L'evento ha l'obiettivo di raccogliere fondi per la realizzazione dei progetti in favori del reparto di Oncologia Medica, come il supporto psicologico ed alimentare.
È stato realizzato con le suggestive e significative coreografie di numerose compagne di danza contemporanea locali (Cuca, Snap, e20danza, Spazio Me.Mo, I dance the way I feel).
Oltre la malattia e l'ospedale, oltre i conflitti tra esseri umani e le sofferenze degli uomini, esistono persone che sognano un mondo che danza. Danzare significa esprimere un significato con tutto ciò che siamo. Ossa, tessuti, anima.
Situato al centro del torace è la partenza di un viaggio che mostra la fragilità della persona ma allo stesso tempo la forza che ti aiuta ad affrontare le prove che la vita ti presenta , spiega la danzatrice Lucia Gaviani illustrando il significato della coreografia di Michela Negro e Simone Baldo . Ma soprattutto dice: Respira, respira, alleggerisci il peso, fallo uscire. Esci, non chiuderti nel dolore. Crea relazioni, abbracci. Danza come puoi ma danza .
Quando ho saputo che Noemi (Meneguzzo, ideatrice del progetto, ndr.) ci aveva lasciati per passare oltre, mi è sembrato di soffocare. Il mio torace compiva tutti quei movimenti, ripetuti innumerevoli volte, che servono a respirare ma non arrivava nulla ai polmoni. C'era un vuoto, un buco enorme attraverso il quale l'aria sfuggiva ed io boccheggiavo disperata cercando parole al telefono con un'amica. Quel buco c'è ancora ma nella danza, in altri movimenti compiuti tante volte ma sempre nuovi con amici e sconosciuti, ho imparato un'altra volta a respirare , si confida la danzatrice Chiara Trentin.
Situato al centro del mio torace adesso c'è un varco. Talvolta fa ancora male ma io so che è anche un passaggio per l'aria, la luce e la gioia. Ad un certo punto la coreografia Marzia Filatondi, che è una ex paziente, ci ha fatto gridare vivi, ridi, emozionati! Per significare come la vita sia un parco di divertimenti che bisogna ricordarsi di tenere attivo, acceso. E di non lasciarsi avvolgere da quella parte di società che è spenta, poco altruista e poco positiva .
Le donne che hanno conosciuto e superato il dolore fisico e psicologico della malattia oncologica diventano più forti conservando nella nuova vita in benessere quella fortezza che hanno manifestato durante i trattamenti medici e chirurgici.
Le altre donne che hanno avuto il privilegio di conoscerle durante e dopo il loro percorso terapeutico, accompagnandole empaticamente, assorbono un po' del loro vigore e dell'amore per la vita che esprimono.
E tutte portano testimonianza, ancor più preziosa nel mese rosa dedicato alla prevenzione per la salute al femminile. La medicina oncologica moderna – che è predittiva, preventiva, personalizzata e partecipativa – ricorda ad ogni donna di ricordarsi di sé stessa, non solo ad ottobre.
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