Gentile Direttore,
scrivo come infermiere turnista dipendente di una struttura sanitaria siciliana, che ha seguito − negli ultimi mesi − gli accesi dibattiti sulle competenze specialistiche infermieristiche avanzate da IPASVI già contenute nella Relazione programmatica per il 2014 stilata durante l’assemblea ordinaria del Consiglio Nazionale IPASVI del Febbraio 2014.
Come prefazione alla relazione il Presidente IPASVI, dopo una sintesi sulla correlazione tra contesto sociale attuale e sistema sanitario, riferendosi alla professione infermieristica, scrive:
le criticità e le difficoltà sono prevalentemente dovute al mancato reintegro del personale, all'aumento dell'età media degli operatori dedicati all'assistenza, alla lentezza con cui si definiscono e affrontano i cambiamenti nel SSN di cui vi è evidente necessità, dopo oltre 30 anni dalla sua attivazione
Parla poi, per quanto concerne la progettualità della Federazione Nazionale IPASVI, delle famose competenze infermieristiche avanzate, meglio definite anzi come “specialistiche”.
E qui io entro, sinceramente non poco, in confusione e il primo dubbio che mi assale è quello che si creino ulteriori percorsi formativi universitari che continuino a fare da stallo per tutti i laureati infermieri che proprio per i problemi sopraesposti dalla presidente non trovano ancora oggi dignitosa collocazione, a solo esclusivo beneficio delle università.
La seconda riflessione mi porta a valutare lo stato attuale delle cose e cioè: come mettere la persona giusta al posto giusto che a mio avviso non è problema da poco. Raramente mi è successo difatti di vedere un infermiere legale far parte del comitato etico o della commissione rischio clinico di una azienda, di vedere un laureato magistrale spendere il proprio titolo o un collega con master in area critica lavorare in una rianimazione.
Piuttosto mi succede di vedere il contrario e cioè: infermieri generali lavorare nei reparti pediatrici, infermieri con laurea magistrale e formazione personale di tutto rispetto lavorare come ferristi in sala operatoria, infermieri senza alcuna formazione specifica essere chiamati a coprire le carenze di personale nei reparti che richiedono invece “competenze specifiche”. E alla fine della fiera, infermieri che rivestono anche il ruolo di operatori socio sanitari per mancanza degli stessi.
Per non scendere nello specifico della sanità privata dove il riconoscimento delle “competenze” è pura utopia e dove ancora oggi tutti possono fare tutto.
Con questo voglio dire che a volte le aspettative devono fare i conti con la realtà, cara Presidente Silvestro. Creare degli “specialisti” per dare dignità alla professione vuol dire in primo luogo garantire alla fine di un percorso formativo il corretto inserimento e il corretto riconoscimento economico contrattuale. Al contrario sarebbe INDIGNITOSO. E questo presupposto sembra proprio non esserci al momento, dato che si paventa uno sciopero generale per mancanza di adeguamento contrattuale della categoria previsto fino al 2015 almeno.
Forse sarebbe il caso di adottare il procedimento inverso facendo un ragionamento deduttivo.
A dirla tutta sembra piuttosto che la Federazione IPASVI si sia resa conto di aver perso valore agli occhi degli infermieri e che stia cercando nella storia delle “competenze specialistiche” solo un sistema di rifidelizzazione degli iscritti. Non posso difatti condividere le sollecitazioni, della Presidente Ipasvi fatte nel corso di una intervista alle categorie sindacali quasi ritenute responsabili della attuale penosa condizione economica della categoria infermieristica. Questo è un rimbalzo di palla.
Il problema è sicuramente anche sindacale – e in particolare il Nursind, sindacato di categoria, si è attivato con veemenza dichiarando un percorso diretto allo sciopero generale – ma è prima di tutto una responsabilità diretta dell’IPASVI in quanto “lo Stato delega alla Federazione IPASVI la funzione, a livello nazionale, di tutela e rappresentanza della professione infermieristica degli iscritti ….” E non mi pare che in questa gran confusione si intraveda alcuna forma di tutela professionale.
Per quanto riguarda la rappresentanza poi, grazie mille ma preferiamo fare da soli.
Dott.ssa Agata Cocco
Infermiere
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