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L’assistenza post-acuta nell’anziano complesso e il nursing case management

di Alessandro Adduci

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MILANO.  In questi ultimi anni si sono verificati nel nostro paese una diminuzione del tasso di mortalità e l’aumento della speranza di vita alla nascita (attualmente pari a 78,8 anni per gli uomini e 84,1 anni per le donne). Come conseguenza è aumentata la popolazione in età avanzata e sono aumentate anche le malattie associate all’età. Gli anziani “più giovani”, in buona o discreta salute, richiedono interventi specifici e limitati nel tempo all’insorgere di una malattia. Gli anziani “più vecchi” richiedono interventi terapeutici e assistenziali altamente specializzati, di lunga durata o continuativi, per l’elevato numero di patologie croniche e disabilità.

 

La disabilità fisica aumenta con l’età e colpisce più le donne (34%) che gli uomini (25%) ultrassentacinquenni. Dopo gli 80 anni il 6% degli uomini e l’8% delle donne risulta totalmente non autosufficiente. Oggi si tende a pensare in molti casi che il ricovero di anziani negli ospedali sia inappropriato data l’irreversibilità di certe condizioni cliniche.

 

L’ospedale infatti non è un luogo dove si può ricevere un’assistenza generica, ma un luogo dove sono possibili interventi mirati e altamente tecnologici o scientifici. Tuttavia i dati in nostro possesso evidenziano che gli anziani non affollano affatto gli ospedali né il Pronto Soccorso. L’aumento degli anziani ricoverati tramite Pronto Soccorso è proporzionale all’aumento dell’età ed è comunque di poco superiore alla percentuale del resto della popolazione. Infine è stato calcolato che il 12% dei degenti anziani degli ospedali è affetto da demenza.

 

Nei casi di assistenza post acuzie, tuttavia, l’ospedale non può più farsi carico di erogare cure efficaci e di lunga durata. Perciò quando il paziente ha raggiunto un quadro di stabilità clinica viene dimesso, ma con terapie da proseguire e controlli da eseguire sull'efficacia delle terapie stesse (perché altrimenti la dimissione sarebbe stata impropria).

 

Delle volte lo stato funzionale del paziente è più compromesso rispetto a quello precedente la malattia che ha indotto il ricovero. Allora, come si può oggi organizzare l’assistenza post-acuta della popolazione anziana, in modo che sia compatibile con le risorse finanziarie di cui si dispone? Il problema riguarda da vicino le strutture per anziani. In queste strutture l’anziano arriva non per bisogni sociali (la solitudine di cui altrimenti soffrirebbe a casa), ma per bisogni clinici accertati.

 

Emergono alcune considerazioni. Chi deve accertare questi bisogni? Il medico di medicina generale è colui che consente di ridurre i costi, ma ha solo alcuni livelli di competenza. Deve farsene carico l’ospedale da cui l’anziano viene dimesso? Le strutture per anziani devono assicurare interventi riabilitativi adeguati agli anziani, sia perché potrebbe trovarsi nella condizione di continuare un iter già iniziato, come nella frattura di femore, nell’ictus, ecc., sia per evitare l’immobilizzazione indotta dalle circostanze dell’assistenza.

 

Bisognerebbe evitare il ricovero permanente in una struttura per anziani, oppure il passaggio dell’anziano ad una casa di riposo, dove arrivano normalmente persone anziane con uno stato generale molto compromesso. L’anziano, riconquistato un buon livello di salute, deve essere messo in condizione di tornare a casa. Negli ultimi anni, l’epidemiologia dei bisogni è cambiata anche in ambito riabilitativo-assistenziale.

 

Certamente ha contribuito una crescita esponenziale dell’età media della popolazione, la compressione della disabilità verso le fasce di anziani complessi, con decadimento cognitivo e con patologie in fase post-acuta, dimessi precocemente dagli ospedali per la pressione esercitata dai nuovi sistemi di remunerazione delle degenze.

 

La riabilitazione e l'assistenza infermieristica di tali soggetti richiede grandi competenze e sensibilità rispetto alle malattie croniche e alla disabilità. Una forte integrazione tra professionalità ed una comune competenza multidisciplinare possono offrire una risposta adeguata e in tale prospettiva strategica si colloca il modello del case management.

 

E’ in questo sistema organizzativo così complesso di personalizzazione del processo di cura e interventi individualizzati di reinserimento sociale, migliorando la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie che diventa necessario inserire la figura dell'infermiere case manager. L’obiettivo generale è la presa in carico olistica e il miglioramento della qualità di vita e assistenza dell’anziano e della sua famiglia, favorendo il rientro al domicilio.

 

Tale obiettivo è agevolato dall’ approccio multidisciplinare in un percorso assistenziale individualizzato nell’ambito della rete dei servizi, l’appropriatezza delle cure, attraverso il modello organizzativo assistenziale del case management, o gestione del caso. Tale modello si propone come strumento empirico, nella realizzazione di percorsi di cura, atto a favorire l’efficacia e il controllo dei costi attraverso la massima individualizzazione delle risposte ai bisogni dell’anziano: decadimento cognitivo, gestione delle complicanze cliniche e funzionali, assistenza quotidiana, gestione delle terapie, formazione addestramento e supporto al care giver.

 

Altro obiettivo è la definizione del piano riabilitativo assistenziale individuale con strutturazione organizzativa dei percorsi integrati alla dimissione per una continuità assistenziale.

 

Concludendo, non si vuole imporre un modello organizzativo-assistenziale , ma si vuole creare uno stimolo per ulteriori approfondimenti e riflessioni. In un’ era di forti cambiamenti nel campo sanitario come quelli che stiamo vivendo, occorre trovare modelli innovativi di controllo dei costi e di contestuale incremento della qualità dell’assistenza all’anziano fragile, ottimizzando i livelli di autocura dell’anziano e della sua famiglia, fornendo qualità e continuità, riducendo la frammentazione delle cure, accrescendo la qualità di vita e aumentando la soddisfazione dell’utente.

 

Il case management offre, inoltre, alla intera equipe l’opportunità di dimostrare le competenza e i ruoli, all’interno del gruppo assistenziale multidisciplinare.

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