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Arriva il momento in cui ti senti la vita in mano. La vita di qualcuno in mano.

di Manuel Berardicurti

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Arriva il momento in cui ti senti la vita in mano. La vita di qualcuno in mano.
Non hai neanche tanto intenzione di tenerla stretta perché non ci hai fatto caso fino ad ora. E' come se salutassi con un abbraccio fortissimo una persona che hai visto un paio di volte, di sfuggita e al massimo ti ricordi il nome.

Una cosa che mi mancherà quando non ci sarò più, è il tornare a casa alle dieci del mattino dopo aver passato una notte fuori sveglio, a lavorare come infermiere domiciliare, dove di notte, quando il paziente finalmente ti dice che ha intenzione di addormentarsi e non sente più il peso dell'estraneo che ha accanto, ti lascia studiare il suo battito cardiaco, il suo respiro che diventa morto e vivo in meno di qualche secondo.


Tu che gli tieni la mano e senti che stai prendendo qualcosa, stai perdendo e prendendo qualcosa. Credo fermamente che tutti debbano passare una esperienza simile. Fare la veglia ad uno sconosciuto che ogni tanto ti chiede di spostargli il cuscino perché è impossibilitato visto le sue patologie, tante anche neuronali, ti forgia. Ti crea cicatrici serene.

 

Lui si sveglia e ti chiede alle tre di notte: "Samuel, mi chiami mio Fratello"? E tu, che ormai hai esperienza gli dici con tono tranquillo, "Certo, lo chiamo, ma che dice, sarà felice di sentirla alle tre del mattino"? No, hai ragione, mi rimetto a dormire. Grazie. Prego, per qualsiasi cosa sono qui.

 

Per qualsiasi cosa sono qui.
Per qualsiasi cosa, sono qui.
Per. Qualsiasi. Cosa. Sono. Qui.

 

A quante persone l'avete detto veramente? 

 

Fermatevi un attimo a pensare alla mole incredibile di persone che hanno fatto parte della vostra vita, per quanti eravate veramente indispensabili?

 

Io amo essere indispensabile nelle ore notturne, dove gli altri che si rendono abbastanza utili di giorno, la notte o pensano, o dormono, in entrambi i casi non vivono questa esperienza di monitorare gli scatti di sonno di un anziano, o di un giovane molto sfortunato con un osteosarcoma vai a capire perché a lui.

Salutare, alle nove del mattino dopo averlo lavato. E' la parte che più adoro.

 

Lavare il pene ad una persona che non avrebbe mai pensato una cosa simile da giovane, è un momento delicato e fortissimo.

Passare dietro l'imbarazzo, senza sentirlo, anche sentendolo e magari senza aver bisogno di scherzarci su. Non si scherza quando non puoi toccarti il pene da solo e lo deve fare qualcun altro per te, al tempo stesso non si deve neanche essere troppo seri.

 

Neanche chiedere continuamente - Le faccio male? Le va bene così? - Potrebbe pensare - ma tu quando ti lavi le parti intime, ti tamponi o strofini? Fai la stessa cosa no?-  Insomma, di pensieri con un organo genitale maschile in mano, te li fai sempre. Soprattutto se non è il tuo.


Quando l’organo che tocchi non è il tuo te ne vengono parecchi, ma ti affidi alla tecnica, alle linee guida, al silenzio della notte e all'utilità di quello che stai facendo.


La mattina dopo un turno sveglio, fai colazione, da solo, con i tuoi pensieri in un bar che non conosci.

 

Finalmente, in una zona sperduta di mamma Roma, finalmente e parlare con il barista come se fosse il il tuo migliore amico.

 

Gli vorresti chiedere se mai pensa che un giorno un infermiere possa lavarlo, magari quando avrà il quadruplo degli anni. Se rimarrà in silenzio e non farà battute in quel momento particolare. Empatico. Forte.

 

Poi non lo faccio, lascio la mancia e me ne torno a casa.

 

Mi sono innamorato poche volte nella mia carriera da Infermiere, che non ha ancora trovato una fine ed è troppo lontano dall'inizio, ma una cosa è certa, quando una persona si fida ciecamente di te, è difficile venirmi a dire che preferite essere degli avvocati o dei ricchi benestanti.
 
E' tutta una questione di stanza, casa, degenza, di chi sta in silenzio e di quello che si dice.

 

E del sole del mattino, dopo le cure igieniche.

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