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La dignità viene prima di tutto

di Marco di Stefano

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Marco Di Stefano

Ricordo, quando iniziai questo lavoro, ero follemente innamorato di questa professione.

La prima notte in corsia, la vissi con una enorme emozione, tanto ero fiero di indossare quella uniforme.

Pensavo che finalmente avevo il mio posto in questa società.  Dopo tanto tempo appartenevo a qualcosa. Avevo la mia identità.

Quando ci fu il sisma in Abruzzo, all'indomani partii volontario, perché volevo fare la mia parte e la feci davvero. Per tanta gente feci la differenza, con tanto di articolo su un giornale locale.

 

Quando adesso riguardo le fotografie di quei tempi,  vedo una persona che non esiste più.

Nel corso della mia carriera, causa gli eventi ben conosciuti del nostro panorama nazionale, ho cambiato diversi ospedali e cliniche. Solo contratti a tempo determinato, coperture gravidanza, promesse di assunzioni, mai mantenute.

 

Ho lavorato impeccabilmente in ogni struttura dove sono stato, non ho mai ricevuto un richiamo o una lettera di contestazione. Mai stato un giorno in malattia. Mai arrivato tardi una sola volta. Mai arrivato al lavoro con la barba non fatta.

Ho ricevuto spesso elogi dai miei Coordinatori.

Ma, alla fine dei giochi, mi sono reso conto che non serve a nulla essere come sono. Ma sono fatto così.

Diverso da chi se ne frega del proprio reparto.

 

Differente da chi usa il diritto alla malattia come se fosse un giorno di ferie oppure come arma di ricatto. 

Di chi arriva al lavoro continuamente in ritardo, sbattendosene del collega al quale deve dare il cambio.

Di chi porta questa divisa come fosse uno straccio sporco.

Di chi lavora con negligenza.

 

Oggi, non si viene valutati per ciò che si è ma al contrario, non si viene valutati proprio. Oppure se valutati, si è tutti uguali, ma con una valutazione che parte dal gradino più basso.

Quando terminano i contratti, ti sbattono fuori, comunque, come un cane rognoso.

 

Hai lavorato bene, hai lavorato male, è lo stesso, non fa nessuna differenza. 

Penso spesso a quelle espressioni odiose, che hanno i Capo Servizi, addetti alla comunicazione del tuo licenziamento. Sguardi di compatimento, di pena, di finta solidarietà ma glielo leggi in faccia che non gliene frega niente, perché tu, per loro, non sei niente.

 

Per te, invece, loro, la struttura, erano tutto. Il tuo posto di lavoro, il reparto, erano la tua vita. Poi, con il tempo ti rendi conto, che prima eri solo un numero su un tesserino, dopo sei solo un numeretto cancellato su un pc.

Bello e sotterrato, con il tuo bel curriculum che ti fa da lapide.

Va a finire sempre così, come un ritornello, cantato ripetutamente...!!!!

 

Le cose che ho visto, il lavoro sottodimensionato, lo sfruttamento, il non vedere riconosciuta la tua professione e la tua professionalità.

 

Il dover valutare sui  piatti di una bilancia, quello che dicono, insegnano e scrivono i nostri Collegi e le nostre Università, con quello che realmente è il nostro lavoro; completamente tutta un'altra cosa in senso negativo. Sono tutte menzogne che servono solamente a rendere possibile e plausibile la propria esistenza.

Leggo articoli su quanto è bello fare l'Infermiere e su quali possibilità si stanno aprendo e si apriranno per questa professione, poi penso, alla mera retorica inconsapevole, di chi li scrive.

 

Perché non è così che funziona in Italia. Sono solo "specchietti per le allodole", forse, per reperire altri futuri disperati!

Vedo sindacalisti che girano negli ospedali con passo da imprenditori.

 

Guardo colleghi delle cooperative, che con la testa bassa, annaspano tra le corsie, convinti di ottenere qualcosa dalle loro fatiche. Ma che non vogliono vedere la reale situazione nella quale si sono infilati. Perché stanno favorendo un sistema sanitario, che ha il solo obiettivo di pagare molto meno la loro manodopera.

 

Vedo funzionari di ospedali e cliniche, che durante i colloqui per l'assunzione, se fortunosamente te li concedono, dirti che hanno un grande esubero di personale infermieristico, ma poi ti rendi conto che nello stesso momento stanno coprendo il loro fabbisogno di forza lavoro con gli Infermieri delle Cooperative.

 

Osservo i politici dire, che approveranno leggi per le assunzioni di Precari, ma poi ragionandoci sopra, scopro che è solo mera propaganda elettorale e che non cambierà niente.

Sento tante parole, parole, parole, ma a dirla come E. M. Remarque «Evocano, in me, tutti gli orrori del mondo».

Spesso mi ronza nella testa, la frase, «carne da cannone», ma è questo che siamo? 

 

Non ho mai accettato di aprire Partite Iva, di entrare in una cooperativa. Non mi sono mai abbassato nel rendermi complice di un sistema corrotto e negligente.

Preferisco, se verrà, una onorevole disoccupazione.

Perché voglio, una volta nella mia vita, mantenere un principio.

 

Il sacrosanto Principio che si chiama DIGNITÀ!

La mia dignità non la baratto, chinandomi di fronte a questo sistema CORROTTO, tipico dell'Italia.

Non me ne andrò nemmeno all’estero per poter esercitare la mia professione.

 

Perché io non scappo.

 

Con questo articolo, voglio ricordare a tutti quanti che la dignità viene prima di tutto, delle Cooperative e degli appaltucci Pubblici.

 

Perché solo così, noi Infermieri, rifiutando di leccare le scarpe al potente di turno e di renderci partecipi, favorendo, questo sfacelo, potremo ottenere qualcosa.

 

Altrimenti, prestissimo questa professione sarà pari, se non inferiore, ad andare in estate a raccogliere i Cocomeri, nella splendida e soleggiata Pianura Pontina, poco più a sud di Roma.

 

Terremoto a Sant'eusanio Forconese-L'Aquila 7/4/09 ore 19,45.

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Marco Di Stefano

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