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editoriale

La competenza dell'incompletezza

di Marco Alaimo

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PISTOIA. In questi giorni basta aprire il computer e cercare un po’ di notizie del mondo sanitario che subito ci scontriamo con le tanto famose e bollenti competenze infermieristiche. Ho letto tantissimi commenti nei vari quotidiani e ognuno naturalmente ha cercato di fare luce sulla realtà lavorativa conosciuta, portando la propria esperienza come prova dei fatti.

 

 

Ho letto con piacere di tanti infermieri orgogliosi e pronti alla lotta, altri un po’ più spaventati ma sicuramente tutti uniti nel voler far riconoscere qualcosa che di fatto già esiste, ovvero l’aumenta competenza e autonomia su moltissime procedure e attività sanitarie. Ho sentito di molti medici, tanti contrari, alcuni invece realisticamente felici di questa nuova sfida nella sanità italiana. Certo basta poco per essere felici di queste nuove “conquiste” solo osservando cosa fanno oltre manica oppure oltre oceano i colleghi NURSES; senza ovviamente togliere ne la diagnosi, ne la cura medica ai dottori in medicina.

 

Di questo credo che ai dottori infermieri non interessi molto, interessa sicuramente il prendersi cura e in carico dell’assistenza generale infermieristica, e con le competenze avanzate gestire in autonomia (decisionale e di responsabilità) ciò che è di solo ed esclusivo interesse infermieristico. Si parla molto bene di equipe multidisciplinare e di integrazione interprofessionale nella teoria, ma nella realtà colui che si sente al di sopra delle parti in quanto detentore di “assoluta competenza” sulla salute dell’uomo in genere è il medico.

 

E questo lo dico con dispiacere, visto che moltissimi studi internazionali evidenziano come una collaborazione vera e integrata possa veramente essere un modello qualitativo e di utilità nella gestione della salute dei cittadini. Io come tanti colleghi abbiamo un ottimo rapporto con i medici e con tutti gli altri professionisti della sanità e credo che nel cuore e nella mente di molti infermieri non ci sia nessuna voglia di “sconfinamento” nel campo dell’altrui sapere. Sicuramente c’è voglia di chiarezza non tanto per riempire le riviste, ma piuttosto per gli altri professionisti e per i cittadini che sempre più apprezzano la vicinanza degli infermieri, sia per le competenze scientifiche (che non mancano) ma sopratutto per l’intensità delle cure e delle relazioni a loro rivolte.

 

Vi è un documento molto interessante del 2010 delle società scientifiche adottato dal Consiglio Sanitario Regionale della Toscana dal titolo “ La riorganizzazione delle attività di ricovero negli ospedali toscani” (Toscana medica) in cui si legge che : "… tra le problematiche da sviluppare dobbiamo annoverare anche la presa in carico interprofessionale del paziente, che è materia per un tavolo allargato alla rappresentanza degli infermieri e delle altre professioni sanitarie (..) Alcuni problemi, inerenti ad es. allo skill mix nelle nursing units polispecialistiche e alla microsociologia del mutato ambiente di lavoro, hanno non solo assoluto bisogno di una riflessione in comune, ma anche una particolare urgenza di tradursi in piani di intervento, dal momento che la messa in opera dell’intensità di cure è già in atto.”

 

Ma oltre questo piccolo stralcio di documento scritto qualche tempo fa, in questi giorni abbiamo riletto un documento  presentato da alcuni medici e in particolare il Collegio dei Primari di Anestesia e Rianimazione del Triveneto che parlano di competenze dell’infermiere. Mi piace far notare che se da un lato alcuni si stracciano le vesti per “lesa maesta”, altri sperano in competenze avanzate degli infermieri proprio in campi delicati come ad esempio quelli dell’anestesia e rianimazione.

 

Di questo documento vogliamo riportare i passaggi più interessanti: “..l’età media dei pazienti e la comorbidità è invece aumentata: sebbene l’anestesia sia più evoluta, dobbiamo trattare pazienti sempre più fragili e il limite dell’operabilità è quasi scomparso. Tutto ciò richiede una presa in carico del paziente ed un monitoraggio sempre più complessi. (..) La gestione intra e perioperatoria del paziente non può essere garantita solo dall’anestesita: la presenza di un infermiere con “competenze avanzate” in anestesia garantisce la sicurezza in tutto il percorso rafforzando la gestione di fasi critiche quali: presa in carico, monitoraggio, gestione e somministrazione di farmaci, gestione di eventuali emergenze. (..) l’infermiere non è più, come in passato, solo di “supporto” o di “aiuto” all’anestesita, ma svolge un ruolo AUTONOMO E NON SOSTITUIBILE".

 

Questo è un altro tra i tanti esempi che nelle realtà italiane esiste, quindi risulta chiaro come gli infermieri non stanno chiedendo nulla di nuovo o di superiore, ma stanno solo sollecitando ciò che di fatto già gli appartiene. E’ necessario per il bene di tutta la collettività e per la salute dei cittadini riconoscere pubblicamente ed economicamente queste competenze, non tanto per appendere un certificato di merito al petto degli infermieri, ma piuttosto per pianificare ognuno secondo le proprie competenze e specialità la presa in carico del cittadino che richiede professionisti uniti e centrati sulla propria salute.

 

Gli infermieri ci sono e ci sono sempre stati, ora più che mai. Siamo dalla parte dei cittadini e della società, vogliamo garantire sempre più professionalità ed eccellenza con competenza scientifica, umana e relazionale nel gestire il più grande bene che ognuno di noi può avere la “salute”.


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