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Istituire l'albo speciale per gli infermieri dipendenti

di Mauro Di Fresco

La proposta porterebbe a sotterrare l'ascia di guerra tra Ipasvi e sindacati

albo specialeUn gruppo di infermieri iscritti al Nursind di Alessandria hanno proposto una vertenza in tribunale per ottenere il rimborso delle quote dovute all’IPASVI a titolo di iscrizione all’albo.

volantino nursind

volantino nursind

Il tribunale, differentemente da quello che il sindacato vuole far intendere con un abile gioco di parole evidentemente per indurre altri ad associarsi, ha dato torto al sindacato.

Il volantino porta il lettore a collegare la causa proposta dal sindacato con la vittoria in Cassazione, in verità, relativa a un avvocato e non agli stessi infermieri.

In poche parole la lettura fuorviante ci porta a collegare gli infermieri iscritti al NURSIND che hanno citato l’ASL, con «Ora la Cassazione conferma che l’amministrazione deve pagare».

Niente di più fuorviante.

Diciamo come stanno le cose; la causa è stata persa.

È stata persa perché il giudice ha applicato il punto di diritto alla tipologia speciale dell’avvocato che, in definitiva, si differenzia sostanzialmente dall’infermiere; pertanto l’obbligo di pagare la quota IPASVI non può sorgere da nessun diritto sostanziale lamentato perché non è possibile applicare analogicamente all’infermiere, le deduzioni di diritto che appartengono alla speciale categoria forense.

Tornando tra breve sulla questione, esprimendo ovviamente il parere ufficiale dell’A.A.D.I., non è la prima volta che i sindacati fanno un buco nell’acqua.


Così anche le recenti due sentenze del tribunale di Roma che hanno rigettato il “tempo tuta” proposto da NURSIND contro il Policlinico Gemelli e contro la storico fortino Nursind dell’ospedale San Camillo.

Con sentenze nn. 4534 e 4535 del 5 maggio 2015, definitivamente pronunciando, il giudice ha rigettato i ricorsi deducendo che non risulta un obbligo imposto dal datore di lavoro agli infermieri, di presentarsi in divisa all’orario fissato per l’inizio delle attività lavorative soprattutto perché agli atti non risulta allegata nessuna disposizione né una fonte del diritto e, comunque, non avrebbe potuto liquidare il danno patrimoniale perché i ricorrenti (rectius: gli avvocati dei ricorrenti) non hanno neppure allegato al ricorso la prova del tempo impiegato per la vestizione/dismessione vantata (timbrature in entrata e in uscita).

Premesso che l’A.A.D.I. è a favore dei colleghi ricorrenti e insiste sul fatto che sussiste l’obbligo di retribuire il tempo tuta, si deve concordare, purtroppo, con il tribunale che ha assegnato l’onus probandi esclusivamente ai lavoratori che richiedono il diritto di credito, in quanto non si verte in tema di diritti contrattuali ma di diritti di credito nascenti dal rapporto di lavoro.

Premesso ciò, i colleghi hanno presentato un ricorso del tutto carente sia sotto il profilo dell’an che del quantum debeatur, cioè non hanno citato l’articolo contrattuale contenuto nel C.C.L. del Policlinico Gemelli che obbliga il personale ad indossare la divisa e presentarsi in servizio all’inizio dell’attività lavorativa il cuoi orario è precisato dal contratto.

Peraltro non hanno prodotto neppure i conteggi relativi ai minuti timbrati retroattivamente per 5 anni dalla presentazione della domanda giudiziale o dalla diffida.

Sorvolando sulla questio iuris sopra evidenziata e sperando nell’accoglimento dell’eventuale impugnazione, ritorno alla questione della tassa/imposta dall’IPASVI.

L’A.A.D.I. sostiene quanto dedotto dai colleghi iscritti al Nursind perché non è elemento caratterizzante l’istituto dell’esclusività appartenere o meno ad un albo speciale.

Per capirci: l’albo speciale a differenza dell’albo ordinario, rileva solo ai fini dell’esclusività nel senso che, attesa la funzione dell’albo che è quella di accreditare i professionisti in quanto tali e di porli a disposizione dei terzi ovvero della clientela, l’albo tout court è finalizzato ad indicare alla clientela i liberi professionisti che vogliono e possono offrire le proprie prestazioni.

L’esistenza di un gruppo di professionisti vincolati dal rapporto di esclusività anche parziale (si pensi alle prestazioni occasionali) è stato affrontato da molti Ordini professionali attraverso la netta separazione tra le due tipologie di professionisti ovvero con la creazione, accanto al comune albo professionale, dell’albo c.d. speciale.

L’albo speciale accredita i professionisti dichiarandoli “non liberi” di svolgere la professione a favore di chi lo chieda cioè dei terzi clienti ma, nel contempo, permette un controllo di accreditamento professionale da parte dell’Ordine ai fini della lotta all’abusivismo.

Ed allora perché si è detto finora che gli infermieri subordinati non sono obbligati ad iscriversi all’albo?


Perché a differenza degli avvocati, non esiste una sanzione diretta che punisca gli infermieri subordinati non iscritti all’albo ovvero, diversamente, l’esclusività degli avvocati, al pari degli altri professionisti laureati, è indennizzata a differenza degli infermieri che è invece obbligata ex contractus.

Questa palese discriminazione, ha costretto diversi esperti del diritto a rilevare la differenza di trattamento riservata agli infermieri.

In poche parole: se vogliamo accreditare l’infermiere come professionista obbligandolo ad iscriversi nell’albo IPASVI a garanzia della sua professionalità, benché subordinato e sottoposto al vincolo di esclusività, dobbiamo indennizzarlo affinché sia libero di scegliere se spendersi totalmente per il datore di lavoro oppure optare per un sistema misto cioè libero-professionale e subordinato.

La prova assoluta di tale mia tesi argomentativa è fornita dall’art. 13 del D.P.R. 5 aprile 1950 n. 221 che recita: “L’iscrizione nell’albo dà diritto al libero esercizio della professione …”.

Quindi, operando la tecnica esegetica della reductio ad absurdum per gli infermieri su cui grava il vincolo di esclusività, si potrebbe rileggere la norma in questi termini: “L’iscrizione nell’albo per gli infermieri dipendenti subordinati non dà diritto a nulla”, ergo, quale controprestazione o vantaggio trarrebbero tali infermieri dall’iscrizione all’albo”? Nessuno!

La giurisprudenza tributaria in moltissime pronunce ha sempre escluso il pagamento delle tasse quando la P.A. non ricambia l’utente con il servizio oggetto della tassa (vedi per esempio la giurisprudenza sulla tassa rifiuti). Parimenti non si vede quali servizi possa mai erogare l’IPASVI agli infermieri impediti alla libera professione da un vincolo, secondo me, anacronistico e offensivo.

L’albo speciale per gli avvocati esiste in virtù dell’art. 3, comma 4, lett. b), R.D.L. n. 1578 del 1933 (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore) e presuppone che gli stessi prestino la loro attività negli uffici legali organicamente istituiti con diritto pubblico vincolati dal regime di esclusività: non possono difendere nessun altro se non il proprio datore di lavoro.

Questo è il presupposto di diritto che il giudice di Alessandria avrebbe dovuto rispettare.

Diversamente da come sostenuto dal volantino Nursind che ha applaudito alla prima pronuncia della Cassazione sul punto, già in precedenza, in verità, la giurisprudenza si era pronunciata positivamente ma nessuno di noi ne aveva considerato la portata effettiva personale cioè sul piano dell’IPASVI.

Difatti le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con la sentenza 15 settembre 2010, n. 19547 hanno affermato che l’esclusività degli avvocati deve essere accertata con riferimento ad una valutazione sostanziale della natura delle attività svolte dal dipendente e deve essere esclusa quando accanto a compiti riconducibili all’attività di assistenza e rappresentanza e difesa dell’ente, lo stesso svolga mansioni amministrative, o comunque, di natura diversa.

Applicando le SS.UU. alla nostra categoria, si può certamente affermare che l’infermiere svolge esclusivamente e compiutamente la professione di infermiere (a parte le atipicità patologiche che assume il demansionamento che con il risarcimento viene formalmente annullato riconducendo il rapporto su un piano legale) e che, pertanto, a tale esclusiva finalità è indirizzata l’iscrizione al Collegio IPASVI.

Non v’è dubbio che il tribunale di Alessandria ha errato nell’interpretare il diritto rigettando il ricorso proposto dai colleghi e che tale errores in iudicando debba essere corretto fino alla Suprema Corte di Cassazione.

Ed allora, perché non aprire un albo speciale nell’IPASVI?

Niente e nessuno lo impedisce.

L’albo speciale non solo rivaluterebbe l’IPASVI alla stregua degli altri Ordini professionali avanzati, ma consentirebbe di risolvere molti contrasti e contraddizioni giuridiche che stanno nuocendo all’immagine e alla credibilità dell’IPASVI.

L’albo speciale consentirebbe finalmente:

  1. di individuare gli infermieri dipendenti pubblici in possesso del titolo abilitante;
  2. applicare a loro una tassa agevolata che le pubbliche amministrazioni sosterrebbero con maggiore facilità;
  3. uniformare la tassa speciale eliminando ogni discriminazione;
  4. al pari dell’albo degli avvocati cassazionisti, si potrebbe aprire l’albo degli infermieri legali ed altro (cosa che peraltro sta realizzando l’A.A.D.I.);
  5. prevedere forme di sostegno legale e professionale esclusive per gli infermieri pubblici, mirando alle loro particolari caratteristiche e peculiarità, collaborando in sinergia con gli enti pubblici.


Una simile soluzione, sicuramente auspicabile, permetterebbe di sotterrare l’ascia di guerra tra le parti e proseguire il cammino insieme per il nostro futuro.

La capacità di elaborare strategie difensive come questa appena delineata è un obiettivo che l’A.A.D.I. vuole perseguire a beneficio di tutta la categoria.

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