Nella sua carriera ha svolto studi ed esperienze di lavoro significative nel campo dell'organizzazione e sviluppo delle risorse umane delle aziende sanitarie, politiche del lavoro, politiche contrattuali e relazioni sindacali.
FIRENZE. Nel 2001 ha iniziato a collaborare con delle riviste scientifiche (Ragiusan, diritto.it, sanità pubblica e privata, agenzia sanitaria italiana, il sole 24 ore) pubblicando contributi e proposte. Ha partecipato in qualità di docente e relatore a diversi progetti formativi al personale delle pubbliche amministrazioni, in collaborazione con le università e istituti formativi.
Autore nel 2010 del libro: "Le funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie: aspetti contrattuali e management"; nel 2011 il libro "Le professioni mediche nelle aziende sanitarie: rapporto di lavoro, trattamento economico, incarichi e responsabilità" e nel 2013 il libro " Risorse umane in Sanità. 13 Report per l'innovazione".
Sono molto felice di questa intervista sia per l'alta competenza che contraddistingue il Dr. Marra sia per la disponibilità con cui ci ha concesso questo spazio di domande con un colloquio vero e diretto. In genere le persone non hanno molto tempo da dedicare agli altri, spesso abbiamo delle risposte virtuali...questa volta ho avuto il piacere di una vera intervista “vis a vis”, che già caratterizza la peculiarità delle relazioni umane presenti anche nei lavori da lui trattati.
Nel libro che ha scritto sulle funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie affronta con una visione d'insieme la struttura contrattuale di lavoro, i riflessi giuridici, organizzativi e manageriali, che interessano la funzione di coordinamento delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione e del la prevenzione.
Oggi giorno molti infermieri studiano e si perfezionano anche con master di coordinamento, e ultimamente i numeri sono aumentati, ci sarà lavoro per tutti i questo specifico ruolo? Stiamo assistendo ad una evoluzione delle aziende sanitarie verso lo sviluppo della linea professionale anche a livello specialistico che in questo momento è il trend emergente, quindi se è vero che è importante la funzione di coordinamento però con un impronta più marcatamente gestionale, è altrettanto necessario sviluppare anche livelli di professionalità specialistica, quindi si sta cercando di avere coordinamenti di maggior "peso" e quindi di minor quantità e più linea professionale.
Tra le mie proposte vi è anche il fatto di rivedere il contratto collettivo nazionale e valorizzare di più le indennita' di coordinamento che attualmente sono effettivamente basse. Vi è stata negli anni una forte domanda sopratutto per gli aspetti gestionali e manageriali ma oltre al fatto di garantire a tutti un lavoro con le specifiche funzioni, ci sembra importante promuovere e sviluppare la linea professionale. Queste linee sono attualmente contingentate e quindi l' unica carriera che può fare un professionista infermiere è quella del coordinamento. Rispondendo alla domanda credo che non ci sarà uno sbocco per tutti, ci sarà sicuramente uno sbocco più manageriale però dovrà essere affiancato anche da uno sviluppo più professionale.
Da poco sono iniziate le lezioni ai corsi della Laurea Magistrale per le professioni sanitarie, quale futuro per questa figura ancora più qualificata?
Questa e' la grande sfida che ancora non è stata sviluppata ma che noi dobbiamo assolutamente cogliere per il futuro. Dobbiamo sviluppare un ruolo sempre più preminente dell'infermiere anche con compiti di alta specializzazione, questo e' richiesto anche dalla complessità di oggi dei bisogni sociosanitari della popolazione. Se noi guadiamo al modello inglese dove nei doversi pronto soccorso ci sono reparti gestiti da soli infermieri, da cui qui in Toscana abbiamo preso anche il modello see & treat, e' auspicabile poter continuare su questa linea anche se non possiamo nascondere un certo rifiuto da parte della classe medica. Questo secondo me è il futuro.
Il settore della Laurea Magistrale e' quindi importante proprio per sviluppare questa linea professionale e dobbiamo ricordare anche il fatto che la normativa vigente prevede quattro livelli di carriera ovvero: l'infermiere professionale di base, l'infermiere dirigente, l'infermiere coordinatore che diventa manager, e il professionista specialista che ancora non è sviluppato. I motivi di tale mancanza sono molti, uno è a livello contrattuale, infatti si viaggia ancora sulle categorie. Abbiamo attualmente le categorie D oppure Ds, non vi sono altri sbocchi professionali per valorizzare queste figure, quindi una revisione del contratto nazionale del lavoro sarà urgente per dare una linea di sbocco professionale.
Recentemente ci sono stati alcuni chiarimenti da parte del collegio IPASVI con i sindacati medici sulle competenze infermieristiche e alcuni scontri verbali partiti da una lettera di chiarimento da parte di un’associazione che riunisce operatori sanitari tra cui oss, ota etc. Quali sono nella prospettiva futura l’evoluzione della professione sempre più specializzata e coinvolta con le scelte sanitarie del nostro paese? E la collaborazione con gli altri professionisti?
Intanto dobbiamo ribadire la situazione drammatica che stiamo vivendo in questo periodo storico in Italia, abbiamo alcuni dati in controtendenza, da un lato il PIL che dovrebbe produrre ricchezza per la distribuzione che è in fase di recessione e se aumenta sarà dello 0,001; da un altro lato abbiamo l’aumento dell’aspettativa di vita dei cittadini che richiederà sempre più bisogni socio assistenziali. Ci aspettiamo quindi un sistema che avrà una forte pressione, non possiamo più ragionare con la “difesa di propri terreni” settoriali da parte anche della dirigenza medica ma dobbiamo aprirci a nuovi orizzonti, a nuove forme di collaborazione e su questo gli infermieri giocano un ruolo determinante.
Instaurare forme di collaborazione e di relazioni tra i professionisti superando la classica idea della proprietà esclusiva soprattutto su tematiche delicate e complesse come la salute; lavorare sull’integrazione e sulla comunicazione quindi su caratteristiche manageriali che sono molto carenti nelle aziende sanitarie per dare risposta alla complessità assistenziale. Superare la visione quantitativa della risorsa umana ed aprire ad una visione qualitativa. Non possiamo parlare più di volere una risorsa infermieristica o medica esprimendoci in termini numerici ma dobbiamo chiederci che “caratteristica” deve avere tale risorsa, passare dal concetto di risorsa in termini quantitativi e andare verso il concetto di qualità.
In un suo articolo intitolato “il dirigente e il professional: spunti per una riforma” sulla rivista Ragiusan lei parla della figura dirigenziale del medico ma anche delle figure di responsabilità con la formazione anche in ambito sanitario del professionista con funzioni di “professional” che spazio anche contrattuale ci possono essere per queste figure?
Come già accennato noi abbiamo una struttura contrattuale vecchia, superata e verticistica in cui l’unico ritorno economico è la struttura (ovvero la posizione strutturale) mentre abbiamo uno schiacciamento del livello professionale. Partendo da queste considerazioni sarebbe auspicabile creare due carriere parallele una di “livello gestionale” e una di “livello professionale”, dove il professionista può avere anche ricompense al pari del livello gestionale, questo vale sia per il personale di area medica dove ci sono molte strutture complesse da rivedere ma anche per il professionista dell’area sanitaria.
Il grosso problema è che spazi contrattuale sono veramente pochissimi, non abbiamo una valorizzazione della funzione professionale in quanto tale, infatti le uniche valorizzazioni sono quelle organizzative e le funzioni di coordinamento, occorre urgentemente porre mano ad una riforma del contratto nazionale e come già detto creare una linea professionale a cui si riconosca un’indennità di specializzazione e di funzione professionale. Non parliamo di creare nuove risorse bensì di ridistribuire quelle già esistenti. Concludendo l’obiettivo finale che ci poniamo è quello di concepire queste risorse umane in maniera diversa. Facciamo un esempio: un extraterrestre viene sulla terra e chiede quale sia la cosa più importante che facciamo nel nostro pianeta.
Si presentano quattro imprenditori, uno dichiara di fare degli pneumatici, un altro produce pasta, uno è il presidente di una squadra di calcio e un altro produce televisori, poi arriva un direttore generale e dice noi produciamo salute…se facciamo una riflessione seria dobbiamo assolutamente dire che il “prodotto” salute è importantissimo, e gli enti che la erogano dovrebbero essere altamente compatti e uniti, eppure non abbiamo in sanità un vero senso di appartenenza. Una persona che lavoro in ambiente sanitario dovrebbe sentirsi fiero e orgoglioso ma questo spesso non accade. I motivi possono essere vari ad esempio la carenza di motivazione, oppure relazioni scarse, una altro aspetto è il così detto “valore di utilità” ovvero il poter rendere visibili i risultati che vengono realizzati ogni giorno. In sanità vengono resi visibili solo gli errori, e il professionista si sente di esistere solamente quando sbaglia.
Dovremmo ribaltare la cosa e lavorare molto sulla comunicazione e sulla motivazione sugli incentivi per valorizzare i risultati visibili di ogni giorno. Sviluppando la linea professionale da un lato con un più alto livello di qualità e dando dall’altra parte più peso alle funzioni manageriali vere, forse riusciamo a sprigionare questo entusiasmo. Per avere entusiasmo è importante il senso di appartenenza, dobbiamo sentire che noi facciamo un lavoro importante e che la sanità è qualcosa di utile e necessario per ognuno di noi e per la società.
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