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Infermiere. Una vita al servizio della vita, dalla corsia agli istituti scolastici

di Redazione

Studio osservazionale, condotto da Fabio Cannone per la sua tesi di laurea presso l'Università degli Studi di Bari 2012/2013

infermiere a lezioneL’infermiere è il professionista sanitario che vota la propria esistenza alla tutela della salute, come bene fondamentale dell’individuo, un bene sancito dalla Costituzione, che egli riconosce come termine ultimo della propria pratica clinica, ma che persegue anche in veste di cittadino, all’interno del nucleo familiare e nel quotidiano.

Qual è allora il ruolo dell’infermiere al di fuori dell’unità operativa?

Cosa si può fare, quindi, per le nuove generazioni?

Il codice deontologico definisce l’infermiere come colui che promuove stili di vita sani, diffonde il valore della cultura della salute, attraverso l’informazione e l’educazione.

L’attività di prevenzione passa necessariamente attraverso l’educazione.

La parola educazione deriva dal latino educere che significa: tirar fuori.

Bisogna tirar fuori dalle menti della collettività la coscienza critica e la consapevolezza nei confronti della cultura della salute.

Un’educazione efficace prevede l’impegno dei mezzi più appropriati al fine di rendere fruibile il messaggio che si intende far apprendere. L’unico mezzo è: l’informazione.

Questo è reso possibile dalla prestazione infermieristica, che realizzando una serie di azioni finalizzate alla soluzione di un bisogno dell’utente, diventa applicabile anche quando questi bisogni oltre a essere conosciuti dalla persona che li esplica, non sono altresì avvertiti, pur essendo presenti e pertanto non manifesti. Rilevando la preoccupante mancanza d’informazione, si vuole attraverso questo studio legittimare, attingendo al Codice Deontologico, la nascita di una figura nuova di infermiere: colui che deve sorgere è un educatore, un sostenitore della vita, colui che guida chi ne ha più bisogno, individuando i punti di debolezza della società, delle politiche comunicative e informative, sostenendo la rete dei rapporti con le istituzioni, con la scuola, votando la propria esistenza alla salvaguardia della vita, conducendo verso la strada della salute gli adolescenti e i giovani che troppo spesso sono trascurati.

Materiali e metodi


Per dimostrare la mancanza d’informazione giovanile sono stati sottoposti dei questionari anonimi a un campione di 112 studenti appartenenti a cinque classi di 5ª Liceo, per un periodo di studio che percorre un intero anno, riguardanti gli stili di vita adottati dagli studenti baresi. Facendo riferimento a dati reali ISTAT e OMS attingendo a relazioni del Ministero della Salute, sono stati stilati dei quesiti riguardanti: l’abitudine al fumo di sigaretta, l’assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti, l’utilizzo del profilattico, l’esposizione a raggi UV e lo stile di guida, per un totale di: 34 quesiti a risposta multipla. Le ultime tre domande riguardano la potenziale necessità di implementare le conoscenze possedute su tali temi.

Risultati


I risultati sono preoccupanti, gettando una seria ombra sulle campagne educativo-formative adottate fino ad ora. Se si considera che: il 74% dei 112 analizzati dichiara di fumare in maniera sporadica o continuativa, di non utilizzare il profilattico pur avendo una vita sessuale attiva: un dato, se pur minore, rispetto al 92% di coloro i quali affermano di consumare sostanze alcoliche quotidianamente o in maniera continuativa.

La metà dei dichiaranti afferma di mettersi alla guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti, percentuale che raggiunge il 78% se si considera l’uso del cellulare alla guida.

Ma i dati più allarmanti riguardano le età di insorgenza drammaticamente precoci. Il 90% dei fumatori e alcolisti è compreso tra i 14 e i 16 anni, il 50% dei consumatori di sostanze stupefacenti è compreso tra i 16 e i 17 anni, età che si abbassa intorno ai 16 anni per i primi rapporti sessuali per più di 1/3 degli studenti.

Dopo aver ricercato i dati sopracitati e dopo aver sottoposto i testi informativi sollecitando la lettura a voce alta per permettere la condivisione di dubbi, scambi di opinioni e condivisione di eventuali esperienze personali. Una percentuale vicina al 70% afferma che: se avesse ricevuto una simile informazione in tempi precedenti non avrebbe assunto stili di vita dannosi e che alla luce delle informazioni ricevute non attuerà più tali condotte, avvertendo infine, la necessità di essere adeguatamente formati sul tema della salute.

Gli studenti si sono mostrati increduli e impauriti nei confronti delle conseguenze che palesemente supponevano di non poter mai riscontrare.

Discussione


Applicando il problem solving al gruppo classe nel quale è stato rilevato un bisogno di informazione, appare chiaro come la diagnosi da individuare sia di altissimo rischio clinico, dovuto oltre che alla mancanza di nozioni anche alla sottostima dei rischi connessi a tali stili di vita adottati.

Appare evidente, dunque,  come una pianificazione basata sulla peer education, attuata attraverso l’utilizzo di materiale informativo chiaro, scientifico e informale basato sulla cultura dell’imparare dall’errore, sia l’unico mezzo efficace e in questo studio sperimentato a fronte dei dati ottenuti, per ottenere lo sviluppo di una coscienza critica e informata sui temi della salute.

Conclusione


Questo è l’obiettivo che ogni infermiere deve perseguire, magari ampliando la rete di competenze e di compartecipazione istituzionale. La richiesta che deve essere avanzata è quella di un progetto educativo efficace, mirato alla prevenzione, all’informazione e alla formazione di una coscienza critica, rispetto ai temi della salute pubblica e della salvaguardia dell’integrità personale di ogni singolo cittadino, prima che questi si rivolga alla struttura ospedaliera

C’è tempo per ogni cosa e questo è il tempo di destarsi, è il tempo di rivendicare il ruolo dell’infermiere, sancito dal Codice Deontologico, è il tempo di affrontare nuove e irrinunciabili sfide.

È il tempo di rendersi promotori di un cambiamento, nella mentalità, un cambiamento nell’approccio alla vita quotidiana e alla professione, una totale apertura ai bisogni della comunità.

Non dismettendo mai appena usciti dall’unità operativa, quella divisa che gli infermieri di oggi e di domani, devono avere cucita sotto pelle e nel cuore. Solo in questo modo si potrà essere promotori della salute, guardiani dell’esistenza umana e tutori della collettività, solo mettendo la propria vita a servizio della vita, si potrà essere finalmente caregivers a 360 gradi.

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