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il Punto | Da infermiere a medico

di Carlo Leardi

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MATERA. Rieccoci ancora qui, a distanza di una settimana, a parlare di formazione universitaria. Questa volta sono le parole dell' ex ministro della sanità, prof. Umberto Veronesi, a dare un nuovo spunto di riflessione riguardo l'accesso programmato alla facoltà di medicina, tra le più "gettonate" delle facoltà.

In un'intervista rilasciata pochi giorni or sono, il professor Umberto Veronesi, direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia di Milano nonchè ex ministro della salute, rivolgendosi agli oltre 80 mila aspiranti medici che hanno sostenuto il test di ingresso per accedere alla facoltà di medicina, consigliava di diventare infermieri prima che medici.

 

A sostegno della sua tesi, il professor Veronesi ha portato, tra le tante motivazioni, quella che egli stesso ha definito come una "insanabile dicotomia, secondo cui il medico cura, ma è l'infermiere a prendersi cura del paziente".

Personalmente condivido appieno le parole del professor Veronesi, al quale va tutta la mia stima di professionista della sanità, ma permettetemi di dissentire sulle sue parole, poichè potrebbe essere molto facile che le stesse siano fraintese generando qualche perplessità all'interno di tutta la categoria infermieristica nonchè nell'opinione pubblica tutta.

 

Parto dal presupposto che, stando alle statistiche riportate da alcuni organi di stampa, una buona percentuale di studenti decida di intraprendere gli studi per diventare medico poichè questa professione, riveste nel nostro Paese un grosso prestigio con annessa altrettanto prestigiosa retribuzione.

 

Non bisogna però dimenticare che, anche una buona fetta degli aspiranti infermieri, decide di iscriversi alle facoltà di infermieristica dando adito a quel luogo comune secondo il quale "l'infermiere ha il lavoro assicurato una volta terminato il corso di studi". A parte il fatto che molti colleghi (me compreso) hanno provato sulla propria pelle la non veridicità di tale affermazione, questo tipo di pensiero dimostra come anche nella categoria infermieristica molti giovani vedano solo una via di fuga dallo spettro della disoccupazione.

 

Concordo quindi sulle parole del professor Veronesi, ma credo che chiunque si avvicini ad una delle professioni sanitarie lo faccia con uno spirito diverso, dato che "oggetto" del proprio lavoro, sarà un essere umano; servirà quindi un approccio alla professione totalmente diverso da quello che può presentarsi in altri contesti.

 

Altro motivo che mi porta a dissentire dalle parole dell'ex ministro, è il fatto che se ogni medico dovesse prima diventare infermiere al fine di essere un buon professionista, la professione medica potrebbe essere erroneamente intesa quale "evoluzione" della professione infermieristica, quando ormai è noto a tutti che ciò non è affatto vero.

 

L'infermiere ed il medico, per quanto strano possa apparire ai non addetti ai lavori, sono due professioni completamente diverse e allo stesso tempo completamente complementari (mi si perdoni la cacofonia) e, affinchè entrambi i professionisti possano essere davvero pronti a svolgere bene il proprio lavoro, basterebbe che tutti e due intraprendessero il cammino verso la professione "a causa" di uno spassionato amore per la stessa.

 

Non facciamo i moralisti, sappiamo bene che il riconoscimento economico è parte integrante di ogni lavoro e mentiremmo se affermassimo il contrario, ma la passione per la professione sarebbe la miglior spinta propulsiva che ogni studente prima e professionista poi, dovrebbe sentir nascere in se.

 

Queste due piccole personali differenze di vedute, mi portano però ad essere completamente in linea col professor Veronesi per quanto riguarda tutto il suo discorso sull'accesso alle facoltà a numero chiuso, soprattutto a quelle di carattere sanitario.


Vorrei concludere ritornando ancora una volta sulle parole del professor Veronesi, poichè dopo alcuni episodi riportati anche dalla nostra testata giornalistica (affermazioni del ministro Kyenge e mancata considerazione della categoria da parte del ministro Lorenzin), le parole di un grande medico unanimemente ritenuto luminare della scienza di fama mondiale, finalmente danno il giusto riconoscimento alla professione che amo e che, come la totalità dei miei colleghi, spero di poter continuare a svolgere per tutta la vita.

 

Ogni aspirante medico dovrebbe presentarsi con un diploma d’infermiere. Sarebbe l’unico sistema concreto per vagliare le capacità reali di confrontarsi con i malati, e di dimostrare salda questa vocazione tra i mille ostacoli della vita quotidiana in corsia. 

 

Mi scusi caro professor Veronesi se, dal basso della mia ancora giovane carriera mi sono permesso di fare delle osservazioni che possono apparire contrastanti con il suo discorso, ma mi creda se affermo in tutta sincerità che le parole che lei ha pronunciato nella frase da me su citata, mi hanno portato agli occhi lacrime di commozione, poichè come moltissimi altri miei colleghi, ho intrapreso questa carriera per amore della professione che svolgo e, a distanza di anni dalla mia laurea, tra master, corsi di specializzazione, precariato, disoccupazione, demansionamento, aggressioni verbali e fisiche da parte di "pazienti poco pazienti" o di suoi colleghi troppo boriosi e pieni si se, le sue parole valgono più di tutte le situazioni negative su citate messe insieme.

 

Se ogni ministro, medico, paziente o semplice cittadino, condividesse l'idea che lei ha espresso in questi giorni riguardo la nostra categoria, credo sinceramente che ogni infermiere presterebbe la sua opera con la consapevolezza che il proprio lavoro sia apprezzato come si deve.

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