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editoriale

Il precariato e le difficili svolte del cuore

di Redazione

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NAPOLI. (di Donatella Varriale) Oggi per noi infermieri essere precari significa essere spesso fortunati, specie per chi è del centro o del Sud Italia. Già, perché per qualche mese, o se sei più fortunato per qualche anno, hai la possibilità di sognare, d’illuderti di poter costruire un futuro. Ma l’incanto dura poco. Giusto il tempo di ricevere il ben servito dall’azienda per la quale hai lavorato con sacrificio e dedizione.

Spesso ti impegni tanto  non solo per tenerti stretto la tua indipendenza economica, per cercare di crescere professionalmente e guadagnarti il rispetto dei colleghi e della direzione sanitaria, ma anche per non dire degli adii troppi amari ad amici e alla persona speciale che hai incontrato per sbaglio a molti chilometri di distanza dalla tua città natia. Come per “sbaglio” può capitare di voler bene a qualcuno, d’innamorarsi, evitando talvolta di pensare alla realtà. Quando sei precario, ma allo stesso tempo hai incontrato persone speciali, tendi a rimandare a domani la realtà. Speri che il contratto non scada mai perché dove lavori stai bene, il posto in cui vivi ti fa sentire sereno. Desideri che il rapporto di lavoro venga rinnovato ancora una volta e una volta ancora. Ma spesso, ti sembra di lottare contro i mulini a vento, proprio come faceva Don Chisciotte.

 

Per qualche istante ti illudi che possa essere espletato quanto prima un concorso a tempo indeterminato presso l’Asl o la struttura per la quale lavori, nella speranza di poter portare a termine i tuoi desideri: un posto sicuro, l’acquisto di una casa, la costruzione di un futuro. Ben presto però ti scontri con l’amaro presente. Il giorno tanto temuto arriva: la direzione sanitaria ti comunica che non ha intenzione di rinnovarti nuovamente il contratto di lavoro. Sembra che il mondo per qualche istante ti crolli addossi e cerchi una soluzione. Solitamente, in questi casi, la prima cosa che si fa è stamparsi più copie del curriculum vitae e lasciarlo nelle strutture limitrofe all’area dove si è prestato servizio fino a qualche giorno prima. Lo si fa per sia poter rimanere indipendente da un punto di vista economico sia per non troncare le relazioni affettive costruite nei mesi precedenti. Ogni volta che si consegna un curriculum le risposte sono varie: “Al momento non abbiamo bisogno di altro personale infermieristico” oppure “La ringraziamo e le faremo sapere” o ancora “Può darsi che tra qualche mese avremmo bisogno di nuovi infermieri”. E ad ogni risposta negativa o mancata o data per metà ti senti morire dentro un poco in più. Quando anche il tuo contratto d’affitto poi scade sai che è giunta l’ora di rispedire nella propria città d’origine ciò che ti sei portato dietro da casa. Ma allo stesso modo tenti di salvare lo stesso la tua relazione sentimentale. Allora ti concedi una vacanza in coppia, aspettando che escano quanto prima dei bandi di concorso nell’area dove hai lavorato fino a qualche settimana fa.Poi, nel bel mezzo della villeggiatura ti arriva una telefonata: “Salve, chiamo dall’ASL x, le chiedevo se è disposta a prestare servizio presso di noi. Le sarà concesso un contratto a tempo determinato per y mesi”.

 

È in quei pochi istanti che cerchi di prendere una decisione e ti chiedi: Meglio far carriera e girovagare per l’Italia o accontentarsi di lavori saltuari, magari che esulino del tutto dal campo di conoscenze e competenze appreso durante gli anni d’università? Come potrò, se potrò, preservare i miei affetti costruiti con dedizione ed amore? Ed è a quel punto che ti ritrovi a rispondere all’ASL x: “Si, accetto l’incarico. La ringrazio per avermi dato questa possibilità”. Dici di sì al nuovo impiego per amore verso la propria professione e perché essere infermiere richiede spirito di sacrificio. Ti rendi conto che devi allo stesso tempo riferire un’amara notizia alla persona amata: “Mi spiace, il nostro amore finisce qui. Vado a lavorare troppo lontano da te”. Non è questa l’Italia che meritiamo.

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