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lettere al direttore

Mobilità Infermieri. Governo lontano anni luce da situazioni reali

di Redazione

Matteo Renzi e Marianna Madia

La vicenda di Rita, l'infermiera che si è vista rinnegare il nulla osta dall'Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, non è più un caso isolato. Sulla stessa scia, altre amministrazioni pubbliche stanno utilizzando lo stesso procedimento per bloccare i propri dipendenti. La lettera è di colui che si definisce la "seconda vittima" della riforma della pubblica amministrazione firmata Renzi-Madia. 

Gentile Direttore,

se la collega Rita è stata la prima vittima del decreto legge sulla pubblica amministrazione (d.l. 24 giugno 2014 n. 90 art. 4 ), io ne sono certamente la seconda e guarda caso anch'io di un’azienda sanitaria non meno conosciuta del panorama sanitario torinese e piemontese. 

Non voglio parlare esclusivamente del mio problema personale, anche perché ho già avviato un'azione sindacale nei confronti della mia azienda, ma vorrei cercare di analizzare quello che sta accadendo da un punto di vista un po' più ampio e non necessariamente condivisibile. Vorrei che qualcuno più addetto ai lavori mi spiegasse per quale motivo un Direttore generale (visto che con questo decreto legge ne ha l'opportunità) dovrebbe concedere il nulla osta a un suo dipendente, se poi non ne può assumere un altro. 

Tutti questi anni il piano di rientro e il relativo blocco del turnover hanno ridotto gli organici delle aziende sanitarie veramente all'osso (perdonatemi... si dice “Razionalizzazione delle risorse”), e allora mi sembra abbastanza comprensibile che un D.G. non conceda il nulla osta, ma il paradosso che io vedo in questa storia è che le aziende non possono pubblicare dei bandi di concorso se prima non avviano delle procedure di mobilità.

In questo stesso momento in cui io sto scrivendo questa lettera, ognuno di voi può tranquillamente controllare sulle ultime gazzette ufficiali quanti avvisi di mobilità sono in atto (attenzione non solo per infermieri ma anche per farmacisti, tecnici di radiologia, medici di ogni specialità).

Ogni avviso di mobilità comporta, a seconda della figura richiesta, una partecipazione in genere abbastanza ampia e quindi un lavoro delle amministrazioni riceventi non da poco: dovranno essere nominate le commissioni che valuteranno i titoli e gli eventuali colloqui, azione che comporterà altro tempo e anche altre spese, e alla fine i partecipanti che avranno superato tutte le varie fasi e saranno utilmente collocati in graduatoria, dovranno "sperare nella bontà del proprio D.G. nel concedergli il nulla osta al trasferimento. 

A questo proposito, l'articolo 4 del D.L. prevede che sia necessario l'assenso dell'azienda di provenienza e, a meno che non ci siano dei criteri inconfutabili, a me questa cosa fa tanto pensare che alcune persone saranno "più uguali di altre" e che ci sarà molto più discrezionalismo.

Le frasi inserite nel diniego nulla osta della collega Rita sono esattamente uguali a quelle inserite nel mio (due aziende diverse ma unite da un semplicissimo copia-incolla). A tutto questo si aggiunge l'amarezza della pochezza del commento in merito, fatto dalla presidente del collegio IPASVI. Non ho visto, ma potrebbe essere un mio limite, le reazioni dei medici o dell'altre figure sanitarie ma sono sicuro che entreranno anche loro nella vicenda quando saranno toccati di persona. 

Finisco con l'affermare che se nelle intenzioni dei nostri governanti questo decreto serviva a migliorare la distribuzione delle risorse lavorative, ancora una volta dimostrano di essere lontani anni luce dalle situazioni reali e specifiche di ogni settore lavorativo, noi però continueremo a sopravvivere come sempre.

Fabrizio Serra 

Infermiere 

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