Le violenze e le molestie, gli abusi e i femminicidi sono la punta di iceberg di una cultura cattiva e sopraffattrice che in troppe cose regola i rapporti fra donne e uomini. Serve cominciare a guardare con occhi diversi una normalità fatta di stereotipi e pregiudizi, potere e autoritarismi, vittime, troppe, e carnefici.
Italia, dove è pratica diffusa degli aggressori farsi passare da vittime
Stupro di gruppo a Palermo, i responsabili ripresi da una telecamera di sorveglianza.
A Palermo, il luglio scorso, si è consumato uno stupro di gruppo ai danni di una ragazza diciannovenne.
Sette i responsabili: giovani maschi italiani i quali, in rete, si sono anche vantati dell’impresa: Ieri sera niente – aggiunge – se ci penso un po’ mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei video porno, eravamo troppi, sinceramente mi sono schifiato un po’, ma che dovevo fare? La carne è carne, gliel’ho abbagnato pure io il discorso .
Tutto questo, torna a risaltare sui media a poche ore di distanza dalla divulgazione delle motivazioni della sentenza che, lo scorso marzo, assolveva due giovani considerati responsabili di uno stupro di gruppo, in quanto: Hanno errato nel ritenere sussistente il consenso», valutazione che «Impedisce di ritenere penalmente rilevante la loro condotta . Condotta – di violenza sessuale – che ad ogni modo c’è stata.
Molti i commenti, specie dalle associazioni di donne, che parlano di sentenza aberrante e che ripropone la colpevolizzazione di fatto della vittima, che diventa la tentatrice, la drogata, la p****a, la “poco di buono”, per dirla con le parole di una madre di uno degli stupratori di Palermo.
Nulla di nuovo, purtroppo, sotto questo cielo verde marcio della patria italica dove è pratica diffusa degli aggressori di farsi passare da vittime . Pratica comune quella dei genitori, anche illustri, o quantomeno insediati in posizioni illustri, di giustificare le cattive azioni, le cattive azioni penalmente rilevabili, della propria prole.
Alla fine, non resta che munirsi di un cronometro per vedere se un’eventuale attenzione di troppo, sia entro i dieci secondi o meno, per validarne la perseguibilità, per dire se c’è stata o meno molestia, per mettersi al pari della cattiva coscienza di certe scelte giuridiche.
Non sono facili disquisizioni. Tutt’altro. Mentre si scrive e si parla, mentre si pontifica da ogni dove, in particolare dai banconi degli atenei dei talk show di ogni livello, il numero delle donne uccise dai loro amorevoli maschi aumenta giorno per giorno : una donna (Vera, 25 anni) trovata impiccata nelle campagne della provincia di Catania, un’altra (Anna, 56 anni) uccisa a coltellate a Sorrento, Celine di 21 in provincia di Bolzano e tante altre ancora. A giugno il computo totale dei femminicidi registrava 57 donne ammazzate, salite, dopo gli ultimi fatti di cronaca a 62.
Alla fine, ci si trova di fronte ad una contabilità tutta nazionale che svela, se ce ne fosse bisogno, la dimensione violenta e sessista che domina questo paese, questa società . Qualcuno direbbe questa nazione, i cui migliori figli, qualche decennio addietro, andavano in giro per il mondo ad ammazzare, stuprare, rubare, saccheggiare, bombardare, etc. etc., orgogliosi rappresentanti di una maschia gioventù che combatteva con romana volontà ; come recitava una canzone di quel tempo.
Cose vecchie? Stando a come sono considerate le donne in questa maschia società non sembrerebbero tali. Michela Murgia , che ci ha lasciati da pochissimo, ha scritto e ha parlato molto in merito, con argomentazioni incontrovertibili, verso le quali solo la stupidità testosteronica e gerarchica può blaterare contro cercando di buttarla in caciara.
E, Michela, se ne avesse avuto ancora la possibilità, avrebbe scritto ancora molto sull’argomento in difesa delle donne, dei fragili, dei diversi e degli ultimi. Invece lei se n’è andata e noi dovremo farci bastare quello che ad ogni modo ci ha lasciato, anche se i dubbi sulle capacità di tutti noi che restiamo, di difendere diritti negati e corpi usurpati, non sono pochi.
Le violenze e le molestie, gli abusi e i femminicidi sono la punta di iceberg di una cultura cattiva e sopraffattrice che in troppe cose regola i rapporti fra donne e uomini. A Torino, fortunatamente, non si è arrivati a nessun fatto di sangue, ma il noto avvocato che umilia in pubblico la sua (ex) fidanzata è di una brutalità tanto feroce quanto ovattata dalle parole usate con attenzione come solo la classe dirigente, maschia, di questo paese sa fare per svilire, sfruttare e cancellare il lavoro e le vite delle persone.
Una classe dirigente maschia anche quando è sostenuta da donne, magari preoccupate più di proteggere evasori e turisti che fuggono via da una cena non pagata, o di nascondere i cattivi affari che sono solo in grado di scaricare sulle spalle delle vittime. Ecco di nuovo la colpevolizzazione :
La vittima di stupro è in qualche modo responsabile, deve aver detto o fatto qualcosa e quindi, alla fine, quasi diventa lei stessa peggiore dei colpevoli violentatori. Come i poveri, responsabili della loro povertà, come i malati, i vecchi o gli stranieri che facevano meglio a starsene a casa loro invece di morire davanti alle nostre coste, infastidendo un po’ la nostra anima caritatevole ed ipocrita.
Quanto detto però non basta. Già stato scritto in passato verrà di nuovo ripetuto in futuro, ma una chiave ulteriore di lettura di quanto accade a spese delle donne, e di ogni diverso di questo mondo, forse ce la può offrire il brillante scritto di un generale che, paragonandosi ad un novello Giulio Cesare, pontifica in un suo brogliaccio, su chi sia normale o meno, su devianze e società rovesciate da coloro che in realtà meriterebbero ben altro. A detta sua.
Il libro del generale ha sollevato un vespaio e l’alto ufficiale è stato rimosso. Più difficile sarà rimuovere la subcultura nella quale lo stesso è cresciuto e si è formato, con il sospetto poi che, alla fine, il suo comportamento sia volutamente rimbalzato sui social in quanto, per un generale rimosso, ce n’è sempre un altro… da riposizionare, mentre nessuno rimuoverà mariti o fidanzati, direttori o ufficiali, primari o dirigenti di ogni sorta che, dalla loro posizione di maschia gioventù continueranno ad abusare di corpi e anime di donne rese schiave da una nazione misogina ed assassina.
Non serve solo che qualcuna raccolga il testimone di Michela Murgia. Serve cominciare a guardare con occhi diversi una normalità fatta di stereotipi e pregiudizi, potere e autoritarismi, vittime, troppe, e carnefici. Sempre gli stessi .
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