Era inevitabile che nella giornata contro la violenza verso le donne, commenti e riferimenti, fronteggiamenti e dati socioeconomici rimbalzassero a vario titolo. Purtroppo, come da tempo accade in questo paese, le sparate e le panzane, le strumentalizzazioni e le forzature ideologiche hanno richiamato l’attenzione più dei semplici e nudi dati scientifici. Più la dici grossa e più qualcuno ti starà a sentire. Così è. Più dici delle emerite sciocchezze e più facilmente i tuoi stessi detrattori (oppositori politici), nel sottolinearle, si comporteranno come un funzionale megafono delle tue balle stratosferiche e legittimeranno il fronteggiamento fra la realtà e il suo rovesciamento. Ecco che, a fronte delle tante dichiarazioni di denuncia delle violenze sociali ed economiche, culturali e politiche contro le donne, quattro corbellerie ideologiche riescono ad insozzare il dibattito e deviare l’attenzione.
Perché ho scelto di non dire nulla ieri e di lasciarmi uno spazio per il dopo
Ovviamente in questo il riferimento è nei riguardi di importanti personaggi del governo nazionale che, davanti ai dati che parlano di femminicidi consumati dentro le mura domestiche, all’interno delle famiglie tradizionali, per opera di italianissimi e cristianissimi italiani, tirano fuori i soliti migranti cattivi che fanno sempre “odienz” elettorale; dietro cui nascondere anche tutta la propria inadeguatezza di governo.
I treni arrivano in ritardo? O, peggio, partono in anticipo? Parliamo di immigrazione, che è meglio. L’istruzione pubblica è al collasso? È il momento di tirare in ballo i clandestini! E via cianciando fino alle stesse parole usate dalla Presidenta del Consiglio che, pur di non guardare in faccia la realtà, e smentire alcuni rappresentanti del suo stesso governo, anche lei spara dati (quali?) e giudizi (i soliti) che gridano al pericolo dello straniero cattivo.
Fra le varie cose azzardate c’è però un passaggio, relativo alla relazione esistente fra le violenze sulle donne e l’immigrazione clandestina, che deve far pensare: […] c’è un’incidenza maggiore, purtroppo, nei casi di violenza sessuale, da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente, perché, chiaramente, quando non hai niente, si produce una degenerazione che può portare da ogni parte
.
Qui il dato è evidente in tutto il suo portato ideologico. La Presidenta del Consiglio si schernisce di fronte al fatto che qualcuno la definirà razzista, ma nella realtà dalle sue parole traspare tutto un odio di classe verso i diseredati che questo governo non perde occasione di manifestare.
Invece di combattere la povertà si fa la guerra ai poveri, mascherandola anche quale lotta all’immigrazione clandestina. Si colpevolizzano gli ultimi, lungo il solco ideologico di mostrarsi forti con i deboli e deboli con i forti, cioè coloro che, in tema di violenza contro le donne, non di rado sono dei bravi e paludati figli di papà indagati, accusati, smascherati nell’usare e violare il corpo femminile a seconda dei loro bisogni. Vogliamo fare qualche nome? Volentieri!
Io comincerei dai bravi ragazzi del massacro del Circeo del 1975, tutti figli della Roma bene e militanti del peggior squadrismo fascista di quegli anni. Altri, possono tranquillamente arrivare fino ai giorni nostri e riferirsi ad analoghe familiarità, politiche e di classe nell’usare violenza a delle donne nelle loro ricche residenze di classe.
Nella giornata contro la violenza sulle donne, molte cose che si son dette rischiano già di essere dimenticate, lasciando il posto ad una realtà fatta di violenza, menzogne e potere.
Per tale motivo ho scelto di non dire nulla ieri, e di lasciarmi uno spazio per il dopo, per quest’oggi che deve essere un giorno in più contro l’odio, ed offrire così un personale contributo contro il patriarcato ed ogni sua espressione.
Ai commenti e ai dati di ieri, si aggiunga dunque la forza dei versi e delle strofe, dei voli poetici che ambiscono a parlare al cuore per fare in modo che la mente rimanga sempre il più lucida possibile.
Ecco al fine l’offerta di una poesia, non prima però di un’ultima postilla. Il termine Presidenta, poco fa usato, non è il mio, ma di Claudia Sheinbaum Pardo, prima Presidenta donna – ed ebrea - del Messico, che ad ogni cerimonia sottolinea la sua funzione istituzionale al femminile, in quanto ciò che non trova una sua giusta coniugazione di genere, o nega il genere stesso, o torna a costringerlo in una posizione subalterna.
Buona lettura.
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