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TOSCANA. I bambini con malattie rare non pagano il ticket e trasformano in gioco la terapia

di Redazione

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FiRENZE. Hanno malattie rare, ovvero quelle che le statistiche dicono colpiscono una persona ogni duemila. Malattie rare per curare le quali spesso è stato trovato un rimedio: esiste un farmaco, ma non lo si trova in commercio. Troppo costoso metterlo in produzione, oppure consumato da così pochi pazienti che non ha sufficienti margini di profitto, o ancora troppo “personalizzato”, che necessita di dosaggi specifici per ciascun ammalato, per inserirlo in una catena di montaggio e confezionarlo con scatola, logo dell’azienda farmaceutica e “bugiardino” in corpo 7, ovvero le istruzioni per l’uso che accompagnano ogni medicina.

 

Ma all’incirca una quarantina di bambini affetti da queste patologie e un numero di adulti analogo e appena di poco inferiore riescono ad avere questo tipo di medicinali “fatti su misura” in una specie di “antro” della “fata” – però modernissimo e tirato a lucido – che si trova all’ospedale di Santa Maria Nuova: è il Laboratorio galenico dell’Azienda sanitaria di Firenze diretto dalla vulcanica dottoressa Irene Ruffino che si trova a fianco della farmacia interna dell’ospedale, vicinissimo al centro prelievi.

 

Per “indorare la pillola” ai giovanissimi pazienti che vanno lì con genitori, nonni, tate a ritirare il loro medicinale – la Regione Toscana ha da tempo esentato dal ticket chi ha malattie rare –, la dottoressa Ruffino si è ingegnata un modo per farli giocare, per trasformare quell’obbligo in un divertimento, per riempire quei momenti di premure e attenzioni.

 

Così, a un certo punto, ha preso un po’ di quelle capsule colorate dentro le quali lei mescola i suoi portentosi “intrugli” – sodio benzoato, riboflavina, propanololo, tiamina, valina per dirne qualcuno – e quegli ovuli di gelatina o altri materiali commestibili li ha messi in mano ai bambini chiedendo loro di inventare, inventare, inventare. Ed ecco che, un po’ come si fa con i mattoncini del Lego, dalle mani di Tommaso salta fuori un dinosauro, da quelle di Arturo una casetta, un supercuore rosso e blu dalle mani di Sofia, il cielo con la luna e le stelle da quelle di Niccolò.

 

Cosimo ha fatto un trenino, Camilla ci ha addirittura “ricamato” gli orli a una T-shirt. Con le immagini di quelle sculture e degli abili artisti che le hanno assemblate trasformando la terapia in gioco, ora è venuto fuori un libretto che la dottoressa Ruffino ha fatto stampare, omaggiandone i suoi piccoli pazienti e le studentesse della facoltà di farmacia dell’Università di Firenze che con lei hanno portato a termine il tirocinio, in qualche caso mettendo anche a punto un farmaco che prima non c’era.

 

Non è affatto escluso che in futuro quelle capsule tramutate in opere d’arte trovino una collocazione espositiva nei pressi del laboratorio galenico: che intanto continua, come facevano frati e suore tanti anni fa con le erbe officinali coltivate dentro Santa Maria Nuova, a mettere a punto pomate, sciroppi, unguenti, pasticche altrimenti introvabili.

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