Nel Dicembre del 2010 nasceva a Torino in maniera ufficiale Slow Medicine in cui i fondatori individuarono nelle parole sobria, rispettosa, giusta la sintesi della loro idea di Slow Medicine. Su queste parole chiave si muovono i progetti, le iniziative, le proposte su cui Slow Medicine intende coinvolgere professionisti sanitari, manager sanitari, cittadini, associazioni, rappresentanti della stampa.
Le due chiocciole che dialogano di cura sobria rispettosa e giusta indicano che il dialogo e la comprensione fra i cittadini e il sistema della cura sono i presupposti di una cura slow.
Slow Medicine ha lanciato a dicembre 2012 il progetto “FARE DI PIÙ NON SIGNIFICA FARE MEGLIO”, molto simile a quello già in atto negli Stati Uniti con il nome di “CHOOSING WISELY”, promosso da molte società scientifiche USA e da un’associazione di consumatori.
1) Slow Medicine una realtà che oramai da diversi anni è presente in Italia e che con tenacia cerca di diffondere la cultura di una medicina sobria, rispettosa e giusta. Ci vuole brevemente raccontare le conquiste che avete ottenuto e le sfide future?
Premetto che Slow Medicine, nasce come “rete di idee in movimento”, non si riconosce, pertanto, in una struttura gerarchica di tipo piramidale: in Slow Medicine idee e iniziative emergono soprattutto dal basso e si avvalgono della fantasia e della collaborazione dei soci che avanzano proposte e attivano progetti ed eventi di diversa natura.
Penso che questa sia la sua vera forza.
Cerco ora di riassumere i principali passi che sono stati compiuti da Slow Medicine a partire dalla sua fondazione.
Il 29 giugno 2011 è stato effettuato il primo seminario di studio presso il Castello Estense di Ferrara, con il supporto dell’Azienda Ospedaliera di Ferrara: obiettivo dell’iniziativa è stato far conoscere Slow Medicine e iniziare ad aggregare professionisti in grado di riflettere su cure sobrie rispettose e giuste, declinate per cinque aree di interesse.
Il primo congresso di Slow Medicine a livello nazionale si è tenuto a Torino il 18 e 19 novembre 2011: più di trecento professionisti sanitari e sociali si sono incontrati per riflettere sul significato delle tre parole costitutive della Slow Medicine e molti di loro hanno presentato progetti relativi a cure sobrie rispettose e giuste.
Fondamentale è stato poi l’accordo con l’associazione nazionale Slow Food, siglato il 30 marzo 2012 nella splendida cornice di Pollenzo. L’accordo verte su reciproche collaborazioni sul tema cibo e salute e su iniziative condivise sui temi di comune interesse.
Contemporaneamente, grazie al prof. Gianfranco Domenighetti, cofondatore di Slow Medicine, il movimento ha avuto un’espansione anche in Svizzera: il 1° giugno 2012 si è svolto il convegno fondativo di Slow Medicine in Svizzera, iniziativa organizzata dall’Ente Ospedaliero di Locarno.
A fine 2012 Slow Medicine ha poi lanciato in Italia il progetto Fare Di Più Non Significa Fare Meglio, analogo a Choosing Wisely negli USA ma con proprie caratteristiche specifiche. Prima tra tutte la visione sistemica, in base alla quale il progetto ha coinvolto fin dall’inizio non solo i medici ma tutti i professionisti della salute. Il progetto è stato presto promosso anche da parte di ordini e collegi professionali e di associazioni di professionisti e di cittadini, i cui referenti hanno costituito il gruppo di regia del progetto. Anche le adesioni delle società scientifiche sono state numerose, con l’elaborazione di liste di pratiche a rischio di inappropriatezza in Italia.
Il secondo congresso di Slow Medicine, svolto a Torino il 29 novembre 2013, ha avuto come titolo: “Scegliere con saggezza: perché fare di più non significa fare meglio?”, dal nome del progetto, e come relatori molti presidenti e referenti delle associazioni, società scientifiche, ordini e collegi professionali partecipanti al progetto.
Nella primavera del 2014 sono state pubblicate le prime 10 liste di pratiche a rischio di in appropriatezza in Italia, tra cui una lista elaborata da società infermieristiche coordinate da IPASVI.
Negli stessi mesi si è costituito il movimento Choosing Wisely internazionale, di cui il progetto italiano Fare Di Più Non Significa Fare Meglio è entrato a far parte integrante: il primo incontro si è svolto ad Amsterdam nel giugno 2014.
A dicembre 2014 sono più di 30 le società di medici, infermieri e fisioterapisti che aderiscono al progetto, molte delle quali sono soci istituzionali di Slow Medicine, e sulla base delle liste già pubblicate sono state prodotte le prime schede per i cittadini grazie alla collaborazione con Altroconsumo.
Dalle collaborazioni con le società scientifiche sono anche conseguiti decaloghi slow elaborati congiuntamente con Green Oncology di CIPOMO, con FADOI, con la società infermieristica ANIMO.
È stato scritto, ed è stato pubblicato da Sperling nell’autunno 2013 il libro: Slow Medicine- Perché una medicina sobria, rispettosa e giusta è possibile, a cura di Giorgio Bert, Andrea Gardini e Silvana Quadrino. Numerose sono state le presentazioni del libro, a Torino e in molte città italiane. È stata pubblicata proprio in questi giorni la versione eBook accreditata con crediti ECM per tutte le professioni sanitarie
Sono state molto numerose le partecipazioni dei componenti del direttivo e di altri esponenti di Slow Medicine a manifestazioni e convegni, così come numerosi sono stati gli articoli scritti e le interviste rilasciate.
L’attività di comunicazione comprende anche il sito internet www.slowmedicine.it e il gruppo Facebook Slow Medicine Italia che conta ora su circa 2.500 iscritti.
Tra le sfide future, in primo piano il III Congresso Nazionale di Slow Medicine: “Fare….Pensare…Fare - Lo sviluppo di Slow Medicine fra fare e pensare a 4 anni dalla fondazione”, che si svolgerà a Torino il 7 marzo 2015.
Prosegue poi ovviamente il Progetto Fare Di Più Non Significa Fare Meglio, che si propone di continuare a coinvolgere le società scientifiche nella definizione di pratiche a rischio di inappropriatezza, ma anche di informare e formare i professionisti e di diffondere a pazienti e cittadini le pratiche individuate e il concetto che Fare di più non significa fare meglio.
Si sta inoltre delineando, a partire dall’ospedale di Cuneo e da quello di Locarno, una rete di ospedali e aziende sanitarie che individuano al proprio interno le pratiche a rischio di inappropriatezza e intendono promuovere una cura sobria, rispettosa e giusta.
Slow Medicine intende poi accentuare il proprio ruolo nella formazione dei professionisti sanitari su argomenti di pertinenza di Slow Medicine, in primo luogo su appropriatezza e relazione tra professionisti e pazienti.
2) Il sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti si dimostra un fenomeno sempre più diffuso e importante con numerosi costi e spesso danni per la salute dei cittadini. Tutti gli operatori sanitari sono interpellati in prima persona e secondo le diverse competenze a fare di più e fare meglio. Quali strategie possiamo applicare per tornare ad una Sanità centrata sulla persona e sui bisogni e non soltanto sul fare tutto a tutti?
Io penso che si debba agire a due livelli. Il primo è quello che stiamo portando avanti con Slow Medicine e il progetto Fare Di Più Non Significa Fare Meglio, che coinvolge ordini e collegi professionali, società scientifiche, associazioni e, soprattutto negli ultimi tempi, anche rappresentanti dei cittadini, dei media, delle istituzioni.
A questo livello stiamo cercando di realizzare un cambiamento culturale, un vero e proprio cambio di paradigma, partendo dalla constatazione che il sovra utilizzo non solo rappresenta uno spreco ma, ancora più importante per noi professionisti, costituisce un errore clinico perché causa danni diretti (da radiazioni, da effetti collaterali dei farmaci..) e indiretti (falsi positivi, sovradiagnosi e sovratrattamenti). In parallelo cerchiamo di far capire che il solo modo per contrastare il sovra utilizzo passa da una migliore relazione tra professionista e paziente, in modo che le scelte non siano imposte ma condivise, e tengano anche conto dei valori e delle preferenze dei pazienti. È molto importante che questa presa di coscienza parta dai professionisti, che in qualche modo si alleano con i cittadini nella difesa della loro salute.
Si stanno già delineando le prime azioni concrete, rappresentate dalla scelta di pratiche a rischio di inappropriatezza da parte delle società scientifiche, dalle prime schede di Altroconsumo rivolte ai cittadini e dai primi progetti di ospedali e aziende sanitarie orientati in questa direzione.
C’è poi il livello delle singole persone, dei singoli professionisti: il loro compito è molto importante perché, all’interno del loro ruolo, possono già cominciare a mettere in pratica qualche cambiamento coerente con questa nuova cultura. Gli infermieri, ad esempio, possono cominciare a diffondere e ad applicare le indicazioni raccolte nella scheda predisposta dalle loro società scientifiche con IPASVI, possono cominciare a riflettere, insieme con i medici e gli altri professionisti, sull’insieme delle pratiche già definite e sul come attuare il cambiamento, possono cercare di migliorare il loro modo di comunicare con il paziente. Insomma, in attesa che i cambiamenti vengano apportati dall’alto, penso che le singole persone, con le loro azioni quotidiane possano fare già molto.
E che questo rappresenti una grande opportunità perché i professionisti possano trarre maggiore soddisfazione dal proprio lavoro.
3) La medicina difensiva e l’aumento dei master in infermieristica legale e forense, ci fa pensare ad un interesse sempre maggiore ai danni causati dalla Sanità e poco attenta alla prevenzione. Slow Medicine come cerca di rispondere a questo fenomeno?
Quello della medicina difensiva, dell’effettuare esami e trattamenti con il solo scopo di cautelarsi nei confronti di reclami e denunce da parte di pazienti e familiari, è chiamato in causa come uno dei principali motivi dell’eccessivo utilizzo di prestazioni. Però è stato dimostrato, e i medici legali ce lo stanno dicendo da anni, che alla base di reclami e denunce c’è nella maggior parte dei casi una carenza di informazioni e una non ottimale relazione con il paziente. Si tratta di assumerne consapevolezza e di cercare di migliorare la qualità della comunicazione, dedicando ad essa maggior tempo ma soprattutto cercando di acquisire le competenze necessarie. Secondo Slow Medicine l’ascolto del paziente è fondamentale, perché, come ci insegna Giorgio Bert, la voce della vita è importante quanto la voce della medicina.
E anche il decalogo ANIMO per un’assistenza Slow Medicine attribuisce molta importanza alla relazione.
È questa secondo noi la migliore prevenzione delle sequele legali.
Se poi vogliamo parlare dell’argomento prevenzione in generale, noi consideriamo fondamentale la promozione della salute, cioè la diffusione delle corrette abitudini di vita legate ad alimentazione, attività fisica, astensione dal fumo, limitazione dell’alcol.
Pratiche la cui importanza non viene comunicata a sufficienza.
Pensiamo anche che la salute debba far parte di tutte le politiche, da quelle socioeconomiche che dovrebbero contrastare la preoccupante accentuazione delle disuguaglianze, a quelle ambientali ed edilizie.
4) Vediamo un’ interesse sempre più crescente della classe professionale degli infermieri a queste tematiche. Quali progetti e collaborazioni?
Siamo davvero contenti dell’interesse degli infermieri verso questi temi.
Come coordinatore del progetto Fare Di Più Non Significa Fare Meglio mi aspetto la pubblicazione di nuove liste di pratiche a rischio di inappropriatezza definite da società scientifiche come ANIARTI o AISLEC. Ritengo poi che l’applicazione di tutte le pratiche individuate debba avere un carattere sistemico, multi professionale e interprofessionale: nell’ambito del progetto contiamo di organizzare incontri che coinvolgano tutti i professionisti interessati insieme con i cittadini. La visione sistemica tiene conto della centralità della persona assistita da tutti i componenti professionali di cui ci sia bisogno per farlo stare meglio, in alleanza tra loro e non in contrapposizione.
Nell’ambito poi dell’imminente coinvolgimento di ospedali e aziende sanitarie, sarà fondamentale il ruolo degli infermieri nei vari progetti che si potranno definire. Punto di partenza, negli ospedali, potrebbe essere l’applicazione del decalogo ANIMO per una Slow Medicine.
Altri progetti negli ospedali potrebbero riguardare una maggior apertura delle terapie intensive ai familiari dei pazienti e una maggiore attenzione alla qualità della vita dei pazienti ricoverati, dalla alimentazione alla mobilizzazione e al rispetto delle ore di sonno.
Anche progetti che si stanno delineando con Slow Food, come quello di ridurre sale e zucchero nell’alimentazione, così come progetti che riguarderanno la promozione di una corretta alimentazione e di attività fisica, coinvolgeranno in modo importante anche gli infermieri.
E gli infermieri saranno ovviamente parte attiva nei corsi di formazione e di approfondimento su temi legati al pensiero e all’azione di Slow Medicine che sono previsti in un prossimo futuro. Ci farebbe molto piacere che la cultura slow entrasse stabilmente a far parte della formazione di tutti gli infermieri.
Sulla base della configurazione a rete che caratterizza Slow Medicine, e con cui ho aperto l’intervista, saremo ben contenti anche di proposte e nuove idee coerenti con lo spirito di Slow Medicine che gli infermieri ci potranno certamente fornire.
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