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Sistema di attribuzione dei costi standard, ma è il metodo gusto?

di Emanuele Lisanti

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ROMA. Alla fine il finanziamento attraverso i costi standard si è fatto, attribuendo anche il titolo “virtuose 2013” alle regioni Umbria, Veneto ed Emilia Romagna. Per il 2014 si ripeterà tutto, il meccanismo è validato ormai e il finanziamento è servito. Però questa procedura di assegnazione dei costi standard non mi pare dovesse seguire questo schema di attribuzione. In pratica, attualmente, le regioni capofila guidano i criteri di finanziamento rispetto alle altre regioni meno brave sulla base della propria popolazione, stabilendo una quota capitaria pesata ovviamente per età e un’altra serie di elementi correttivi.

Ma le domande sono: la popolazione umbra, veneta o emiliana è uguale per tipologia a quella delle altre regioni? Sono stati inclusi tutti i cittadini all’interno del conteggio? Sembra ne manchino all’appello almeno due milioni. Gli extracomunitari e gli assistiti a cui il SSN garantisce cure gratuite per natura stessa del sistema di assistenza sono inclusi nei calcoli di divisione delle quote per persona? Il rischio è che le entrate aziendali e le uscite siano destinate a non coincidere sin dall’inizio.    

 

Ci si aspettava un’altra impostazione, un’altra metodologia di attribuzione del fondo sanitario collettivo alle varie Regioni. Innanzitutto si pensava fosse un ottimo pretesto per introdurre definitivamente e finalmente il concetto di aziendalizzazione in sanità. Per quel che riguarda il finanziamento, non una logica di tipo pseudo-consuntivo, come avveniva ai tempi delle USL con la prima riforma, ma una logica, dunque, aziendalista, di tipo previsionale, programmatorio che non può basarsi unicamente sul numero degli assistiti.

 

L’aziendalizzazione non è sinonimo di razionamento e incompetenza di chi gestisce la rete di offerta sanitaria, ma di miglioramento dei servizi attraverso il ripensamento del proprio lavoro e il conseguimento di obiettivi di efficacia, efficienza, appropriatezza per garantire un servizio universale e accessibile a tutti.

 

La metodologia di definizione dei costi standard transita necessariamente dal concetto di controllo di gestione al fine del miglioramento dei servizi. Volendo, in breve, dare una possibile idea di metodologia di definizione dei costi standard alternativa all’attuale che prevede la divisione delle risorse totali per la popolazione ponderata si potrebbe sintetizzare una serie di passaggi.

 

1.1 Definizione dei costi diretti, indiretti, comuni per articolazione funzionale aziendale;

 

1.2 Attribuzione dei costi individuati attraverso i driver di costo funzionale individuati;

 

2.1 Definizione delle linee di prodotto per unità operativa;

 

2.2 Definizione delle attività che compongono le singole attività/processi;

 

2.3 Definizione dei responsabili singole attività/indicatori di raggiungimento obiettivi;

 

2.4 Definizione dei costi diretti, strumentali, indiretti per processo di unità operativa;

 

2.5 Attribuzione dei costi individuati attraverso i driver di costo per processo individuati;

 

3.1 Definizione delle linee di prodotto aziendali;

 

3.2 Definizione dei processi che compongono i singoli percorsi e meccanismi di comunicazione tra unità differenti;

 

3.3 Definizione dei responsabili singoli percorsi/indicatori di raggiungimento obiettivi;

 

3.4 Attribuzione dei costi individuati attraverso i driver di costo per percorso aziendale individuato.

 

Questi passaggi che, senza dubbio, prevedono un’analisi complessa dell’attività aziendale e un ripensamento radicale dell’attività prestata rappresentano la base di analisi dei costi standard. Solo la definizione delle attività erogate permette un reale confronto sull’efficienza, sull’appropriatezza clinica e organizzativa, sull’efficacia teorica e realmente erogata delle cure.

 

Solo un’attribuzione dei costi sulla base delle attività/processi/percorsi erogati permette un reale confronto tra realtà diverse e un possibile orientamento all’efficienza.

Attualmente, infatti, gli interventi che vengono effettuati riguardano la sfera dell’economicità dei fattori produttivi impiegati e dunque, inevitabilmente, al razionamento anzichè alla razionalizzazione.

 

Definire quel che si fa è il primissimo punto di partenza, il management sanitario da qui deve necessariamente partire per implementare le tecniche necessarie per una buona organizzazione.

 

Solo da qui è possibile raggiungere i successivi passaggi come il confronto con le evidenze scientifiche, la logistica just in time per una migliore gestione delle scadenze e la semplice presenza in reparto di quel che serve nel momento giusto, la scheda di gestione aziendale bilanciata, la gestione efficace del paziente tra luoghi di cura per acuzie e cronicità, l’implementazione dell’assistenza di tipo primary nursing e per intensità di cura sono solo alcune innovazioni delle tante a disposizione di un sistema di management sanitario efficace. 

 

La vera svolta del sistema aziendalistico sta nel ripensamento delle attività per individuare un possibile miglioramento: il vecchio foglio bianco su cui mappare quel che si fa è lo strumento migliore, persino più efficace di costosissimi software spacciati come unica salvezza dalle più agguerrite società di consulenza. 

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