Per ogni donna ammazzata, ce ne sono altre mille massacrate di botte
La foto ritrae Elena e Giulia Cecchettin ed è stata pubblicata da Elena sul suo profilo Instagram.
E tutto questo accade, mentre dall’altra parte del mondo, quasi vicino al paese della poetessa andina, in Argentina, viene eletto un presidente di estrema destra le cui dichiarazioni in tema di interruzione volontaria della gravidanza fanno tornare indietro i diritti delle donne a quando… le donne non avevano diritti.
E tutto questo accade nell’anniversario – il 22esimo – dalla morte della giornalista italiana Maria Grazia Cutuli , uccisa sulla strada per Kabul, da mani e piombo maschile. Una donna vittima di un lavoro d’emancipazione e di una emancipazione su cui c’è ancora molto da fare.
Una donna vittima di guerra, del giornalismo di guerra, come Anna Politkovskaja e Ilaria Alpi e tante altre ancora. Ieri come oggi, in Ucraina, a Gaza e ovunque.
La mano maschile e macista uccide non per malattie – inesistenti – d’amore, ma per una visione del mondo gerarchica e assassina , propria della cultura patriarcale che va a braccetto con l’ideologia del profitto. La prima si è già resa responsabile del femminicidio di 103 donne , finora assassinate in Italia; cifra già superiore alle morti del 2022.
L’altra, la cultura del mercato, quella che vuole le retribuzioni femminili inferiori a quelle maschili , sta generando anch’essa lutti e tragedie.
La scorsa settimana, ad esempio, è stata la volta di Anila Grishaj , nel trevigiano, operaia uccisa nella fabbrica in cui lavorava. Uccisa dai tempi infernali di lavoro. Anial è rimasta schiacciata da un macchinario, come Luana D’Orazio , un anno fa a Prato, e come altre mille e mille donne, cento e duecento anni fa nelle industrie di mezzo mondo. O come Noa Marciano, soldatessa di 19 anni, rapita da Hamas ed uccisa durante un bombardamento israeliano. Soldatessa di leva, chiamata a servire la patria da coloro che, per la patria, non hanno corso mai alcun rischio.
Sono state tirate in ballo troppe cose?
Il femminicidio , la guerra, i morti sul lavoro non possono essere letti in una sola maniera? Ed allora facciamo un esercizio di retorica al contrario. Proviamo a leggere ogni singolo episodio, ogni singola tragedia umana come frutto del caso, della fatalità, di un accesso di follia o di una distrazione, della cattiveria e della mancanza di valori (quali?).
Una visione che conduce verso una insopportabile responsabilità individuale che assolve la collettività, i meccanismi che la governano, le leggi che impongono sacrifici e morti.
Ma è forse colpa di Giulia se ha incontrato per strada il famoso lupo cattivo? La famiglia non l’ha istruita bene? Bisognava educare meglio il maschio assassino? E come? Con quali mezzi? Con quali risorse. Se questo paese non è in grado di supportare un normale ciclo educativo perché mancano aule sicure, professori, stipendi, quattrini, ci si può illudere, o peggio si può mentire elettoralisticamente con promesse di programmi educativi? E quali sarebbero? Per chi poi?
Dicono che si educherà alla relazione. E che vuol dire? Se nemmanco i signori della poltrona sono in grado di gestire le loro relazioni all’interno dei loro partiti, delle loro maggioranze di governo o di opposizione; all’interno delle loro stesse famiglie.
Potranno arrivare in Italia finalmente dei programmi di educazione sessuale senza che vi siano i deliri ideologici di chi dice qual è il sesso giusto da seguire e la genitorialità naturale da sostenere? Ogni tipo di risposta preferita la potete tranquillamente trovare nell’insulso mercatino delle opinioni usa e getta di tanti virulenti talk show.
Al contrario, c’è qualcuno in grado di alzare la voce verso coloro che esaltano sempre la famiglia naturale e poi non dicono nulla sul fatto che questa – la famiglia - è uno dei primi luoghi di violenza nei confronti delle donne, dei bambini, degli anziani, dei malati?
In realtà forse si può ripartire dalla tragedia che ha colpito la famiglia di Giulia , e tante altre vittime. Ripartire da quel moto umano che ti chiama in piazza a condividere con una fiaccolata, con un’assemblea, con un corteo o semplicemente con un abbraccio, quel senso comune di appartenenza. Ma non può bastare.
La rabbia individuale non basta . Il dolore non può generare altro dolore e deve essere superato, per rendere lucida la mente e meno pesante il cuore. Solo teste falsamente affogate dai sensi di colpa, potranno proporre non-soluzioni: castrazione chimica, pene più severe, braccialetti elettronici e altre trovate ad effetto.
La verità è che, per ogni donna ammazzata da un maschio, ce ne sono altre mille massacrate di botte che non hanno altro posto dove andare, se non tornare a casa, dopo essere state in un Pronto soccorso.
Ce ne sono altre mille che non hanno un reddito, una casa, un’assistente sociale, uno psicologo, un medico, un’infermiera, una struttura conosciuta cui rivolgersi in cerca di aiuto. Mancano i soldi, mancano le risorse, manca tutto.
Non manca però, da parte di questa società, la volontà di continuare a tenere la donna schiava di un ruolo, di un corpo, di una condizione, sottomessa ad una dipendenza relazionale, economica, sociale e militare di genere: quello maschile, naturalmente.
Se domani [Lei] non tornerà, mamma, non ti lasceremo da sola nell’attacco necessario per porre fine ad una società misogina e violenta.
Post scriptum
Il Ministro della Sanità ha affermato che si adopererà per un rafforzamento delle competenze degli operatori che entrano a contatto con le vittime, per una presa in carico tempestiva e idonea di una violenza che spesso rimane nascosta.
Numeri, signor Ministro! Ci dia qualche numero in merito, dato che la preparazione del personale sanitario in larga parte è valida , ma mancano le risorse: soldi, personale, strutture, in un quadro che non può certo appiattirsi nella gestione del dopo, ma deve attivarsi nella costruzione del prima.
Sa caro Ministro, quella cosa che si chiama: prevenzione, e che vale un po’ per tutto, ed ha una impostazione globale: istruzione, sanità, lavoro, salari, previdenza, etc. Ma come si diceva, mancano le risorse. Almeno per queste cose, mentre per altre…
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