Si dice che ritrovarsi tra i piedi un infermiere, come pure un medico come parente o come paziente sia la sciagura più grande. Difficili da gestire, "sapientoni" da tenere a bada, livello di stress più alto.
Qualche giorno fa vi ho parlato di un'infermiera che parlava di altri infermieri, ritrovandosi lei stessa ad essere una paziente.
Oggi vi parlo di come io ho vissuto la mia esperienza.
Si fa presto a parlare di malasanità, la buona passa a volte in sordina.
Ho incontrato dei colleghi.
MILANO. Sapete non è facile ritrovarsi dall'altra parte della barricata: tutto ti sembra strano, vorresti fare, dire, ma credetemi quando sul "tavolo" di un piano assistenziale ci sei tu o un tuo caro è tutta un'altra cosa.
Si passa dal sentirsi inutili a grandi scrutatori del lavoro altrui, rischiando a volte di essere davvero d'intralcio, o comunque impertinenti (chiudi tu i deflussori delle flebo, vuoi vedere le medicazioni, guardi quell'accesso venoso, decidi per la dieta, come vestirla, come muoverla...)
Tu sai cosa stanno facendo, come andrebbe fatto, cosa dovrebbero dire... ma non sei tu, ora sono gli altri a doversi occupare di quel corpo e di quell'anima.
E allora resti a guardare (non mancano gli sguardi minatori a chiunque si avvicini) e ti sembra di pendere dalle loro labbra aspettando che ti dicano o facciano cose.
Ho conosciuto un reparto di cui sapevo solo dicerie (lo sapete anche voi: gli ospedali hanno un po' l'accezione di piccoli paesini, in cui tutti sanno tutto di tutti e si credono meglio di altri).
Ho conosciuto degli infermieri anche tanto giovani.
Ho conosciuto un'infermiera che senza tante parole, con un solo sguardo e un gesto della mano ha saputo dare conforto e speranza.
Un'infermiere che con qualche battuta tra una terapia e l'altra ha saputo far tornare la voglia di rimettersi in piedi e di sorridere (non solo al paziente).
Medici consapevoli che il rapporto col paziente sia più importante di ogni cura, che le informazioni seppur date a persona ignorante (nel senso di ignorare) sono la base per un rapporto di fiducia e per non perdere la consapevolezza del proprio corpo.
Non ero in un reparto di un ospedale privato e non è di certo stato tutto un sogno.
Eppure, da infermiera non smetterò mai di ringraziare i miei colleghi per aver fatto conoscere a quella paziente e a quei pazienti in generale, la buona sanità, l'esistenza e l'importanza di avere attorno a sé personale competente nella tecnica, ma anche nella relazione umana.
Grazie per quello che avete fatto, ma soprattutto grazie per avermi ricordato cosa significhi essere infermieri e prendersi cura di una persona.
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