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Responsabilità professionale

Di chi le responsabilità per il dito reciso alla neonata di Alessandria?

di Alessandra Mafrica

infermiere-forense

E' colpa dell'Operatore Socio Sanitario o dell'Infermiere che non ha verificato le competenze del primo?

Lo scorso 28 maggio all'Ospedale Civile di Alessandria una neonata ha perso un dito in seguito ad un errore commesso da un Operatrice Socio Sanitario del reparto. Alla piccola era stata eseguita una fleboclisi per sopperire ad una carenza di glucosio. Al momento di rimuove l'ago butterfly l'operatrice OSS (e non l'infermiera come erroneamente indicavano alcuni articoli di giornale), nell'atto di tagliare la garza di fissaggio dell'accesso venoso le ha reciso un dito. In molti si sono chiesti: di chi è la responsabilità dell'atto colposo?

Subito trasportata all'Ospedale Regina Margherita di Torino e sottoposta ad un intervento di microchirurgia (purtroppo non riuscito), la neonata dovrà fare a meno del suo ditino.

Chi è il colpevole?

L'evento accaduto ci pone inevitabilmente di fronte a due domande:

  1. È competenza dell'operatore socio-sanitario rimuovere un accesso venoso?
  2. In cosa si potrebbe ravvisare una responsabilità anche infermieristica?


La figura dell'OSS è disciplinata dal Provvedimento della Conferenza Stato-Regioni del 22 Febbraio del 2001.

Ecco come si definisce tale accordo.

L'operatore che, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata:

  1. soddisfare i bisogni primari della persona, nell'ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario;
  2. favorire il benessere e l'autonomia dell'utente.


Tra le aree di competenza dell'operatore socio sanitario il documento individua:

  1. assistenza diretta ed aiuto domestico-alberghiero;
  2. intervento igienico-sanitario e di carattere sociale;
  3. supporto gestionale, organizzativo e formativo.


In nessuna parte dell'accordo sopracitato, compresi gli allegati A e B che identificano le principali attività e le competenze tecniche di questa figura, rimanda alla gestione degli accessi venosi.

Neanche qualora l'operatrice fosse stata inquadrata come Operatore socio sanitario con formazione complementare (OSS) secondo l'Accordo del 16 gennaio 2003, la manovra sarebbe stata giustificata.

Infatti, non vi è alcun accenno alla gestione (in questo caso la rimozione) degli accessi venosi, se non la competenza nella “sorveglianza delle fleboclisi, conformente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione”.

Quest'ultima precisazione è utile per poter ragionare in merito ad una eventuale ed ulteriore responsabilità infermieristica.

Come ben sappiamo l'OSS agisce:

  • In autonomia, per le attività pertinenti alla sua figura, programmate dai piani di lavoro;
  • in collaborazione, quando è comunque necessaria la presenza infermieristica;
  • su prescrizione e sotto supervisione infermieristica.


Si può affermare quindi che l'ambito di autonomia decisionale degli operatori socio-sanitari è comunque limitato e piuttosto vincolato dal filtro dell'infermiere. Maggiormente l'attività si discosta dal suo ambito autonomo meno l'operatore è coinvolto in termini di responsabilità (pur mantenendo la responsabilità sulla correttezza dell'azione).

Qual è la responsabilità dell'infermiere?

L'infermiere è colui che attribuisce un'attività all'OSS.

Questo processo si differenzia dalla delega in quanto non deve necessariamente essere scritto e non comporta un trasferimento di poteri decisionali, ovvero chi attribuisce ha comunque una responsabilità sul risultato e di controllo sull'operato dell'altra persona.

L'attribuzione al fine di essere corretta ed appropriata deve seguire alcuni criteri:

  • giusta attività: l'attività deve essere attribuibile cioè rientrare nelle competenze dell'operatore a cui la conferisce. L'attività deve essere di bassa complessità, ad elevata stndardizzazione e che conceda bassa discrezionalità;
  • giuste circostanze: l'infermiere deve valutare il contesto in cui si deve svolgere l'attività e soprattutto il livello di complessità e criticità della persona da assistere;
  • giusta persona: presuppone la valutazione delle capacità dell'OSS;
  • giuste direttive e comunicazione: le direttive devo essere chiare e non devono dare adito a fraintendimenti;
  • giusta supervisione: l'infermiere mantiene il dovere di supervisionare quanto attribuito.


Nel nostro caso, si può ravvisare una responsabilità infermieristica qualora ci siano stati errori del professionista nel processo di attribuzione:

  • errore nel considerare l'attività di rimozione dell'accesso venoso attribuibile all'OSS (che ricordiamo non è di sua competenza come stabilito dalla normativa sopracitata);
  • responsabilità in eligendo qualora l'OSS non possedeva la formazione complementare che gli permettera di “sorvegliare sotto supervisione” la fleboclisi;
  • errore nel processo di comunicazione delle direttive;
  • responsabilità in vigilando qualora sia mancato proprio il controllo dell'infermiere sull'attività affidata.


Quello che ci si chiederà è:

  • l'infermiera in turno ha effettivamente affidato quell'attività all'OSS o l'operatrice ha deliberatamente rimosso il butterfly all'insaputa del collega?
  • l'operatrice ha travisato il mandato di sorvegliare la flebo? È dunque possibile il sussistere di un errore di comunicazione e di mancato controllo infermieristico?


In questi casi sarà decisiva la valutazione della documentazione clinica, compresa la quella infermieristica, che renderà più chiare le dinamiche di questo incidente.

Sarebbe potuto accadere anche ad un infermiere?

Beh, sì, se come fattore determinante al verificarsi del danno è stata semplicemente l'imprudenza e se consideriamo l'avvenimento una tragica fatalità.

Sicuramente l'OSS dovrà rispondere del reato a lei ascritto, qualora venga dichiarata colpevole, poiché ricordiamo che all'operatore rimane comunque la responsabilità di effettuare correttamente la procedura affidata (e con prudenza).

Infine, ricordiamo che la responsabilità penale è di tipo personale, non può perciò essere trasferita. È possibile però che venga valutata anche una responsabilità iinfermieristica nei termini che abbiamo sino ad ora illustrato.

In tutti i casi avere una assicurazione per rischi civili e penali complementare a quella offerta dall'azienda è sempre cosa auspicabile.

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