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Rappresentanza e Rappresentanti: voglia di esserci, voglia di partecipare

di Redazione

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PORDENONE. Un pezzettino alla volta, come le strade lastricate con sampietrini, gli Infermieri stanno lentamente aggregando e costruendo proprie Organizzazioni Sindacali (OOSS) rendendole rappresentative (ovvero che partecipano al tavolo contrattuale).

Gli sforzi compiuti non stanno in cielo ma sono la base che ci permetterà di camminare, insieme ad altri, per portare le nostre idee, il nostro modo di essere, nelle sedi opportune. Diventa necessario allora costruire una prospettiva che, mantenendo ferma la “vision”, orienti gli sforzi per consolidare e migliorare i risultati raggiunti. Questo contributo vuole essere un’apertura alla discussione sulle prospettive delle OOSS di categoria e della professione che intendono tutelare.

 

È suddiviso in tre parti: forma, sostanza ed esercizio.

 

Forma perché dobbiamo partire da idee condivise con tutti gli iscritti su cosa intendiamo per rappresentanza sindacale, sostanza perché deve essere chiaro chi la fa perché la fa (chi sono, cosa fanno o dovrebbero fare i rappresentanti sindacali) ed esercizio per comprendere come, con motivazioni e valori aggreganti, dalla crisi della rappresentanza possano nascere, evolversi ed organizzarsi nuove forme di delega e tutela sindacale. Le prime due saranno brevi e sintetiche, spunti di letteratura, la terza sarà necessariamente più lunga ed articolata rappresentando il vero “nocciolo” della questione.

 

LA FORMA RAPPRESENTANZA: “rappresentare una o più persone, oppure gruppi, enti e organi, istituzioni e società, ossia di intervenire in vece loro e a nome loro e di assolverne le funzioni, o di agire per conto loro” (cfr. www.treccani.it 15 agosto2013)

 

Il concetto di rappresentanza si situa al cuore della nozione di stato moderno e democratico: in un contesto di nazione è impossibile che “tutti” partecipino alla definizione delle regole, è necessario che “pochi”, eletti tramite voto, medino e deliberino per tutti (rapporto fiduciario). In termini operativi la rappresentanza si potrebbe esplicare anche come rapporto di delega in cui il rappresentante è essenzialmente un esecutore che parla per nome e per conto di altri sulla base di indicazioni ricevute, non ha autonomia decisionale rispetto al mandato ricevuto e deve rispondere direttamente a chi lo ha delegato della soddisfazione delle richieste ricevute.

 

Nella rappresentanza fiduciaria invece il rappresentante agisce e prende decisioni al posto di altri di cui ci si aspetta che, agendo in autonomia, tenga conto e ne interpreti al meglio gli interessi. Ci si aspetta, in questo caso, che selezionando, distinguendo ed aggregando la grande eterogeneità delle richieste si arrivi a costruire proposte ed articolazioni del processo decisionale e negoziale per la soluzione dei problemi sul tappeto. Questi due tipi di rappresentanza convivono all’interno delle OOSS: il rapporto di delega è una caratteristica delle strutture a maggiore contatto con i lavoratori (le rappresentanze nei luoghi di lavoro), il rapporto fiduciario riguarda il contatto con le controparti istituzionali (es. Direttore Generale, Aran, Assessorato Regionale, ecc) per agire nei processi di consultazione, contrattazione e concertazione.

 

LA SOSTANZA

 

RAPPRESENTANTE: persona (o gruppo, ente o organo, istituzione) che rappresenta una o più altre persone (o gruppi, enti, ecc.) e agisce per loro conto. (www.treccani.it 15 agosto)

 

I rappresentanti sindacali fanno parte quindi di un'organizzazione generalmente minoritaria (le forze sociali sono numerose, le OOSS rappresentano una parte di queste) che tenta di orientare le scelte di un determinato contesto (es. i contenuti di un contratto) partendo da un certo punto di vista, da un’idea (es. gli interessi degli Infermieri) e che, per realizzarsi, deve diventare, con alleanze o conflitti, buona per tutti. Ovvero, saper esercitare influenza o potere nella società, nel mondo politico, presentando i propri interessi come congruenti e indispensabili alla definizione ed all’implementazione degli interessi del Paese, del bene comune.

 

In questo senso, a titolo puramente esemplificativo, una OS di categoria deve porsi su due livelli. In primis coagulare una massa critica consistente di iscritti, secondariamente non focalizzarsi solo su legittimi bisogni specifici (es. pochi infermieri, pagati male, mal utilizzati = interessi di una parte) ma concentrarsi ed individuare argomenti generali (migliorare la qualità del SSN attraverso i modelli assistenziali, l’infermiere di famiglia = interessi di tutti) per arrivare a conquistare una posizione “di potere, di riferimento” riconosciuto dal quale ricavare benefici concreti.

 

Per convincere gli altri, le OOSS di categoria ed i suoi dirigenti devono credere (pena non essere credibili a loro volta) in qualcosa, nella propria missione e nei propri valori (es. lo statuto). Questi devono essere perseguiti con responsabilità e trasparenza, addestrando (skill) delegati e dirigenti (rappresentanti), allenandoli al rispetto delle regole deontologiche (insieme dei doveri di ciascuno verso la professione, verso se stesso e verso i propri pari), mantenendo regole di controllo, perseguendo chi commette delle infrazioni, essere un qualcosa di più di un insieme di privilegiati o diventare una casta.

 

ESERCIZIO

 

Spesso il sentimento comune, incontrato nella mia esperienza di “Infermiere/Sindacalista”, viaggia su piani dicotomici: rassegnazione, apatia, chiamarsi fuori dal sistema (tanto non cambia nulla), indifferenza oppure, al contrario, rabbia, voglia di lotta, vittime di ingiustizia e di un sistema che non valorizza le giuste capacità. Quel che è certo è che le istanze, le necessità degli Infermieri non possono essere lasciate cadere, se non altro per il percorso e la vivacità che hanno caratterizzato la professione negli ultimi 20 anni: nel caso in cui non si riuscisse a sviluppare la rappresentanza, con nuove forme di partecipazione, si corre il rischio che tutto si spenga. Qui di seguito due tracce, una sull’organizzazione in sé e l’altra sull’evoluzione degli scenari e la partecipazione.

 

Le OOSS di categoria, rispetto agli altri sindacati storici, devono essere più snelle, leggere, flessibili (“fluide”), meno burocratizzate, a mezza strada tra movimento e organizzazione stabile, capace di “sapere” (intellettualità) e “sentire” (i bisogni), con al centro un nucleo solido e preparato ad elaborare opzioni strategiche e di sostegno all’attività sindacale, supportate da strumenti specifici (es centri di studio e ricerca, di formazione) in grado di fornire idee ed alternative. Ricostruire, attraverso la partecipazione alla definizione delle linee di contrattazione, il rapporto tra lavoratore e delegato sindacale anche con momenti di incontro, discussione e verifica nel segno della trasparenza e visibilità della gestione del mandato ricevuto. Quest’attività, che sembra banale, potrebbe divenire un indicatore della funzionalità interna delle OOSS [altri indicatori utilizzati per misurare la rappresentatività, il numero degli iscritti e voti alle elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU), indicano il quanto e non il come]. Serve inoltre un’organizzazione che sia in grado di dare supporto immediato, attraverso la rete, alle miriadi di situazioni in cui l’Infermiere deve argomentare efficacemente le sue decisioni e/o posizioni.

 

Le OOSS di categoria hanno poi una prospettiva in più rispetto alle altre organizzazioni: la possibilità, attraverso i contenuti del nursing, di attivare proposte e modelli che valorizzino la figura professionale (come i già citati Infermiere di famiglia, modelli assistenziali, la definizione del proprio contributo nei percorsi clinico assistenziali, la dimostrazione dei risultati assistenziali, ecc.). Non che le altre OO.SS. non possano competere su questo piano ma, necessariamente, per ottenere dei risultati, devono tener conto degli interessi anche di altre figure che rappresentano (non è difficile dimostrare come buone intenzioni contrattuali siano state squalificate nella loro applicazione pratica).

 

Le RSU hanno modificato e “democratizzato” il rapporto sindacato/lavoratori: una rappresentanza di massa, completamente delegata, è stata utile negli anni ma, soprattutto nel nostro caso, sono cambiati gli attori del sistema, il loro grado di istruzione, formazione e ruolo. Da più parti si plaude ad un ritorno dell’esercizio diretto delle proprie istanze, a forme miste di rappresentanza e di partecipazione diretta alle decisioni (es referendum confermativi), non più “vota e dimentica”.

 

Inoltre, da diverso tempo, sembra ritornare un sindacalismo non più egemone, di massa, che alla fine degli anni ‘80 riusciva ad iscrivere quasi il 50% della forza lavoro. Si stanno riorganizzando, sulle trasformazioni economiche, politiche e sociali in corso di cui è difficile capirne la portata, i “sindacati dei mestieri (delle professioni, skilled)” che, rappresentando gruppi occupazionali numericamente minoritari ma forti e centrali, specializzati, riescono ad incidere maggiormente nella fasi di promozione, valorizzazione e salvaguardia dei propri iscritti.

Questi skilled, a differenza degli unskilled, hanno caratteristiche molto professionalizzanti, un forte background formativo e ricoprono, soprattutto nei servizi, una posizione di forza dominante (es. controllori di volo, medici, ecc.).

 

Nel caso degli Infermieri, racchiusi nell’alveo di un “comparto”, si potrebbe affermare che abbiamo raggiunto il livello qualificante di “Professione” ma che per far valere le nostre ragioni dobbiamo crescere sia numericamente (in termini di rappresentanza), che politicamente e culturalmente. Non è un caso che non esistano indicatori di esiti assistenziali nei percorsi di budget, che il nursing sia invisibile per i livelli decisionali, che il Profilo Professionale, pur essendo norma dello Stato, conti solo nella parte “l’infermiere garantisce le prescrizioni terapeutiche” e per tutto il resto sia snobbato in assoluta leggerezza.

 

E non è per caso che, pur essendo una categoria maggioritaria all’interno delle strutture sanitarie, non riusciamo ad imporci, per esempio, nei momenti di elezione delle RSU: gli Infermieri ritengono la rappresentanza sindacale una cosa secondaria?


Non sentono l’urgenza di rivendicare gli spazi per offrire il contributo specifico della disciplina infermieristica ai processi di cura e difendere i propri interessi? Il professionista si distingue per i risultati che raggiunge, non per le cose che fa. Gli Infermieri oggi fanno tante cose, ma raramente sono consapevoli e dimostrano i risultati che raggiungono.

 

Da quanto detto, si evince come la partecipazione sia cruciale: essa può avvenire su un livello personale, iscrivendosi o militando all’interno di OOSS di categoria, oppure partecipando, secondo le procedure stabilite, alle azioni messe in campo per sostenere le richieste delle OOSS stesse o nei momenti partecipativi (assemblee, scioperi, elezioni RSU, ecc.).

 

Inoltre, per sollecitare la partecipazione, sono prioritarie non solo iniziative collaterali (CAF, eventi formativi, patronato, polizze assicurative, ecc.) ma anche costruire, diffondere e condividere le informazioni attraverso nuovi canali comunicativi (per es, al posto delle obsolete assemblee, favorire la massima diffusione delle informazioni tramite canali telematici o social network), individuare con strumenti mirati e metodologicamente appropriati i fabbisogni della categoria e intraprendere le azioni di miglioramento individuate, trovare un “ambiente” comune dove incontrare le persone, farsi trovare nei momenti utili al confronto.

 

ASPETTATIVE NEI CONFRONTI DEI SINDACATI

1

Più contrattazione

2

Più competenze delegati sindacali

3

Più unità sindacale

 

Ciascuno è portatore di una idea di futuro, senza questa non abbiamo un domani. La professione infermieristica ha bisogno di ritrovare unità e coesione culturale sia sul piano della politica professionale (insieme alla Federazione IPASVI) che sindacale (non hanno senso due sindacati di categoria in un panorama globalizzato), per costruire un polo maggioritario e di riferimento tra laureati non dirigenti ma autonomi dal comparto.

 

Un’area di professionisti consapevoli del proprio peso e del proprio contributo ai processi organizzativi, che sono in grado di argomentare le decisioni prese e di rivendicare gli spazi necessari per la propria attività.

 

Un’area di “Professionisti” che intrinsecamente hanno maggiore forza contrattuale proprio perché, insieme ai laureati/dirigenti, rappresentano il core business della sanità.

 

Bibliografia consultata e suggerita

Colombo G: “Democrazia” Ed Bollati Boringhieri 2001
Schiamone A: “Non ti delego” Ed. Rizzoli, 2013
Regalia I: “Quale rappresentanza” Ed Ediesse, 2009
Galli C: “I riluttanti: le èlites italiane di fronte alla responsabilità” Ed. Laterza, 2012 Carrieri M, Damiano C: “Come cambia il lavoro” Ed. Ediesse, 2010 

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