Dal rapporto analitico è emerso che per la prima volta nella storia del nostro paese, l’aspettativa di vita degli italiani appare in diminuzione.
NAPOLI. Il 26 di aprile al Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane ha presentato alla stampa il rapporto osservasalute 2015. I dati sono stati illustrati dal Direttore dell’Osservatorio il prof. Walter Ricciardi, il Segretario scientifico dr Alessandro Solipaca e il prof. Gianfranco Damiani dell’Università Cattolica di Roma.
Dal rapporto analitico è emerso che per la prima volta nella storia del nostro paese, l’aspettativa di vita degli italiani appare in diminuzione.
Per gli uomini infatti risulta essere di 80,1 anni mentre per le donne di 84,7, nell’anno precedente era di 80,3 per gli uomini e 85 per le donne.
Si sono inoltre evidenziati dei sostanziali cambiamenti nello stile di vita dell’italiano medio che fuma sempre di meno e fa piu’ attivita’ fisica ma di contro presta meno attenzione alla qualita’ dell’alimentazione ed alla prevenzione.
Gli obesi sono aumentati dall’8,5 % della popolazione al 10,2 % e le coperture vaccinali sono risultate al di sotto dell’obiettivo minimo stabilito (95%) sia per le profilassi obbligatorie sia per quelle raccomandate.
Dal punto di vista economico e’ stata registrata una diminuzione delle risorse pubbliche destinate alla Sanita’ e soprattutto alla prevenzione, la spesa sanitaria infatti e’ passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014, ed un aumento dell’incidenza di alcune patologie tumorali prevenibili.
Il tumore colorettale ha fatto registrare 34,500 nuovi casi negli uomini e 25000 nelle donne. Il tumore della mammella invece ha visto 55000 nuove diagnosi con un rapporto di 175,7 nuovi casi annui ogni 100.000 donne.
Nel paese dove solo il 4,1% della spesa sanitaria e’ destinato alla prevenzione si riscontra anche un aumento della mortalità con circa 54000 decessi in piu’ rispetto al precedente anno, incremento dovuto in parte all’aumento del numero degli anziani, in parte al normale andamento ciclico della mortalità e in alcuni casi all’ondata di calore dell’estate 2015 ed alle complicanze dell’influenza.
Un italiano su 5 ha piu’ di 65 anni per una quota che rappresenta circa il 22% della popolazione residente, la regione piu’ giovane e’ la campania con il 9,3 % mentre quella piu’ vecchia e’ la liguria con il 12,9 %.La campania pero’ ha anche il triste primato di essere la regione con l’aspettativa di vita piu’ bassa (78,5 anni per gli uomini e 83,3 per le donne).
Le patologie che rappresentano la principale causa di morte sono le ischemie cardiache, le malattie cerebrovascolari e quelle cardiologiche non di origine ischemica.
Urge quindi una corretta politica di prevenzione svolta attraverso l’informazione, la formazione e la promozione delle campagne vaccinali rivolte soprattutto agli anziani.Lo stesso Ministro per la Salute Beatrice Lorenzin si e’ mostrata in parte stupita dal rapporto presentato ed ha affermato che qualora le verifiche dovessero confermare i suddetti dati, risulterebbe indispensabile aumentare l’investimento sulla prevenzione che dovra’ partire soprattutto dai corretti stili di vita. Da un lato quindi emerge la necessita’ di aumentare le risorse per la prevenzione e dall’altro l’esigenza di informare e sensibilizzare la popolazione verso un modo di vivere piu’ salutare che contempli maggiore attivita’ fisica, un’alimentazione equilibrata e soprattutto l’adozione delle giuste misure di prevenzione.
Da una semplice riflessione si evidenzia che una possibile soluzione potrebbe giungere attraverso un sostanziale ripensamento organizzativo dell’assistenza sanitaria di base.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Europa), nel documento “Salute 21” del ’98, propose un nuovo ruolo, quello dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC), quale consulente specialista-generalista con formazione post base, in grado di agire soprattutto a livello preventivo attraverso la valutazione e la gestione integrata dei bisogni di salute di un gruppo di cittadini a lui assegnato, in stretta collaborazione con il Medico di Medicina Generale.
Proprio qualche giorno fa a Torino il Coordinamento collegio IPASVI del Piemonte ha organizzato un convegno dal titolo "La risposta ai bisogni di salute dei cittadini: il contributo dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità" dove sono emerse delle criticita’ circa lo sviluppo di questa figura in alcune realtà.
A distanza di quasi due decenni dalla pubblicazione di “Salute 21”, in Italia l’importanza strategica del ruolo non è ancora stata riconosciuta come meriterebbe e magari in un ottica di intervento sull’organizzazione dell’assistenza e della prevenzione sul territorio quale migliore occasione per dare a tale professionista l’opportunità di esercitare le sue funzioni anche educative ed informative nell’ambito familiare, territoriale, scolastico e lavorativo per poi verificarne i risultati?
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