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Prevenire la violenza e le aggressioni alle vittime fragili: una sfida per rinnovare politiche e pratiche socio-sanitarie

di Marco Alaimo

Anziani

al 10° Forum Risk Management in Sanità di Arezzo si è affrontato anche il tema delle aggressioni e i fatti di violenza avvenuti nell’ambito delle residenze per anziani

La riflessione di una professionista della Sanità, un'infermiera ma anche una cittadina che dopo aver partecipato all'evento del Forum Risk Management, si interroga su quanto accaduto in diverse strutture sanitarie a discapito di persone fragili che erano in "Cura" da parte di "professionisti" che operavano in luoghi definiti di protezione. Purtroppo alcuni di questi sono diventati posti di pericolo e di violenza. Quanto c'è ancora da fare e migliorare, quanto siamo colpevoli o forse poco attenti, in questa società dove il "vecchio" và messo da parte e magari in un luogo poco sicuro? Quanto investiamo nella sicurezza dei nostri cari, dei nostri anziani e in coloro che li devono aiutare negli anni più delicati della loro vita?


Dal 24 al 27 novembre si è tenuto ad Arezzo il 10° Forum Risk Management in Sanità, evento promosso dall’Istituto Superiore della Sanità e dalla Fondazione Sicurezza in Sanità. Il forum quest’anno ha avuto come filo conduttore: “Come cambiare la Sanità, l’innovazione equa e solidale”. Il programma, ricco di interventi su ambiti specifici, ma anche paralleli come l’ambiente e l’agricoltura, esplora il mondo della sanità con una lettura sistemica e l’approccio proattivo tipico del risk management.

Venerdì 27 si è tenuto un evento dal titolo “Prevenire la violenza e le aggressioni alle vittime fragili: una sfida per rinnovare politiche e pratiche socio-sanitarie”, che ha affrontato i fatti di violenza avvenuti nell’ambito delle residenze per anziani.

Il primo intervento è stato curato dalla dott.ssa Cristina Galavotti, criminologa e vittimologa del ministero di giustizia, che, dopo la proiezione di video di atti di violenza su anziani inermi, ha sviluppato l’argomento della violenza nei luoghi di cura attraverso l’analisi delle scene e dei profili. Successivamente il dott. Franco Scarpa, psichiatra criminologo della AUSL 11 di Empoli, ha illustrato l’evoluzione fisiologica della rabbia e di come è possibile gestirla da chi assiste persone aggressive.

La lettura da parte della criminologa sottolinea l’importanza dei fattori organizzativi sui comportamenti del singolo.

Gli operatori ripresi nei video fanno parte di un sistema, non sono macchine. Il sistema non ha sorvegliato e soprattutto ha creato le condizioni favorenti gli abusi.


Nella seconda parte della mattina è stato illustrato come la Regione Toscana sta sviluppando progetti di politiche per la qualità e la sicurezza nelle strutture socio sanitarie.

La dott.ssa Laura Belloni, direttore del Centro Regionale Criticità Relazionale della AUO Careggi di Firenze, il dott. Tommaso Bellandi del Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente Regione Toscana e la dott.ssa Barbara Trambusti dell’assessorato alla salute della Regione Toscana hanno illustrato concetti, dati e presupposti che hanno portato ai contenuti della Delibera GRT 1016/2015: Persona – la Buona Cura, fulcro delle nuove politiche regionali per la qualità e la sicurezza nelle strutture socio-residenziali.

La delibera sottolinea aspetti fondamentali come il rispetto dei criteri quantitativi, ma anche e soprattutto qualitativi dell’assistenza, che si garantiscono soprattutto attraverso il riconoscimento delle professionalità e la formazione, con particolare riferimento alla formazione universitaria.

La delibera definisce le residenze per anziani zone di confine, contenitori di conflittualità, l’uso di questi termini aprono a riflessioni sul senso che la politica vuole dare alle residenze.

"siamo noi gli inabili che pur avendo a volte non diamo" Renato Zero

Vecchio, si, con quello che hai da dire, ma vali quattro lire, dovresti già morire, Tempo non c'è ne più, non te ne danno più ( Renato Zero - Spalle al Muro)

Vorrei partire da queste considerazioni per condividere alcune riflessioni personali.

Le difficoltà economiche e sociali nell’accudire gli anziani al proprio domicilio non sono più negabili. In Toscana la popolazione è invecchiata, e i “grandi” anziani sono sempre di più ed hanno figli anch’essi anziani, con risorse sempre più scarse e condizioni sociali spesso disagiate. Il domicilio, spesso obiettivo nobile di molti programmi politici, diviene un privilegio possibile solo per pochi fortunati.

Nonostante l’evidenza della ineluttabilità della scelta di ricoverare il proprio caro, rimane però nel pensiero comune e nelle campagne politiche una sottintesa idea di abbandono volontario e crudele, il luogo dove nessuno vorrebbe finire, l’ospizio, la casa di riposo. Ne scaturisce un giudizio negativo che impone a coloro che lo subiscono, sensi di colpa e dolori morali e sociali.

Sottintendendo che la non autosufficienza corrisponda con la perdita dell’autodeterminazione, l’anziano viene quasi automaticamente denudato del diritto fondamentale della libertà, come direbbe Tim Kitwood “deportate”. Così com’è concepita, la residenzialità contiene i fattori intrinseci che potenzialmente creano situazioni borderline, in cui i confini tra lecito ed illecito non si percepiscono esattamente e la normalità si fissa in uno stadio più basso.

Ma bastano i criteri di accreditamento garantire che tutto funzioni? Se la valutazione dell’assistenza passa attraverso il numero dei bagni assistiti, l’organizzazione potrebbe imporre agli operatori di fare il bagno indipendentemente dalla volontà della persona, e un gesto di cura può divenire un abuso.

Se l’approccio agli eventi avversi rimane “punitivo”, e non si innesca una lettura sistemica e proattiva, continueremo ad utilizzare la contenzione per prevenire le cadute! E’ così che si apre una fessura nel sentire etico dell’operatore, che può generare una voragine di violenza e abusi.

In Toscana la popolazione è invecchiata, e i “grandi” anziani sono sempre di più

In Toscana la popolazione è invecchiata, e i “grandi” anziani sono sempre di più

E’ certamente necessario un nuovo paradigma. Cosa vogliamo che sia il mondo per gli anziani di oggi e per noi anziani di domani?

E’ necessario innescare una circolo virtuoso di rispetto reciproco che coinvolga tutti e che porti in rilievo non la responsabilità della custodia, ma la felicità di ciascuno di noi, ospite ed operatore: "l’amore per ciò che facciamo, per coloro che ci stanno vicini, per coloro di cui ci prendiamo cura, con l’obiettivo di generare felicità dal nostro agire, dai nostri gesti di cura".

Dignità e persona: concetti moralmente “a priori”, valori assoluti e imprescindibili. Libertà ed autodeterminazione sono i valori che garantiscono il rispetto della dignità della persona. Se la dignità della persona trascende ogni distinzione fra normale ed anormale, tra sano e malato, tra forte e debole, non possiamo in nessun modo agire diversamente: aboliamo la contenzione, rifiutiamone la prescrizione.

Vorrei un mea culpa da parte della nostra professione: chi ha gli strumento di governo dell’assistenza? Chi è responsabile dei processi assistenziali?

Qui urge una riflessione che deve essere un salto di qualità, che deve passare dall’analisi delle nostre responsabilità. Lavoriamo nelle strutture spesso sottopagati, ma a mio avviso strapagati se la nostre mansioni si limitano a “schiccatori di pasticche” e le nostre consegne si limitano a timbri “Somministrata terapia” vidimati da una firma.

Noi siamo il fulcro della gestione dell’assistenza. Appropriamoci del nostro ruolo. Costruiamolo noi un nuovo paradigma sulla base degli modelli assistenziali e proponiamolo.

Rifletterei anche sulla formazione come strumento e non obiettivo. Somministrare formazione come se fosse la soluzione, a prescindere dai contesti e delle individualità può essere devastante. Occorre prevedere approcci di formazione che sviluppino le competenze, e creino luoghi dove le competenze vengono riconosciute e valorizzate. Il discente deve essere il protagonista, non più il vaso vuoto.

I parametri regionali non prevedono il coordinamento e saranno a breve rivisti. Promuoviamo (pretendiamo?) la figura del coordinatore nelle residenze, che rispetti la normativa. Questa è un’opportunità che non dobbiamo perdere.

Lo shock dei fatti di Narnali ha sconvolto tutto il mondo della residenzialità. Personalmente credo che chi supervisionava Narnali fosse del tutto inconsapevole. La struttura era considerata un fiore all’occhiello. Dobbiamo fermarci e riflettere.

Rileggiamo le nostre organizzazioni, perché in ciascuna di esse può esserci un finestrino che può essere riparato, ma cerchiamo anche criteri vi valutazione della qualità della esperienza di residenzialità diversi da quelli finora considerati. Accompagniamo le check list con il tatto, con nostro sentire, apriamo gli occhi e il cuore ai bisogni dell’altro. Operatore compreso.

CambiamentoLa struttura di Narnali sarà stata certamente accreditata ed avrà probabilmente presentato gli indicatori a giugno, ma qualcosa sfugge dal sistema, qualcosa di imprescindibile e fondamentale. Citando Mahatma Gandhi:

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo

(*) Dott.ssa Cristina Banchi

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