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Medicina complementare e Parkinson

di M T

Il grafene contro cancro e Parkinson

Approfondimenti sul trattamento non farmacologico

FIRENZE. Se è vero che le neuroscienze torneranno di moda, sempre che non lo siano più, e se è vero che un approfondimento tematico veloce non fa mai male a nessuno, questo articolo sarà interessante sopratutto per quei colleghi che non lavorano abitualmente in reparti "neuro-friendly".

Il parkinson, seconda malattia neurologica più diffusa, colpisce circa 3 persone su 1000 e sebbene l'età media d'insorgenza sia 55-60 anni, casi giovani sono molto, troppo, diffusi.

Descritta ufficialmente come paralisi agitante a inizio '800 dal londinese James Parkinson, esistono però indizi su una diffusione della patologia già qualche millennio fa tra le società preCristiane.

Medicina complementare

Prima di inziare questo breve viaggio è bene specificare che la medicina complementare, in quanto così denominata, è utile a completare i trattamenti farmacologici.

In onor del vero il sottitolo ideale di questo articolo sarebbe stato "Dio salvi la Levodopa...ma non solo quella".

Alla luce di questo, inziamo questo approfondimento su alcuni particolari trattamenti non farmacologici della malattia di Parkinson.

Trattamento chirurgico – Il Deep Brain Stimulation

Il Deep Brain Stimulation è un presidio composto da un generatore di impulsi elettrici e alcuni elettrodi.

Il generatore viene inserito nella parte anterosuperiore del torace e una volta attivato invia impulsi elettrici agli elettrodi, posizionati durante l'intervento neurochirurgico nel subtalamo. Questi impulsi riducono (a volte fino ad estinguere) i sintomi muscolari, come ad esempio i tipici tremori.

La straordinarietà di questa soluzione è aumentata dalla possibilità di attivare e disattivare il pacemaker grazie ad un telecomando. Purtroppo è un intervento che prevede una forte selettività per idoneità. I criteri discriminanti sono l'età, il decorso della malattia, il quadro sintomatico, l’ambiente di vita del paziente. Soltanto il 5-10% dei casi totali risulta idoneo.

Nordic Walking

Questa disciplina sportiva prevede una marcia con uso di bastoni. Nel parkinsonismo non è soltanto la possibilità di utilizzo di ausili a rendere interessante questa tecnica.

L'uso dei bastoni infatti, oltre che rappresentare un mezzo di sostegno e di equilibrio, associa un uso delle braccia che permette un passo più lungo rispetto alla tipica camminata con passi brevi e movimenti poco fluidi.

Molti fisioterapisti hanno adottato questa tecnica per mantenere le abilità motorie il più possibile ma anche per migliorare la postura, obbligata dal movimento ad essere meno curva.

Shiatsu

Lo shiatsu è la famosa tecnica cinese di massaggio tramite la pressione manuale su tutto il corpo.

Il suo utilizzo nella medicina complementare è solidamente affermato e moltissime sono le pubblicazioni scientifiche che lo riguardano nel trattamento di innumerevoli patologie.

Nel Parkinson i suoi effetti benefici si osservano su più livelli. Oltre ad un rilassamento generale, di postura migliore e di minor presenza di mialgie, i sottoposti a trattamento riferiscono una sensazione di scioltezza e di maggiore stabilità. Innumerevoli anche i benefici sul tono dell'umore.

Liedtherapy

Questa terapia non farmacologica nasce come tecnica della logopedia ed è volta a recuperare le abilità della voce e, quindi, della comunicazione.

Premettendo che la difficoltà comunicativa non di rado deriva dalla demenza da corpi di Lewy (demenza in associazione tipica al parkinsonismo), è altresì vero che nella malattia di Parkinson le abilità del linguaggio sono fisicamente compromesse.

Entrando nel tema, la Liedtherapy racchiude un centinaio di esercizi linguistici associati indissolubilmente alla musicoterapia.

I risultati di questa terapia hanno un evidente valore nel campo relazionale e sociale dell'assistito.

Questi metodi che forse la maggior parte delle persone etichetterebbe come inusuali sono invece la quotidianità obbligata di moltissimi malati di parkinson.

E come tutte le cose, anche la medicina complementare dimostra valore per l'utilizzo che ne viene fatto. Ma in associazione a un percorso medico, assistenziale e farmacologico può soltanto aumentare la qualità di vita degli assistiti.

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