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Medici e intramoenia: guerra aperta nel PD tra Gelli e Rossi

di Redazione

federicogelli

Il presidente della Regione Toscana, che si è candidato al congresso nazionale del Partito Democratico contro Renzi, propone una legge popolare per abolire il doppio lavoro legalizzato per i professionisti medici.

FIRENZE. "Non capisco come mai Enrico Rossi, dopo 16 anni ai vertici di una Regione importante come la Toscana, prima come assessore alla Sanità e poi come presidente, e dopo aver guidato anche la commissione Salute delle Regioni, proponga solo ora di abolire l’intramoenia. Evidentemente, su un tema così complesso, si è svegliato in grave ritardo dopo un sonno lungo quasi due decenni. Non saprei come altro commentare le sue parole se non usando il termine demagogia".

A dichiararlo l'On. Federico Gelli (PD), che risponde ad un esponente del suo stesso partito, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi (PD), per aver lanciato oggi la proposta di eliminare, attraverso una legge popolare, il doppio lavoro pubblico-privato alla classe medica, riducendo a suo dire gli gran parte degli sprechi in sanità.

Non la pensa così Gelli che ricorda come "i bravi professionisti potrebbero uscire fuori dal sistema sanitario pubblico in favore di quello privato. In questo modo, col tempo, si rischia di creare un sistema duale con strutture private di eccellenza e strutture pubbliche di serie B. Inoltre anche dal punto di vista economico le strutture pubbliche non potrebbero più contare su una voce di ricavi pari a 1,15 miliardi proprio in un momento in cui vengono interessate da quei Piani di rientro dal deficit previsti dalla legge di stabilità 2016."

Siamo sicuri di non fare un regalo al privato in questo modo?

"Prima di parlare di abolizione dell’intramoenia, ci si preoccupi di far rispettare quanto già previsto da una buona legge, fatta da un Governo di centrosinistra e votata quasi all’unanimità da tutto Parlamento. L’intramoenia, ricordiamo, non deve essere una ‘scorciatoia’ obbligata per avere subito una prestazione che non si riesce ad ottenere in regime ordinario ma è esclusivamente una possibilità in più offerta al cittadino. In questo modo viene tutelata la garanzia di libertà di scelta tanto del cittadino quanto del medico. Il tutto in una cornice di qualità garantita dal Servizio sanitario nazionale, e di trasparenza dovuta dalla tracciabilità economica delle prestazioni - conclude Gelli - a tutto questo aggiungo che legge si poneva anche l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa con norme precise che regolavano la quantità delle prestazioni che si possono effettuare in libera professione, assicurando che il ricorso ad essa fosse il frutto solo di una libera scelta del cittadino e non la conseguenza di carenze nell’organizzazione delle strutture sanitarie. Infine, sempre per combattere le liste d’attesa, la legge prevedeva anche che ogni Regione dovesse fissare tempi medi massimi di attesa, costantemente monitorati, e l’obbligo, in ogni caso, di erogare le prestazioni urgenti al massimo entro 72 ore dalla richiesta. Il presidente Rossi è riuscito a mettere in atto tutto questo prima di arrivare a parlare di abolizione?

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