I ragazzi si raccontano e svelano il loro personale vissuto di quando i loro familiari facevano trasparire il dolore della perdita.
PESARO. “Lo sapevo che piangeva per me e a me questo mi faceva sentire male il triplo”. Lui è Andrea un ragazzo nel pieno grembo dell'adolescenza, che sta attraversando la parte più impegnativa di questa gara contro un male "obsoleto" come ama definirlo lui.
Sono seduto insieme ad Andrea nella famosa camera sterile e sul suo comodino mentre mi racconta svariati spaccati della sua “Avventura” ci sono talmente tante foto dei suoi genitori e dei suoi amici che faccio fatica a scorgerle tutte. Più in là, verso la finestra su di una mensola una clessidra...
Sorride mentre si gratta il capoccione da cocomero tirato a lucido per l'occasione: “ Non potevo mancare all'intervista per Nurse24.it e così mi sono preparato come per un evento sanremese, visto che da qui tutto il mondo sembra così lontano”. Inizia cosi la bella chiacchierata settembrina rilasciata al nostro giornale da Andrea 17 anni affetto da circa un anno dal Linfoma non Hodgkin.
Il mio tentativo di far vivere un minimo dal “di dentro” ai lettori di Nurse24.it uno spaccato di vita quotidiano che puntualmente si presenta come un appuntamento dove il dolore insieme alla voglia di vivere si scontra e si incontra attraverso le corsie delle diverse U.O. di onco-ematologia e pediatria oncologica.
“Lo sapevo che piangeva per me e a me questo mi faceva sentire male il triplo”.
Talvolta gli occhi dei ragazzi ascoltano il cadere delle lacrime , sentono il loro stillicidio, osservano mani nascoste e ormai sature di emozioni dei propri genitori,dei propri cari.
Andrea mi racconta che nel giorno della diagnosi ha iniziato a non guardare più il padre negli occhi, non voleva più sentire nulla; fa uno sforzo e con voce rotta mi dice “Mi faceva male quando dietro la mascherina mio padre si mordeva le labbra per rabbia dovuta a quello che mi stava succedendo”.
Andrea sorridendo mi dice che sua madre ogni tanto dopo essere uscita dal bagno della camera sterile ha sempre gli occhi rossi e gonfi e lui intuisce senza chiedere :” E' ormai un gioco di sguardi, in realtà io capisco che piange per me e a me questo mi fa sentire male il triplo”. Dopo questa frase io ed Andrea siamo rimasti zitti ad ascoltare la stanza o per lo meno il ridondare del rumore stizzoso di quelle parole che raccontavano più di quanto non era stato detto.
Si viene messi in gioco, ognuno con le proprie chiavi di lettura e soggettività nel modo di sentire e di pensare alla salute, alla malattia all'angoscia dei ragazzi e dei bambini che si incontra con quella degli adulti, al vissuto davanti alla sofferenza dei figli di ciascuno di noi, all'ineludibile sfida posta dal dolore, alla fatica dell'incertezza e alla modalità del sopravvivere.
Salutai Andrea, era Gennaio... spero che da qualche parte nel mondo stia leggendo queste poche righe.
Su questo racconto forse non c'è bisogno di grandi commenti, salvo l'invito a leggere quanto Valeria, Andrea, Lucrezia e altri ragazzi che si sono voluti raccontare al nostro giornale, ma soprattutto a noi infermieri.
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