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Malata di Alzheimer cade dalla finestra di un istituto di cura, la Cassazione condanna Direttore e Operatrice addetta all'assistenza

di Angelo

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ROMA. E' di pochi giorni fa la notizia della condanna in Cassazione del Direttore e di una Operatrice addetta all'assistenza di una nota casa di cura: omicidio colposo per entrambi. Ma cosa è successo? Il direttore e l’operatrice sono stati ritenuti oggettivamente responsabili di tale delitto in danno di una paziente che sofferente di Alzheimer è caduta dalla finestra della stanza in cui era ricoverata. Gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione avverso la condanna ritenendo nelle motivazioni da loro stessi addotte di non avere una posizione di garanzia nei confronti della donna.

L’assistente sanitaria ha sostenuto la totale ed assorbente responsabilità colposa omissiva del legale rappresentante della struttura, mentre il direttore, precisando di essere solo il responsabile amministrativo e non medico, ha ritenuto esclusa la propria colpa, non essendo a conoscenza delle condizioni della paziente. Per i giudici non stanno così le cose. Infatti, i magistrati della Suprema Corte hanno precisato che "la responsabilità è addebitabile ad entrambi i soggetti, giacché l'accettazione del paziente in una struttura deputata a fornire assistenza sanitario-ospedaliera, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto di prestazione d'opera atipico di spedalità". L'istituto di cura, pertanto, è tenuto ad una prestazione complessa, che non si esaurisce nella effettuazione delle cure mediche e chirurgiche generali e specialistiche, ma si estende ad una serie di altre prestazioni, "in relazione alle esigenze specifiche dei pazienti - si legge nella sentenza - come, nel caso di specie, la messa a disposizione al piano terra di una stanza dotata di finestra debitamente protetta e di sorveglianza assidua".

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